Meno otto (agli obiettivi Ue del pacchetto clima)
da Quotidiano.net del 05.03.2012
05 March, 2012
di Paolo Giacomin
L’Europa si era data degli obiettivi per il 2020. Non che non valgano ancora, ma mancano solo otto anni e priorità che farebbero bene alla crescita, sono passate in secondo o terzo piano, spinte all’indietro dalle emergenze della crisi. Vale la pena ricordarle. Innalzamento al 75% del tasso di occupazione (tra i 20 e i 64 anni); aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo ed innovazione al 3% del Pil dell’Eurozona; riduzione delle emissioni di gas serra del 20% rispetto al 1990 (del 30% se è possibile); il 20% del fabbisogno di energia ricavato da fonti rinnovabili e aumento del 20% dell’efficienza energetica; riduzione degli abbandoni scolastici al di sotto del 10%, aumento al 40% dei 30-34enni con un’istruzione universitaria; ridurre di almeno 20 milioni le persone a rischio povertà o emraginazione. Basta consultare i siti istituzionali dell’Unione europea per rendersi conto che la strada è tutta in salita. Prendiamo l’Italia, a che punto siamo? Tasso di occupazione: 67-69%. Ricerca e sviluppo: 1,53%. Obiettivi di riduzione del tasso di CO²: -13%. Efficienza energetica: 17%. Riduzione del
consumo di energia in Mtep: 27,9. Abbandono scolastico in 15-16%. Istruzione terziaria: 26-27%. Rischio di povertà o esclusione sociale in numero di persone: 2.200.000.
Ma è a scorrere ciò che viene indicato come “iniziative prioritarie“ che il senso del ritardo è più forte. Per esempio, alla voce Agenda digitale europea si trova l’ambizioso obiettivo di creare un mercato unico del digitale basato su Internet ad alta e altissima velocità e su applicazioni interoperabili. Ovvero: entro il 2013 accesso alla banda larga per tutti. Entro il 2020: accesso per tutti a velocità di Internet nettamente superiori (30 Mbp o più). Entro il 2020: almeno il 50% delle famiglie europee con connessioni Internet di oltre 100 Mbp.
Le ragioni degli obiettivi sono chiari. Si legge, sempre nei documenti istituzionali: la minore crescita dell’UE rispetto ai suoi principali concorrenti è dovuta per lo più allo scarto di produttività causato in parte da minori investimenti in ricerca e sviluppo e e innovazione; insufficiente uso delle tecnologie dell’informazione/comunicazione; difficile accesso all’innovazione in alcune parti della società. E giù i dati: le imprese europee rappresentano attualmente soltanto un quarto del mercato mondiale delle tecnologie dell’informazione/comunicazione, del valore di 2.000 miliardi di euro. Il ritardo con cui si diffonde Internet ad alta velocità si ripercuote negativamente sulla capacità dell’Europa di innovare, diffondere conoscenza e distribuire beni e servizi, oltre ad accrescere l’isolamento delle aree rurali.
Circa il 25% degli scolari europei leggono con difficoltà. Troppi giovani lasciano la scuola senza qualifiche. Meno di un terzo degli europei di età compresa tra i 25 e i 34 anni hanno conseguito un diploma universitario (contro il 40% degli Stati Uniti e oltre il 50% del Giappone). Nelle classifiche le università europee non raggiungono i primi posti e soltanto 2 si collocano tra le 20 migliori università del mondo (vedere l’indice di Shangai (ARWU).
C’è molto lavoro da fare.