ll grattacielo arrugginito monumento allo spreco
- da La Repubblica dell'11.05.2012
11 May, 2012
di IVAN BERNI
L'occupazione della torre Galfa da parte di un gruppo di giovani artisti e teatranti è, insieme, qualcosa di temerario e di fortemente simbolico. Detto che occupare un edificio di privati - ancorché di Ligresti - è un atto illegale che non va in nessun modo avallato, il fatto che nel mirino sia finito un grattacielo "storico" della città, desolatamente vuoto da circa quindici anni, in pieno centro e per giunta a ridosso della nuova "Manhattan" di Porta Nuova, assume una rilevanza tutta particolare. È come se qualcuno si fosse preso la briga di gridare che il re è nudo, e che quello spettacolo di abbandono e di impotenza non è più tollerabile. Il gruppo di occupanti reclama nuovi spazi per la cultura, per la musica, per le arti visive, per il design. Cultura autoprodotta, senza il bollino delle istituzioni. Può darsi che un grattacielo lasciato ad arrugginire non sia il luogo ideale per una simile ambizione. Che ci siano problemi di sicurezza insormontabili e che la struttura stessa del palazzo rappresenti un ostacolo impossibile da superare. Però la suggestione è davvero molto forte: a memoria non risulta che in Europa un grattacielo sia mai stato oggetto di un´occupazione abusiva. Suggestione potente: soprattutto considerando che la vecchia Torre Galfa rappresenta la metafora dell´immobiliarismo speculativo, della logica distorta del mercato, di un´urbanistica che negli anni ha smarrito completamente il suo ruolo di guida alla destinazione della città. Torre Galfa è stata abbandonata perché così com´è non è affittabile: i lavori di manutenzione e ripristino costerebbero troppo, rispetto a quanto potrebbe rendere d´affitto come building direzionale. Inoltre è un grattacielo troppo alto e troppo snello per venire svuotato e "trasformato", com´è invece accaduto alle due torri ex Ferrovie dello Stato davanti alla stazione Garibaldi. Molto improbabile anche l´ipotesi dell´abbattimento, a meno di sostenere costi giganteschi e mettere in piedi un´operazione potenzialmente ad alto rischio, data l´altezza notevole (109 metri) e la stretta vicinanza con altri palazzi per uffici. Si consideri, inoltre, che si tratta di un edificio che ha più di cinquant´anni, di indubbio valore storico, e che il design del progettista Melchiorre Bega ha i suoi estimatori. Ligresti lo ha comprato per 48 milioni nel 2006, quando già da anni era disabitato e in condizioni precarie. Probabilmente il costruttore sperava che lo sviluppo del progetto Porta Nuova avrebbe portato a una valorizzazione dell´immobile. Sperava che quel vecchio e inabitato grattacielo anni Cinquanta si rivelasse un affare. Una preziosa pedina di scambio nel complesso risico di cessioni e acquisizioni che ha segnato la sua escalation di re delle aree, e del mattone, a Milano. Le cose sono andate in tutt´altro verso. Ligresti sta per uscire di scena coperto di debiti. Il gioco degli uffici sfitti e dei valori immobiliari messi a patrimonio come scatole vuote non regge più. La crisi e una lunga serie di affari sbagliati hanno messo in ginocchio l´ex re delle aree. Quella vecchia torre arrugginita occupata da un gruppo di squatter creativi è lì per dire, a tutti, che la stagione di quell´urbanistica deve finire. E che quei monumenti allo spreco sono intollerabili. Chi occupa abusivamente ha torto. Ma chi costruisce o compra grattacieli per lasciarli vuoti non ha alcuna ragione.