Operazione Cieli bui. Quando il buio abbaglia
Da iMille.org del 23.11.2012
23 November, 2012
di Francesco Giubbilini, referente Toscana Light-is
Proprio così, l’iniziativa del Governo proposta nell’Ottobre 2012, denominata “Cieli bui”, ci ha insegnato una cosa: anche il buio abbaglia. E di abbagli ce ne sono stati davvero tanti.
Il primo abbaglio ritengo sia stato preso da chi, in modo maldestro, ha sottovalutato il peso delle parole dando all’operazione un nome così poco attraente, senza fornire nessuna ulteriore spiegazione. L’operazione Cieli bui è stata data in pasto ai media così, nuda e cruda. Anzi, è stata messa a bandiera di una legge, la Legge di Stabilità, che comporta ulteriori sacrifici e tagli nelle tasche degli italiani. “Tasche vuote e Cieli bui, Allegria!“, così titola un editoriale di Carlo Cavicchi su Quattroruote di Novembre. L’editoriale è critico nei confronti dell’operazione Cieli bui, paventando anche possibilità di morti a causa della stessa, scenario che non condivido. Ma ha un pregio: quello di richiamare alla mente un famoso italiano (che non c’è più) che ne sapeva davvero tanto di marketing e pubblicità e che probabilmente non avrebbe fatto errori così elementari. “Allegria!“.
Prima di proseguire con l’analisi degli abbagli, facciamo un passo indietro.
L’operazione Cieli bui trae ispirazione dai suggerimenti giunti al governo da due associazioni nazionali, Cielobuio e Light-is. Queste associazioni sono composte da tecnici, astronomi, scienziati e semplici appassionati di astronomia. Da quasi 15 anni si adoperano di concerto per studiare l’inquinamento luminoso e porvi rimedio. Non mi dilungherò parlando di questo, voglio solo far presente che non si tratta semplicemente di un mero problema economico. L’inquinamento luminoso è un problema che, al pari di altri affrontati più seriamente (come ad esempio l’inquinamento acustico), crea danni importanti e ben documentati alla nostra salute, agli animali e all’ambiente in generale. Grazie a queste associazioni, quasi tutte le regioni italiane hanno una Legge Regionale o un regolamento per limitare l’inquinamento luminoso. Queste leggi non sono tutte ugualmente efficaci, ma alcune sono così avanzate che sono state prese come modello da diversi regolamenti europei e mondiali (v. Slovenia, StarLight Initiative UNESCO, ecc.). Il nome dell’operazione “Cieli bui” trae evidentemente spunto dal nome dell’associazione Cielobuio, che a sua volta si è ispirata all’americana International Dark-Sky Association fondata nel 1988. Il nome e ciò che evoca non hanno bisogno di spiegazioni nel mondo degli addetti ai lavori: rimanda a situazioni di cielo incontaminato e pieno di stelle. Il paradiso per astronomi ed astrofili. Diverso è, evidentemente, ciò che il nome evoca ai non addetti ai lavori.
Tornando agli abbagli provocati dal buio, passiamo al secondo, quello preso da molti giornalisti che si sono occupati dell’argomento e dai semplici cittadini che hanno commentato la notizia. Con rare eccezioni, abbiamo assistito a un vero e proprio assalto a colpi di critiche aprioristiche, sarcastiche e soprattutto prive di ogni contenuto. Proprio la mancanza di contenuti è stato il filo conduttore dei molti interventi che nel giro di una decina di giorni si sono susseguiti sull’argomento. Analisi socio-filosofiche sulla paura del buio e sui significati simbolici dell’operazione. Quasi nessuno si è fermato ad analizzare quelle che in realtà sarebbero state le conseguenze della norma, anche perché la proposta del Governo è rimasta molto vaga e non si poteva far altro che parlare del niente. I vari commenti contrari alla proposta appaiono grotteschi se si pensa alle recenti notizie di Comuni senza soldi, costretti a tenere spenti interi tratti di strade o a effettuare accensioni ritardate per risparmiare. Questa è l’ennesima riprova dell’incapacità italiana di agire con norme preventive anziché con norme d’emergenza. C’è, inoltre, un particolare che risulta incoerente nell’operato del Governo e che è rimasto quasi ignorato dai media. Negli stessi giorni (esattamente il 4 Ottobre) in cui il Governo proponeva la norma Cieli bui per ridurre le spese dei Comuni, l’UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) aggiornava la norma UNI 11248. La Norma UNI 11248, del 2007, stabiliva i valori minimi di illuminazione a terra per le varie tipologie di strade. Con l’aggiornamento del 2012, tali valori sono stati aumentati del 50%. Dato che le Leggi Regionali rendono la norma obbligatoria (per i nuovi impianti o gli adeguamenti), questo aggiornamento obbligherà i Comuni a illuminare il 50% in più e quindi a spendere il 50% in più. Alla faccia dell’efficienza energetica! Se fosse il Primo Aprile si potrebbe pensare a uno scherzo di cattivo gusto, invece è la triste realtà!
