A Ecomondo le parole chiave della sostenibilità
Oltre cinquanta tra comunicatori, divulgatori e giornalisti ambientali, si sono confrontati sul tema Web e Sostenibilità, durante la tre giorni riminese di Ecomondo. Formarsi, approfondire e narrare le tre parole chiave emerse, insieme alla “riscoperta dell’empatia” e alla necessità di nuove forme di comunicazione ambientale come ha sostenuto Sergio Vazzoler, delegato Ferpi Ambiente, presente al dibattito - da Ferpi.it
15 November, 2012
Formarsi, approfondire, narrare. Possono essere queste le parole chiave da portarsi via da Rimini dopo il primo intenso confronto tra comunicatori, divulgatori e giornalisti ambientali, avvenuto a Ecomondo, nell’ambito della tre giorni dedicata a Web & Sostenibilità, promossa dall’Associazione per lo Sviluppo e la Competitività Ambientale d’Impresa (AssoSCAI). I tre open talk (discussioni aperte al pubblico in sala e agli ormai consueti interventi online) hanno visto confrontarsi intorno al tema dell’ informazione ambientale oltre cinquanta esperti di settore in un’area fieristica realizzata rigorosamente in legno e dove le proiezioni avvenivano su due grandi pannelli di cotone (la sostenibilità, si sa, pretende coerenza…).
Proviamo a riassumere i principali risultati emersi, proprio partendo dai tre concetti-chiave:
Formarsi. Come ha fatto notare Lorenza Gallotti (e-gazette) sono le basi di partenza a rendere l’Italia meno preparata dal punto di vista scientifico, tenendo conto che gli stessi licei scientifici rappresentano soltanto una variazione sul tema rispetto ai licei classici e non approfondiscono verticalmente le materie tecniche. Ecco, allora, che tutto si complica anche per gli operatori dell’informazione che scontano un deficit di preparazione e che andrebbe colmato – secondo Marco Barberisi (Greenaccord) – con l’organizzazione di forum nazionali e internazionali di formazione ad hoc per giornalisti. Soltanto così si potrà recuperare il terreno perduto rispetto ai giornali esteri, come sottolinea Veronica Caciagli (Italian Climate Network) ricordando come il recente record dello scioglimento dei ghiacci sia finito in prima pagina sull’ International Herald Tribune mentre qui da noi sia passato in sordina.
Approfondire. Le testate generaliste sono disattente e – secondo Roberto Rizzo (Zero Emission) – preferiscono fare la conta delle vittime dei disastri naturali anziché approfondirne le cause. La grande quantità di testate web e blog specializzati nell’area green è certamente un segno di vitalità ma non è sufficiente ad assicurare una divulgazione completa ed efficace all’opinione pubblica. Uno dei possibili rischi – evidenziato da Alberto Fiorillo (Legambiente) – è la sindrome da click che colpisce anche chi fa giornalismo ambientale, nella costante ricerca di aumentare apprezzamenti e condivisioni sui social network, mentre invece occorrerebbe mirare a quel pubblico che intende approfondire e documentarsi per provare a produrre un cambiamento nella società. Tanto più – come ricorda il socio Ferpi, Antonio Ferro (Extra)– che proprio il web consente di approfondire assai di più rispetto al passato anche se rimane irrisolto il problema di come rendere appetibile l’informazione ambientale.
Narrare. Il vero nodo rispetto all’efficacia dell’informazione ambientale rimane la scarsa capacità di divulgazione. Troppi numeri, troppi dati (spesso contrastanti) e troppa complessità affliggono la comunicazione ambientale. Ed eccessiva è anche l’enfasi su danni e disastri, mentre – come evidenzia Massimo Scalìa (tra i fondatori dei movimenti ecologisti in Italia) – sarebbe fondamentale spostare l’attenzione sulle implicazioni economiche delle politiche ambientali, proponendo all’opinione pubblica una comunicazione “ecopragmatica”. Ecco, dunque, che occorrono nuove forme di narrazione ambientale e il contributo di Ferpi, nell’intervento del suo delegato alla comunicazione ambientale, Sergio Vazzoler, è proprio il tentativo di fare cultura, “traducendo concetti complessi e informazioni statistiche in messaggi comprensibili, positivi che possano aiutare l’avvicinamento dell’opinione pubblica alle urgenti sfide connesse all’ambiente e, in particolare, ai cambiamenti climatici. E, complice la potenza dei social media, un buon metodo per provare a cambiare prospettiva nella comunicazione ambientale è la riscoperta dell’empatia, il calarsi nei panni delle persone esposte ai potenziali rischi ambientali e analizzarne comportamenti, richieste e modalità di comunicazione. Da quell’analisi– aggiunge Vazzoler – possono emergere interessanti evoluzioni nel linguaggio e negli strumenti di comunicazione”.
E da queste tre parole chiave occorre ripartire, proseguendo il confronto appena avviato tra punti di vista diversi ma superando gli abituali steccati e favorendo la contaminazione. L’obiettivo è comune per giornalisti, comunicatori e divulgatori: contribuire a fare cultura ambientale in Italia. (Vai all'articolo originale)