Shopper biodegradabili, c'è ancora il nodo dei sacchetti additivati e la rivoluzione resta incompiuta
Il ministro Clini promette che farà chiarezza. Intanto, un'indagine Ispo commissionata da Assobioplastiche fa emergere luci e ombre: il 99% dei negozianti conosce la legge, ma probabilmente solo il 10% usa buste effettivamente compostabili
12 January, 2012
La rivoluzione è cominciata, ma per adesso risulta ancora incompiuta. Lo stop agli shopper monouso in plastica non biodegradabile ha cambiato, in un anno dall’entrata in vigore, le abitudini dei cittadini e i commercianti la promuovono (lo dice una ricerca realizzata da Renato Mannheimer commissionata da Assobioplastiche), ma resta qualche criticità. A partire da quell’ambiguità non ancora risolta sulle buste in plastiche additivate, biodegradabili sì (anche se in percentuale minore rispetto alle bioplastiche vere e proprie), ma non compostabili, e che dunque non sarebbero del tutto legali. Questione da cui scaturiscono mille dubbi anche per i commercianti, che chiedono maggiore informazione, mentre le associazioni di produttori e gli ambientalisti rilanciano: il governo faccia finalmente chiarezza ed escluda con un tratto di penna le buste «sedicenti biodegradabili». L’occasione è una conferenza stampa promossa da Assobioplastiche, in cui si presenta la ricerca di Mannheimer e si fa il punto sullo stato dell’arte a un anno dall’entrata in vigore del divieto.
Clini: «Vogliamo andare fino in fondo sui sacchetti»
Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini non ha dubbi sulla questione. In un anno, i chiarimenti sulla normativa richiesti da più parti non sono arrivati, ma Clini, intervenendo alla conferenza stampa, promette: «Vogliamo andare fino in fondo sui sacchetti, su questo non c’è da aprire una discussione, è così e basta. Il messaggio deve essere chiaro: i sacchetti con caratteristiche che non permettono loro la dispersione come materiale naturale, rimangono a tutti gli effetti materiale plastico». Tradotto: le shopper non compostabili saranno vietate, perché assimilabili a quelle non biodegradabili.
Compost nei sacchetti non biodegradabili ed effetto “trascinamento”
La confusione sulle buste additivate si riflette anche nel settore del compostaggio, dove crea non pochi problemi. Come spiega Massimo Centemero, coordinatore del Comitato tecnico del Consorzio italiano composta tori, rispetto alla frazione umida raccolta in un sacchetto compostabile, quella raccolta in una busta di plastica tradizionale contiene l’8% in meno di rifiuto organico, e dunque molte più impurità. «8% significa potenzialmente 180.000 tonnellate all’anno di plastica di scarto, che in parte sono sacchetti e in parte impurità dovute al “trascinamento”: il cittadino, quando raccoglie l’umido in una busta non biodegradabile, è portato a immettere nell’organico anche altri manufatti plastici». Con conseguenze non trascurabili per gli impianti di compostaggio, che «devono smaltire ogni anno 100.000 tonnellate di plastiche da imballaggi». In Italia, secondo Centemero, l’organico viene ancora raccolto nelle buste di plastica tradizionale nel 46% dei casi, mentre in un caso su 10 si tratta di shopper «sedicenti biodegradabili», e nel restante 44% di sacchetti realmente compostabili. Situazione che è più virtuosa in Lombardia, ma peggiore in Campania, dove le buste additivate arrivano al 24%.
L’indagine Ispo: «Legge accolta bene dai commercianti, ma serve più informazione»
La ricerca è stata condotta dall’Istituto di Mannheimer su un campione rappresentativo di 400 commercianti di generi alimentari, per capire utilizzo e valutazione dei nuovi sacchetti. I risultati sono per certi aspetti confortanti: la quasi totalità degli intervistati conosce la legge che ha messo al bando i sacchetti di plastica (solo l’1% non ne ha mai sentito parlare) e circa il 90% la approva per le sue implicazioni ambientali. Per quanto riguarda l’utilizzo, le percentuali scendono un po’: usa regolarmente le buste biodegradabili l’82% dei commercianti, il 14% solo marginalmente e il 4% mai. Non mancano le criticità, a partire dall’opera di informazione dei negozianti, che secondo il 41% (in maggioranza commercianti di Sud e isole, proprietari di piccole attività) non è stata sufficiente. Una parte degli intervistati ha le idee un po’ confuse anche sulla differenza tra biodegradabile e compostabile: il 26% non la conosce, mentre un altro 16% sa che non sono la stessa cosa, ma non sa della certificazione dei sacchetti compostabili. «Considerando le informazioni fornite dagli intervistati riguardo all’utilizzo dei sacchetti, alla loro certificazione e al materiale, – chiarisce Mannheimer – risulta che solo il 10% utilizza autentici shoppers compostabili. Nel 60% dei casi non si può dire con certezza che si tratti di compostabile, mentre il 26% usa biodegradabile non compostabile».
