Torino Zona 20: che succede se l’architetto ha 18 anni e il committente 10?
Esperimento a Mirafiori: riprogettare lo spazio antistante una scuola elementare, creando un'oasi“Zona 20” nella Zona 30 di Torino; altri 10 km/h in meno che lasciano spazio ad animali cespuglio, piedi-scivolo e scacchi giganti. Cose che capitano quando la Direzione Lavori è speciale: gli architetti sono i ragazzi del Liceo Artistico Cottini, e a dare gli ordini sono i bambini della scuola stessa, la Renato Sclarandi
13 December, 2011
Di solito i conigli-cespuglio non sono fra le priorità delle amministrazioni comunali. E nemmeno le papere a scacchi, i parcheggi colorati e gli scivoli a forma di piede. Di solito però a riprogettare l’urbanistica non sono architetti diciottenni, alle dipendenze di una banda di bambini con meno di 10 anni. Capita a Mirafiori, all’interno della Zona 30 di Torino, dove la strana collaborazione fra il Liceo Artistico Renato Cottini e la scuola elementare Renato Sclarandi ha dato vita a decine di progetti per ripensare lo spazio antistante la scuola, per ridisegnarlo davvero a misura di bambino. Ne abbiamo parlato con la Professoressa Marilena De Biase, del Cottini, che ha seguito da vicino questa buffa direzione lavori.
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"I ragazzi del nostro liceo avevano già avuto l’occasione di lavorare parecchio l’anno scorso sulla Zona 30 di Mirafiori, su invito della Circoscrizione 2 e assieme all’associazione La Città possibile: in particolare grazie a Dario Manuetti, che ormai è diventato praticamente un nostro consulente fisso in questo genere di progetti. Anche quest’anno è stato lui a seguire il lavoro dei bambini della scuola Sclarandi, assieme alle loro insegnanti. Ai bimbi, di quarta e quinta elementare, è stato chiesto semplicemente di raccontare come avrebbero trasformato lo spazio davanti alla loro scuola, e di fatto si sono trovati a gettare le basi per un vero e proprio progetto di Zona 20”.
Perché una Zona 20, in un quartiere che è già l’unica Zona 30 della città?
Nonostante il limite di velocità, l’area attorno alla scuola resta una zona a traffico pesante; intanto perché al mattino c’è il mercato, ma soprattutto perché ci sono moltissime auto in sosta. Ecco, questa delle auto in sosta è una cosa che i bambini hanno stigmatizzato, perché creano difficoltà e sono un impedimento. Sarebbe bello che i bambini appena usciti da scuola potessero fare una piccola corsa senza incappare subito in quelle che per loro sono vere barriere di metallo, le auto.
Qual è la prima cosa che hanno chiesto i bimbi?
Al primo posto nei loro desideri c’è un’area bella grande a disposizione, e un percorso protetto verso l’uscita: la sicurezza è stata la richiesta più sentita, anche perché qui l’uscita della scuola è divisa dalla strada solo da un marciapiede.
Non è una richiesta un po’ innaturale per dei bambini? Potrebbe sembrare filtrata dalle preoccupazioni dei genitori, piuttosto…
In parte avranno influito anche i discorsi fatti a scuola e in famiglia sulla sicurezza, ma è una richiesta che nasce principalmente dall’esperienza quotidiana dei bambini. Durante il loro primo incontro con i liceali del Cottini, hanno spiegato ai ragazzi i propri disegni (NdR: vedi galleria in allegato) e le proprie “intenzioni progettuali” per la Zona 20. Abbiamo cercato di capire come questi bimbi sentano la città, quali siano le loro esigenze, come avvertano il pericolo: uno degli elementi di disagio più sentiti è risultato essere proprio questo: il dover essere sempre accompagnati per strada, senza potersi mai muovere da soli.
Oltre alla sicurezza?
Il colore. Il verde prima di tutto: c’è una forte richiesta di incremento della zona verde, come si può vedere dai loro disegni. Il verde è sentito come qualcosa che deve servire a mitigare l’effetto della città, a coprire il cemento, i palazzi grigi. Nelle mani dei bambini lo spazio davanti all’ingresso della scuola si è trasformato in una zona di incontro, in un luogo per fare tante attività, per giocare, per intrattenersi oltre l’orario. I nostri ragazzi hanno parlato con i bambini prendendo le loro ordinazioni quasi come una lista della spesa: che tipo di giochi (le altalene, la scacchiera gigante, il gioco della settimana…), quanto verde inserire, come farlo, e poi ognuno dei ragazzi ha interpretato liberamente una possibile risposta in un progetto. Alla fine, durante la festa conclusiva organizzata al termine del lavoro, i ragazzi del Cottini hanno avuto la possibilità di spiegare ai bambini il proprio lavoro, presentando i progetti uno ad uno.
I bambini hanno sollevato qualche critica?
Più che altro è stato un interloquire, molto divertente. Per esempio una delle nostre ragazze ha immaginato dei cespugli a forma di animale e i bambini erano sorpresi, dicevano “Ah, ma io non avevo mai pensato che si può giocare anche con le piante”… e poi li hanno sommersi di domande: “Ma ci si può arrampicare?”, “Ci posso entrare dentro?”.
Non sembrano progetti irrealizzabili, anche i materiali di costruzione scelti dai ragazzi sono piuttosto semplici: il Comune di Torino non potrebbe pensarci seriamente?
I meccanismi di progettazione e realizzazione degli enti comunali sono molto complessi, anche se è vero che alcuni dei giardini progettati dai funzionari del comune presentano già elementi simili a quelli fatti dai nostri ragazzi, quindi non sono mondi incomunicabili.
L’elemento “verde”, ecologico, è avvertito come un’urgenza dai più piccoli. E’ ancora così anche al liceo o si perde un po’ per strada?
I liceali hanno un approccio più razionale, più completo, anche perché alcuni di loro hanno già la patente e guidano abitualmente. Sono entrati nello spirito dell’avventura tirando fuori un aspetto che noi insegnanti non pensavamo sarebbe venuto fuori: la coscienza civile. Hanno trattato il tema della sicurezza in modo molto serio, studiando l’impatto di un corpo in velocità, le misure protettive, e soprattutto l’articolazione di uno spazio urbano che non deve più essere subito, come se i disagi fossero inevitabili. Hanno capito che le città non devono essere per forza a misura d’auto, ma prima di tutto a misura loro.