Si deve recuperare l'esistente, stop ai nuovi edifici
I costruttori non hanno dubbi: anche a Torino è finito un ciclo, dalla recessione non si esce puntando su nuove cubature ma lavorando sul recupero e sulla qualità: una lezione che gli amministratori pubblici, alle prese con la necessità di fare cassa scommettendo sulla vendita dei diritti edificatori, sembrano non avere ancora compreso - da La Stampa dell'11.01.2012
11 January, 2012
di Maurizio Tropeano
La crisi, secondo i costruttori, ha fatto precipitare i valori dei diritti edificatori che da 700 euro sono arrivati a 450-400 al mq. “E’ finito un ciclo, noi costruttori lo abbiamo capito. Altri, tra cui molti amministratori pubblici, no. Basta parlare di cubature, basta parlare di nuove edificazione: per uscire dalla crisi è necessario puntare sul recupero e sulla qualità”. Alessandro Cherio, il presidente del collegio dei costruttori di Torino, non è stupito del fatto che le Ferrovie non riescano a trovare un costruttore in grado di realizzare il grattacielo vicino a Porta Susa. Ma c’è di più: «Il progetto di trasformazione previsto dalla variante 200, sulla carta si presenta come una grande opportunità ma senza un cambio di strategia da parte del Comune rischia di restare una
chimera».
Perché?
«In questo momento non c’è un’emergenza abitativa, come quella che Torino
ha vissuto a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta che possa
giustificare il ricorso massiccio a nuove edificazioni. E poi sembra che
qualcuno sottovaluti l’effetto della crisi e della perdita di valore dei
terreni che si possono urbanizzare acquistando i diritti edificatori. Se
due anni fa il valore era di 700 euro a metro quadrato adesso è sceso a
400, 450. Come si fa ad investire?».
Che cosa servirebbe?
«Il primo ragionamento dovrebbe partire dal fatto che ci sono 4 milioni e
mezzo di metriquadrati di aree edificabili in città che non trovano
investitori in grado di trasformarle. E’ la prova che il Comune e altri
enti pubblici non possono pensare di far cassa, così come è stato fatto in
passato, aumentando le cubature per poi cedere i diritti edificatori mentre
il valore di mercato scende. E in questo scenario non c’è nessun
investitore pronto a tirar fuori sull’unghia una trentina di milioni per i
terreni delle ferrovie».
Suggerimenti?
«Prendere atto della realtà e del fatto che in questo momento è difficile per le imprese e per le famiglie accedere al credito. Gli enti locali fanno bene a fissare un valore nominale per la vendita dei diritti edificatori ma dovrebbero essere in grado di fare una programmazione delle alienazioni: per trovare acquirenti è necessario mettere in vendita lotti più piccoli.
In caso contrario ci saranno solo aree urbane, più o meno grandi, abbandonate».
Presidente, suona come un ultimatum. Magari i costruttori vorrebbero anche
scegliere su quali piccole aree intervenire? Non è speculazione?
«Ci hanno sempre accusato di essere speculatori e di avere a cuore solo i
nostri interessi ma in questo momento siamo stupiti del fatto che i
soggetti che dovrebbero garantire programmazione e qualità siano
interessati solo ai volumi. La nostra ricetta è semplice: recupero
dell’esistente, qualità e non quantità. Solo così si possono realizzare le
trasformazioni urbane».