Riduzione dei rifiuti: un'opportunità di risparmio economico
In tempo di crisi quali opportunità di risparmio economico possono derivare dall'adozione di politiche e buone pratiche di riduzione dei rifiuti? Intervista di Eco dalle Città a Roberto Cavallo, presidente di ERICA ed AICA
06 November, 2011
In occasione della presentazione torinese del suo libro “Meno 100 chili. Ricette per la dieta della nostra pattumiera” abbiamo chiesto al presidente di ERICA ed AICA, Roberto Cavallo, quali opportunità di risparmio economico possono derivare dall'adozione di politiche e buone pratiche di riduzione dei rifiuti:
Quali possibilità di risparmio economico possono esserci per le pubbliche amministrazioni?
Ci sono due possibilità: una diretta, e una altrettanto diretta ma sulla quale bisogna lavorare un po' di più. La prima possibilità deriva dalla diminuzione diretta dei costi che i Comuni possono registrare immediatamente per i trattamenti e gli smaltimenti, che rappresentano un costo per le pubbliche amministrazioni.
Da un lato ci sono tutti gli scarti che vanno in discarica e comprendono il mondo che attiene all'usa e getta. In base ai dati a disposizione possiamo calcolare che vadano alla discarica 10-15 kg/abitante/anno di rifiuto costituito dai pannolini usa e getta, altri 5-10 kg/ab/anno di materiale usa e getta ed arriviamo a 20-25 kg/ab/anno di materiale che potremmo togliere dalla discarica. Se prendessimo ad esempio una città di un milione di abitanti come Torino, questo si traduce in 25 mila tonnellate in meno in discarica. E se calcolassimo, ad esempio, 100 euro a tonnellata per lo smaltimento, si tradurrebbe in un risparmio di 2 milioni e mezzo di euro. La riduzione non vale niente? Stiamo parlando di un potenziale in questo caso di 2 milioni e mezzo di euro. Ma sono realista, non tutti dall'oggi al domani useranno i pannolini lavabili e non tutti rinunceranno all'usa e getta. Ipotizziamo che lo faccia il 30% della popolazione, stiamo parlando di 800 mila euro.
L'altro bacino immediatamente tangibile, sempre in ambito trattamento e smaltimento, è l'umido. Si tratta di una delle raccolte più complicate, tant'è che ha tra gli indici di captazione più bassi. In Italia, ad esempio, si raccoglie il 90% del vetro immesso al consumo, sull'umido invece ci sono percentuali molto più basse: su un giacimento potenziale di raccolta di 120 chili, le migliori performance che abbiamo in Italia arrivano a 85 chili, quindi un indice di captazione del 65-70%. Tanto umido va ancora nella pattumiera normale e hai dei costi in discarica. Ma anche l'umido raccolto in modo differenziato ha il costo del compostaggio industriale. Quindi, laddove si riesce a lanciare il compostaggio domestico in modo sistematico e organizzato, si ha un impatto diretto sui costi dell'amministrazione.
Riprendiamo l'esempio di una città come Torino. réplica relojes Secondo l'Istituto Nazionale di Urbanistica in media il 40% degli italiani ha un orto o un giardino a disposizione. Il 40% di un milione sono 400 mila abitanti. I cittadini che fanno il compostaggio, solitamente, si impegnano a farlo bene e mandano quasi tutto al compostaggio. Se tutti facessero il compostaggio domestico possiamo quindi calcolare 100 kg/abitante/anno cioè 40 mila tonnellate potenziali di rifiuto organico evitato. A 100 euro a tonnellata di costo di smaltimento, si tratta di 4 milioni di euro. Qual è l'impatto? Se sommiamo le due voci (umido, usa e getta) stiamo parlando di 6 milioni e mezzo di euro di risparmio potenziale. Questo risparmio a fronte di un costo totale medio per lo smaltimento in discarica per una città un milione di abitanti come Torino di 35 milioni di euro e di un costo totale di 4.700.000 euro per lo smaltimento dell'organico (compresi sfalci e potature).
Questi erano i conti diretti, e per quanto riguarda i benefici indiretti?
