Lo smog, i diesel, le multe e le nuove direttive europee: intervista al Commissario all'Ambiente Janez Potocnik
La revisione delle direttive europee sulla qualità dell'aria sarà ultimata entro la fine del 2013. Con il Commissario all'Ambiente dell'Unione Europea Janez Potocnik parliamo del fallimento degli Euro standard, delle richieste dell'Air Quality Initiative of regions e delle infrazioni dell'Italia
24 July, 2012
Nel documento stilato dalle 12 Regioni europee dell’Air Quality Initiative of Regions si legge che “La semplificazione del sistema dei valori limite per gli inquinanti atmosferici dovrebbe assicurare che l’azione venga indirizzata dove l’impatto sulla salute umana è più forte. L’individuazione di questi valori-limite da non superare dovrebbe essere quindi determinata dall’evidenza sanitaria a disposizione”. Tuttavia l’evidenza sanitaria è spesso abbastanza difficile da provare. Per quanto la pericolosità dell’inquinamento atmosferico sia universalmente riconosciuta, ancora non esistono ufficialmente "morti per smog". Non c’è il rischio che questa richiesta comporti un abbassamento del livello di guardia per mancanza di prove?
La consapevolezza delle conseguenze dell’inquinamento atmosferico sulla salute dell’uomo oggi è più forte - e non più debole - di come era quattro anni fa, quando gli Stati Membri recepirono la Direttiva sulla qualità dell’aria. Questa crescente evidenza è stata sottolineata una volta ancora proprio lo scorso mese, il 12 giugno 2012, quando l’International Agency for Research on Cancer (IARC) ha reso note le sue ultime scoperte sulle conseguenze delle emissioni dei diesel sulla salute dell’uomo. Il centro di ricerca ha classificato ufficialmente i gas di scarico dei motori diesel come “cancerogeni per l’uomo (Gruppo 1)”, ritenendo che esistano sufficienti prove della correlazione esistente fra l’esposizione a questi inquinanti e l’aumento del rischio di cancro ai polmoni. Prima del giugno di quest’anno, le emissioni diesel erano classificate solo come “probabilmente cancerogene” (Gruppo 2A). Ma questa è solo la punta dell’iceberg: ormai c’è un ampio corpus di prove della rilevanza degli effetti che ha l'inquinamento atmosferico sulla salute. E questa è la ragione per cui la Commissione continua a dare la massima priorità a questo tema: abbiamo appena dato inizio ad una revisione complessiva delle politiche dell’Unione sulla qualità dell’aria, che sarà ultimata al più tardi entro la fine del 2013. A tal fine, stiamo lavorando assieme all'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) per condurre un esame delle più recenti prove scientifiche sugli effetti sulla salute di tutti gli inquinanti disciplinati dalla legislazione sulla qualità dell'aria, oltre ad una valutazione dei rischi sanitari che stanno emergendo. Maggiori informazioni sulla revisione delle direttive si possono trovare a questo link. La Commissione non verrà meno al proprio impegno di migliorare la qualità dell’aria negli Stati Membri, salvaguardando la salute dell’uomo e l’ambiente. Con questo obiettivo continuerà a riesaminare le proprie politiche, aggiornandole quando necessario sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili. Per quanto riguarda il rischio di un abbassamento dei livelli di protezione, vi ricordo che le istituzioni UE sono vincolate dal principio di precauzione stabilito nel trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
Le Regioni che hanno firmato il documento sostengono inoltre che il sistema degli Euro standard abbia sostanzialmente fallito l’obiettivo di riduzione delle emissioni. Si sente di condividere quest’affermazione?
Risolvere il problema delle emissioni causate dal trasporto è una specifica priorità per la Commissione. Per quanto concerne i veicoli commerciali pesanti, abbiamo già compiuto notevoli progressi, ed in particolare nella soluzione del problema delle emissioni reali (in altre parole, la differenza tra le emissioni prodotte nei test di prova e quelle realmente prodotte dal veicolo in strada). Se parliamo di auto private con motore diesel, riconosco che c’è sicuramente ancora molta strada da fare. Devo però sottolineare che, se l’Unione Europea è competente per l’immissione sul mercato dei nuovi veicoli – competente perché possiamo regolare le emissioni delle nuove auto – questo non implica che possiamo intervenire sull’uso dei veicoli già in circolazione sulle strade europee. Per questa ragione, anche se gli Euro standard fossero perfetti, ci vorrebbe comunque del tempo perché gli effetti sulla qualità dell’aria siano visibili: bisogna attendere che le nuove auto sostituiscano l’attuale parco mezzi. Ecco perché gli Euro standard devono essere affiancati da misure locali che limitino l’uso dei veicoli più inquinanti, per esempio attraverso la creazione di Low Emission Zones (NdR: le zone a basse emissioni, che vietano l'accesso ai veicoli più inquinanti, in particolare i diesel). Il traffico veicolare non è l'unica ragione per la quale molti Stati Membri continuano a non rientrare nei limiti stabiliti nel 1999, ma rappresenta una fonte di emissioni molto rilevante. I limiti fissati nel '99 sono stati oltretutto riconfermati dagli Stati e dal Parlamento Europeo nel 2008, sia per il Pm10 che per il biossido di azoto. Gli stessi Stati hanno inoltre concordato i termini delle proroghe da accordare per conformarsi alle direttive, e cioè giugno 2011 per il PM10 e il 2015 per il biossido). La Commissione ha quindi il dovere di attuare queste decisioni, e tanto più alla luce della rilevante nocività di tali inquinanti, con tutte le ripercussioni che si presentano per la salute pubblica.
L’Italia nel corso degli anni ha ripetutamente sforato i limiti fissati dale Direttive, e tuttavia ha potuto farlo senza mai incorrere in sanzioni. Perché la Commissione non è mai intervenuta?
La Commissione è intervenuta: il 24 Novembre 2010 l’Italia è stata portata davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea proprio a causa della sua persistente incapacità di rispettare i valori limite di PM10 stabiliti dalle direttive 1999/30/CE e 2008/50/CE. Gli sforamenti interessavano diverse zone e agglomerati del territorio nazionale. Prima della decisione di deferire l’Italia alla Corte, la Commissione aveva adottato altre due decisioni, una il 28 settembre del 2009 e l’altra il 1° febbraio 2010, in cui ci si opponeva alla richiesta italiana di usufruire di deroghe temporanee che avrebbero esentato il Paese dall’obbligo di rispettare i valori limite del Pm10.
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