Bioshopper, Legambiente: «Successo italiano, ma urgente fare chiarezza su biodegradabilità e compostabilità» - il comunicato di Legambiente
Fare Verde: No ai sacchetti “finti bio”, gli shopper devono essere compostabili – il comunicato di Fare Verde
6 commenti
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17.01.2012 10:01
Finalmente un altro articolo serio che parla delle Bioplastiche e dice...
Da Libero del 15 gennaio 2012
Nuove norme sui sacchi neri
Il governo «liberalizzatore» crea un altro monopolio
Il decreto varato venerdì scorso dal governo dei liberalizza tori Mario Monti e Corrado Passera, che indica le caratteristiche tecniche dei sacchetti utilizzati dalle massaie per i loro acquisti al supermercato o nel negozio di generi alimentari, di fatto crea le condizioni per l'instaurarsi di un monopolio.
La norma arriva dopo che le sirene del quotidiano La Repubblica, ambientalisti di professione,l'interessata governatrice umbra Catiuscia Marini, sconosciuti senatori del Pd, avevano protestato, perché analoga norma era stata sfilata in extremis dal Milleproroghe del 2011; venerdì,da buon ultimo, al coro si è aggiunta anche Raiuno- rete diretta da Mauro Mazza- che nella trasmissione Unomattina ha dato una «versione orientata», e per molti aspetti non realistica, della problematica.Pur non conoscendo ancora il contenuto esatto del provvedimento è facile prevedere che la norma chiesta a gran voce e verisimilmente ottenuta (con il decreto di venerdì) dai fan della cosiddetta «chimica verde», è destinata a subire la censura
dell'Europa (come già successo per analoga norma approvata in Francia dove era stato modificato
l'art. 47 della Loa), essendo lesiva del principio della libera circolazione delle merci che è alla base della direttiva 94/62. Prendendo per buono quanto annunciato da autorevoli quotidiani, un solo imprenditore
italiano, la Novamont con sedi a Novara (ed a Terni!), potrà produrre i sacchetti in linea con le specifiche della norma tecnica fatta propria dal governo. Tutti gli altri sacchetti, egualmente biodegradabili, saranno
fuorilegge. La Novamont è una società integralmente posseduta da Mater-Bi Spa; quest'ultima secondo
una visura camerale di venerdì mostrava un'azionista d'eccellenza, Banca Intesa San Paolo (34,48%), accompagnato da società del Lussemburgo,portoghesi, di Malta oltre che da svariati imprenditori e professionisti fra i quali Catia Bastioli, amministratore delegato Novamont ed inventrice del prezioso
biopolimero. Il monopolio ci sarebbe stato anche se fosse già realtà industriale l'accordo denominato
«per il rilancio della chimica italiana », avallato dall'ex ministro per l'ambiente Stefania Prestigiacomo
e siglato da Eni e Novamont che a quanto si legge prevede un investimento a Porto Torres di almeno 500 milioni di euro - che dovrebbe servire a produrre egualmente bioplastiche «più velocemente biodegradabili
e compostabili»; lo stabilimento di produzione sarebbe diverso, arriverebbe qualche assunzione di operai
sardi e magari siciliani ma i valori aggiunti sarebbero a beneficio di Novamont ed Eni, dunque di Mater-Bi e delle eventuali aziende che per conto di Eni eventualmente entrerebbero nella partita. Monopoli a parte, sono interessanti le ragioni dell'esigenza di un momento di riflessione (chissà perché sono andati di
gran fretta) che aveva chiesto Paolo Russo, presidente della commissione agricoltura della Camera dei Deputati all'indomani dello stralcio della norma dal Mille proroghe: «Innanzitutto il Mater-Bi è prodotto da
mais e patate non Ogm. L'Italia ogni anno consuma un milione di tonnellate di sacchetti per la spesa; per produrre il biopolimero è necessario un impiego di almeno il 50% di mais, dunque 500mila tonnellate. Tutta
l'attuale produzione italiana del biopolimero sarebbe di circa 150mila tonnellate. Dunque, la stessa Novamont non sarà in grado allo stato di produrre più del 30% dei biopolimeri necessari al fabbisogno italiano». Basterebbe il mais prodotto in Italia per soddisfare le richieste dell'industria plastica e dell'ali -
mentazione? L'uso industriale del mais a livello planetario finirebbe per limitarne l'utilizzo alimentare - la Fao ha lanciato l'allarme su un prevedibile raddoppio del prezzo del mais nel 2030- e destinare il mais prodotto al mondo della plastica farebbe raddoppiare il suo prezzo molto prima del 2030. Secondo Vincenzo Pepe, presidente nazionale di Fareambiente, c'è una via di mezzo per salvare capra e cavoli:
«Dare via libera agli additivi che biodegradino la plastica, purché si tratti di additivi certificati e vengano rispettati tutti i requisiti previsti dalla normativa europea ». Sarà interessante, dopo aver letto il testo del decreto, quali motivazioni d'urgenza avranno consentito al Presidente della Repubblica di controfirmare il
decreto senza chiedere lo stralcio di questa norma. Il parlamento italiano apporterà di sicuro modifiche al decreto legge per la complessità della materia ma è legittimo che i lettori si chiedano chi liberalizzerà
i monopoli (che in questo caso sembra favorire un privato) che sta generando il governo dei liberalizzatori Mario Monti e Corrado Passera?
