Fabio Falchi (CieloBuio): «Contro l'inquinamento luminoso non basta orientare i lampioni verso il basso»
Continua l'inchiesta di Eco dalle Città sul fenomeno dell'inquinamento luminoso, con una intervista a Fabio Falchi, presidente dell'associazione CieloBuio, che rifiuta l'assunto che città più illuminate siano automaticamente più sicure e sottolinea che molti aspetti della normativa sono ancora inapplicati
20 January, 2012
Continua l'inchiesta di Eco dalle Città sul fenomeno dell'inquinamento luminoso, con una intervista a Fabio Falchi, presidente dell'associazione CieloBuio, che rifiuta l'assunto che città più illuminate siano automaticamente più sicure e sottolinea che molti aspetti della normativa sono ancora inapplicati
Presidente, le città italiane sono troppo illuminate?
Sicuramente. Se confrontiamo la nostra spesa pro capite per l'illuminazione pubblica con quella della Germania, ci accorgiamo che gli italiani consumano più del doppio: 105 kWh contro 42, a fronte di una media dell'Ue a 25 di 51 kilowattora (Dati Dark-Sky Slovenia). Anche il confronto con gli Usa è molto istruttivo: nelle città americane, le zone residenziali sono lasciate praticamente al buio, vengono utilizzati solo un lampione o due in corrispondenza degli incroci, ma le strade non sono illuminate. Eppure, nessuno si lamenta per questo, perché i cittadini sanno che non c'è alcuna relazione tra illuminazione e sicurezza.
Ne è davvero convinto? Città più buie non sarebbero anche più pericolose?
Diversi esperimenti dimostrano che non è così, ma noi continuiamo ad avere paura del buio, ci pare scontato che se andiamo a illuminare una zona, questa diventa automaticamente più sicura. Invece non è così, e tra l'altro la luce può essere usata, in qualche caso, anche a proprio vantaggio dai malintenzionati.
Questo clima culturale potrebbe essere in qualche modo favorito anche dalle lobby dell'energia?
Io credo proprio di sì. La produzione di energia avviene a ciclo continuo e di notte le grandi centrali producono elettricità in eccesso rispetto alle esigenze del mercato. Quindi è chiaro che se i grandi produttori di energia trovano un acquirente “notturno” riescono a ottenere un guadagno da elettricità che avrebbero comunque prodotto. Dal loro punto di vista, è uno spreco evitato, ma dal punto di vista del contribuente, non è così. Ogni anno l'Italia spende 1 miliardo di euro per l'illuminazione pubblica, solo per quanto riguarda il costo energetico, escludendo manutenzione, personale, costi di installazione, etc. Dal punto di vista del consumo, stiamo parlando di 6.366 GWh nel 2010 (dati Terna).
Eppure, le leggi che disciplinano il settore non mancano...
Le leggi regionali varate dalla maggioranza delle Regioni (18 su 20, ndr) sono andate a colmare un vero e proprio vuoto normativo: prima esistevano solo delle norme tecniche che indicavano il livello minimo di luminanza necessario per garantire la sicurezza di una strada, ma non facevano riferimento ai limiti massimi. Le leggi regionali, invece, indicano alle amministrazioni come illuminare le città in modo efficiente e non inquinante e, oltre a stabilire quante lampade installare e come orientarle, fissano i limiti massimi da non superare, che in genere coincidono con i livelli minimi indicati dalle norme tecniche: se un certo livello di luminanza è sufficiente, infatti, perché superarlo?
Il quadro normativo, dunque, è adeguato?
In realtà ci sono ancora degli aspetti che le leggi non contemplano, come l'esistenza di aree in cui si potrebbe evitare del tutto l'illuminazione, almeno in certe fasce orarie.
Ad esempio?
Mi vengono in mente le numerose piste ciclabili realizzate nella mia zona, in Pianura Padana, per collegare paesini di 2 o 3mila abitanti. Le piste sono illuminate per tutta la notte, anche quando è estremamente improbabile che qualcuno le utilizzi effettivamente.
Le leggi esistenti, per lo meno, vengono rispettate?
Sì e no. Alcuni aspetti della normativa sono abbastanza applicati, come l'orientamento delle lampade. Nella maggior parte delle regioni, ben pochi amministratori si azzardano ancora a rivolgere la luce verso l'alto, ma pensano erroneamente che questo basti a evitare l'inquinamento luminoso. Ad esempio, la norma che in molte regioni stabilisce la distanza minima tra i pali della luce, in relazione alla loro lunghezza, viene spesso disattesa, così come il rispetto dei limiti massimi di luminanza.
La strada verso il buio, dunque è ancora lontana?
Bisogna cambiare il clima culturale, se non altro adesso ci sono diversi studi che dimostrano che l'eccesso di illuminazione non rappresenta solo un problema per l'osservazione del cielo, ma crea problemi agli animali e fa addirittura male alla salute. Finalmente la questione è uscita dai dibattiti tra gli appassionati di astronomia.
(Foto: Cielobuio)