La lotta allo smog con il mago della pioggia
Il problema non è di facile soluzione ma servono scelte radicali: la chiusura dei centri storici. Non bastano l´aumento delle piste ciclabili o la pedonalizzazione di alcune vie - da La Repubblica del 25.02.2012
25 February, 2012
Salvatore Tropea
Ben sedici "ricette" per altrettanti comuni della provincia di Torino, capoluogo compreso, sovente in contrasto tra loro e comunque lontane dall´avere individuato un filo comune per venirne a capo. Salvo il commento dell´assessore all´ambiente della Provincia, Roberto Ronco, per il quale di fronte all´aggravarsi del problema smog «non ci si può limitare a registrare che i valori sono sopra i limiti e non fare nulla». Che è come dire che se piove bisogna pur trovare una tettoia sotto la quale ripararsi.
Ma sul genere di tettoia ognuno ha le sue idee come dimostra la variegata gamma dei provvedimenti in materia, generosi quanto inutili, fantasiosi e inefficaci, in taluni casi improbabili. Se può essere di consolazione, ma non lo è, si tratta di una male non limitato a questa città e ai Comuni che la circondano perché salvo qualche eccezione, in Italia, non sono molti i buoni esempi ai quali rifarsi. E´ un vizio nazionale, prima sottovalutato e poi trascurato che nel tempo si è cronicizzato. Anche qui a Torino dove il problema cominciò ad entrare nei dossier dei Comuni e nelle locandine dei dibattiti, nella prima metà degli anni Settanta, incrociando col fenomeno inedito della crisi energetica per arginare la quale si cominciarono a sperimentare le domeniche a piedi con seguito folcloristico di calessi, cavalli, monipattini. Un armamentario che, con gli anni, è stato rispolverato sovente non solo per combattere il caro benzina ma per cercare di contenere i limiti dello smog.
A giudicare dagli sos che l´Arpa lancia, spesso illeggibili e contraddittori, si deve dedurre che la soluzione del problema è ancora lontana. Va detto che, già da qualche anno Torino ha aumentato le piste ciclabili e incrementato l´uso delle biciclette, ha pedonalizzato alcune importanti vie del centro urbano, ha costruito parcheggi sotterranei e di superficie, ha sperimentato il car sharing. Tutti provvedimenti utili ma lontani dal potersi configurare con una green revolution come prova il fatto che se ne parli ancora e sempre con toni più allarmati, voci spesso discordi in un groviglio inestricabile di proposte con le quali tecnici comunali veicolano proposte di assessori incapaci di prendere di petto il problema e in qualche caso refrattari alla sua gravità per paura di "disturbare" o per spiccata sensibilità verso interessi che non rientrano esattamente nella tutela dell´ambiente.
È evidente che il problema non è di facile soluzione in città costruite per le carrozze a cavallo, passeggi di corte, piccolo commercio e un numero di abitanti infinitamente inferiore a quello attuale. Proprio per questo ogni tentativo di soluzione che non abbia il coraggio dell´esperimento radicale è destinato a restare un inutile rattoppo che, quando non complica la situazione, comunque non cambia in meglio le cose. Il fatto è che se non si provvede a chiudere i centri storici che spesso coincidono con le downtown, vietandoli ai mezzi motorizzati di qualsiasi tipo ogni intervento risulterà provvisorio, inefficace e, alla fine, una perdita di tempo aggiuntiva. Le città europee che si sono mosse su questa strada possono essere un esempio, ma occorre la volontà politica di adottarlo e non a chiacchiere.
È innanzitutto indispensabile che ci sia un´identità di vedute tra Torino e i Comuni che limitano con essa e che non si faccia a gara nel prendere provvedimenti isolati. Ma occorre anche ripensare preventivamente il sistema di trasporto pubblico urbano, prendendo atto che i tram preesistevano all´automobile e che anche per questo è difficile immaginare che essi possano essere visti come un sistema di trasporto efficace nel ventunesimo secolo. Occorre che la rete metropolitana non sia limitata a qualche chilometro e costretta dentro il perimetro urbano. A fronte di questa rivoluzione c´è l´obiezione, oggi più facile che mai, della mancanza di risorse finanziarie. Ma gli esperti non di "bottega" sanno, e alcuni lo dicono da tempo, che non si può sfuggire a questa terapia d´urto. Il resto appartiene al teatrino dei dibattiti, alle farneticazioni di ambientalisti a caccia di qualche consenso elettorale, alle scontate lamentazione dei commercianti e ai segnali dell´Arpa che scruta il cielo come il mago della pioggia e i santoni delle tribù pellerossa.