GERARDO ANTELMO
Missione Trasparenza
16.01.2012 18:01
http://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/videoextra.shtml?14151
Il video è interessantissimo sotto molti punti di vista.
Quello che mi preme sottolineare qui è: la bioplastica contiene plastica e non è al 100% biodegradabile!!!
Intervistatrice: Esistono già bioplastiche...ma usano cereali per essere prodotte e usano solventi chimici!
Imprenditore: Non solo solventi chimici per essere estratti ma modificano geneticamente i batteri delle piante per poterli ottenere, sopratutto consumano grandi quantità di energia per produrli e alla fine il prodotto NON è nemmeno completamente biodegradabile!!!
WOWWWWWWW finalmente qualcuno che parla chiaro! Le bioplastiche non sono la nostra salvezza!!!
La trasmissione continua... stay tuned!
produttore
13.01.2012 17:01
Pasquale, fidati, si sono resi conto eccome di ciò che hanno fatto.La lobby questa volta ha vinto davvero...ma chi vivrà vedrà!
Il discorso è uno:
Se il problema è che i sacchetti finiscono in mare e nei fiumi, o in generale nell'ambiente che ci circonda è facilmente superabile con i materiali oxodegradabili.Se invece si vuole vietare la plastica non si risolve con la bioplastica.
Infatti nella bioplastica c'è una percentuale (dal 10 al 50%) di plastica, che una volta in compostaggio resta li, non si vede ma c'è e va a finire nei terreni agricoli, dove il compost viene messo. A questo punto le piante e gli animali mangeranno la plastica...e il resto sarà storia!
Purtroppo in nome di una sopraggiunta responsabilità pseudo ambientale si è giunti a conclusione che la scelta migliore sia la bioplastica, che per carità, è ottima ma forse è meglio la plastica normale che poi finisce in riciclo...
Mi potrei dilungare ma non voglio, tanto le orecchie sono chiuse e non ho il potere di farmi sentire.
pasquale
13.01.2012 16:01
incredibile e' arrivata la fine per migliaia di lavoratori del settore.
non si sono resi conto di cio' che hanno fatto !!
cuore spezzato
12.01.2012 23:01
Scusate gli errori/orrori di scrittura, la o con l' h è inguardabile!
dolore al cuore
12.01.2012 23:01
Fin quando vivró in Italia mi dovró abituare a queste barzelette...
Non sono contrario al bio anzi, ma in maniera disinteressata, non per il dio danaro!
Alcune domande che farei al ministro e a legambiente:
1. La plastica contenuta nella bioplastica (sacchetto in materbi) quando diventa compost e quindi finisce nei terreni non è nocivo ugualmente? Ho grazie alla normativa EN13432 diventa plastica miracolosa?
2. Mi parlate del mais che al posto di mangiarlo dobbiamo farci la bio (?) plastica?
3. Mi motivate il perchè delle licenze per poter avere il materbi?
4. Porto Torres e Terni, ok bene, sicuramente ci saranno alcune assunzioni, e i licenziamenti a Milano, Roma, Napoli e in tutta Italia ne parliamo?
5. Del fatto che lItalia è stata messa in mora proprio a causa della legge sui bag free come mai non ne parlate?
6. Vi siete chiesti perché solo il 10 % dei commercianti usano sacchetti compostabili? Aiutino... il prezzo.
7. Dell' aumento della vendita dei sacchi spazzatura in plastica e dei sacchi di carta che hanno sostituito i sacchetto di plastica, ne vogliamo parlare? A giusto, gli alberi non fanno parte dell'eco sistema...
Povera Italia, che brutta fine stai facendo, dal paese del sole al paese ...
Mi si stringe il cuore quando vedo battaglie fatte in nome dell' ambiente / giustizia quando il vero interesse è uno solo... il business! Ma purtroppo fin quando avremo questa classe dirigente e questi pseudo giornalisti (giornalai forse é meglio) le cose non cambieranno.
Ricordiamoci che la strada è il riciclo, non il consumo di prodotti agricoli.
Non ereditiamo il mondo dai nostri padri, ma lo prendiamo in prestito dai nostri figli.(cit.)