Sono altrettanto facili da contabilizzare, anche se si scontrano con un problema amministrativo. Stiamo parlando in questo caso della mancata raccolta: laddove la prevenzione e la riduzione sono progettate e messe a sistema fin dal capitolato, è possibile prevedere che il sistema di raccolta venga erogato in funzione della quantità e dell'esposizione del cassonetto. E' chiaro che ci va un sistema porta a porta ed è chiaro che la prevenzione ti dà un vantaggio economico se hai lo strumento amministrativo, e cioè, se il rapporto contrattuale con la ditta tiene conto di questo aspetto. Altrimenti il Comune si troverà a pagare il canone alla ditta che gira per la raccolta indipendente dal fatto che i cittadini espongano o no il cassonetto. Al contrario, questo avviene se invece si scrive un capitolato a parte fissa e parte variabile, come ha fatto ad esempio la Provincia di Vercelli. L'autorità pubblica che tiene conto della prevenzione deve essere messa nelle condizioni di riformulare e rinegoziare il canone sulla base del reale servizio erogato. E qui i numeri diventano ancora più interessati. Prendendo i costi a mercato medi della raccolta dell'umido (18 euro ad abitante), ipotizzando un capitolato che preveda che i cittadini non serviti vengano tolti dal servizio, e ipotizzando che il 30% faccia il compostaggio domestico, stiamo parlando di 6 euro ad abitante. La mancata raccolta rappresenta quindi una cifra considerevole.
E' possibile lavorare anche sulla frequenza dei passaggi di raccolta. Prendiamo ad esempio un Comune con un capitolato flessibile che prevede la raccolta della plastica porta a porta una volta alla settimana (costo medio tra 6 e 8 euro ad abitante). Se il Comune inizia a promuovere l'acqua del rubinetto, mette le fontanelle pubbliche dell'acqua, promuove i negozi con i prodotti alla spina, toglie i sacchetti di plastica, promuove il latte, il vino alla spina... la plastica passo a raccoglierla una volta al mese, o ogni due mesi. La frequenza di raccolta si riduce passando da settimanale a mensile e il costo di raccolta si riduce di 2 o 3 euro ad abitante. Sommando quest'ultimo punto agli esempi fatti prima (meno umido da raccogliere e meno usa e getta) si ridurrebbe anche il numero di esposizione dell'indifferenziato che può arrivare ad essere raccolto una volta ogni 15 giorni oppure una volta al mese, con un abbassamento del costo di raccolta a 40-45 euro ad abitante. Non mi si dica che la prevenzione non fa risparmiare, è chiaro che ci vuole il sistema. Non è una cosa che si fa dall'oggi al domani, ci va una programmazione.
Questi risparmi per l'amministrazione si tradurrebbero in risparmi per il cittadino?
E' chiaro che il passaggio successivo è l'applicazione della tariffa, che tiene conto della quota fissa sulla base di quella prevista dal capitolato e della quota variabile che è quella che rinegozi con la ditta. Nell'attuale sistema di calcolo della Tarsu, i Comuni tengono conto del costo di servizio fisso (canone), del costo per lo smaltimento in discarica e per il compostaggio, dei corrispettivi ricevuti dal Conai, si aggiungono i costi amministrativi e si arriva così al calcolo della Tarsu. Ma ad oggi la quota variabile è troppa poca perché, escludendo lo smaltimento in discarica e i corrispettivi Conai, il resto è fisso: bisogna variabilizzare anche il servizio.
E per quanto riguarda le buone pratiche di riduzione dei rifiuti. Per una famiglia media, tradotto in termini economici, quanto si può risparmiare?
Per quanto riguarda il consumo d'acqua, la spesa media delle famiglie italiane, secondo le statistiche, va dai 280 ai 350 euro all'anno per l'acquisto di acqua imbottigliata. Per quanto riguarda i pannolini, se calcoliamo una spesa di 600-700 euro all'anno per l'acquisto di pannolini usa e getta, a fronte di 200-250 euro per l'acquisto di una fornitura completa di pannolini lavabili, c'è un altro bel risparmio. E poi ci sono il cibo e i vestiti, e lì si apre un mondo replicas de relojes di risparmio... Stiamo parlando di migliaia di euro all'anno che una famiglia può risparmiare non rinunciando, e ci tengo a sottolinearlo, ma facendo attenzione e sostituendo.