Il terzo abbaglio (anche se in questo caso non si può parlare di un vero e proprio abbaglio) riguarda tutti quelli che hanno sfruttato la situazione per fare del terrorismo mediatico e per attaccare il Governo da un punto di vista politico. All’uscita della notizia, c’è stata un’immediata levata di scudi nei confronti della proposta, paventando aumento di morti e aggressioni a causa dell’aumento del buio. Di conseguenza, viene da pensare che, se illuminassimo ogni angolo delle città, le morti e le aggressioni diminuirebbero. L’esperienza insegna che non è così. Una cosa però è certa: illuminando di più, aumenta la percezione di sicurezza. Non è detto che questo sia un fatto negativo ma si dovrebbe avere l’onesta di spiegare la differenza tra percezione di sicurezza e sicurezza reale, senza demagogia. Altrimenti si prendono in giro le persone raccontando favolette. Aumentare la sicurezza reale non è così semplice, almeno non quanto lo sia aumentare quella percepita piantando qualche nuovo lampione. Oltretutto, una maggiore percezione di sicurezza, in alcune situazioni, può portare a risultati opposti a quelli desiderati. Ad esempio, un autista esperto e sicuro di sé che corra a 180 km/h su una tangenziale mette a repentaglio la propria vita e quella altrui, molto più di quanto non faccia un autista inesperto che avanza con prudenza perché non si sente sicuro. Inoltre, la cronaca è piena di scippi, furti e omicidi avvenuti di giorno (sfido chiunque a scippare una vecchietta alle 2 di notte!). In realtà, gli incidenti e le aggressioni avvengono sia di notte che di giorno, per svariati motivi, alcuni riguardanti l’orario, altri no. Alcuni di questi motivi sono l’abuso di sostanze lecite e non, l’alta velocità, la stanchezza, l’incuria del manto stradale, la mancanza di piste ciclabili, le distrazioni, l’errata illuminazione, la scarsa presenza di forze dell’ordine (che comunque, esattamente come la luce, non potrebbero essere ovunque), lo scarso senso civico, ecc. La realtà non è quella che vogliono farci credere. La realtà è che una persona, percorrendo una strada di notte con le luci abbassate del 30-40% (rispetto ai livelli medi di sovra-illuminazione che si riscontrano nelle nostre città), a fatica noterebbe la differenza e continuerebbe perfettamente a vedere quello che le accade intorno. Anzi, vedrebbe meglio quello che succede nelle zone circostanti, meno illuminate, perché non avrebbe l’occhio abbagliato dalla luce eccessiva. Nemmeno i ladri (che per scassinare hanno, pure loro, bisogno della luce) si accorgerebbero di niente e potrebbero continuare a delinquere senza dover usare torce mobili, sospette nel buio della notte. La realtà è che ci sono tantissimi luoghi mal illuminati, in città, che creano pericolo. Uno dei luoghi maggiormente pericolosi e troppo spesso trascurato è l’attraversamento pedonale. Ci sono una moltitudine di attraversamenti male illuminati, in cui la luce dei lampioni abbaglia l’autista o non illumina correttamente chi attraversa. Ciò mette a repentaglio la vita delle persone. Ma non sono gli unici casi, purtroppo. Molti impianti di illuminazione rivolgono la loro luce direttamente verso la strada, abbagliando gli automobilisti e creando distrazione. Gli impianti abbaglianti sono, non a caso, vietati anche dal Codice della Strada, oltre che dalle Leggi Regionali. A giudicare dalla quantità di impianti abbaglianti che si trovano sulle nostre strade, sembra che chi si dovrebbe occupare di sicurezza stradale ponga poca attenzione a questo problema.
Ad ogni modo, analizzando più da vicino la norma Cieli bui, ci si accorge che dietro a questo provvedimento dal nome tetro e cupo, ci sono delle proposte reali e di buon senso, che possono aiutare a ridurre gli sprechi e ad aumentare il benessere e la sicurezza dei cittadini. E possono pure far risparmiare un po’ di soldi. Ad esempio, si indica di voler raggiungere “obiettivi di maggiore efficienza energetica“. Tale obiettivo può essere facilmente raggiunto utilizzando un criterio generale assodato nelle buone pratiche dell’illuminazione: “illuminare meglio e solo dove serve“. Questo consentirebbe di spostare risorse e, al limite, illuminare altre zone poco illuminate senza aumentare la spesa. Un altro passaggio raccomanda l’”individuazione delle modalità di ammodernamento degli impianti o dispositivi di illuminazione“. Con i risparmi ottenuti riducendo gli sprechi, le Amministrazioni potrebbero procedere ad ammodernare i vecchi impianti, realizzando infrastrutture migliori e più sicure. Ad esempio, i nuovi impianti di illuminazione possono essere dotati di telecamere ed allarmi, da installare nelle zone a maggior rischio di furti e aggressioni. Oppure gli impianti potrebbero essere riprogettati per garantire un’illuminazione più diffusa che consenta di vedere bene anche le zone circostanti non illuminate (utile ad esempio in un parco cittadino). Un’ultima nota: i famigerati affievolimenti, che tanto hanno spaventato l’opinione pubblica, sono già obbligatori, da molti anni, in molte delle Regioni che hanno una Legge Regionale contro l’inquinamento luminoso.
Guardando ai prossimi anni, sicuramente la tecnologia ci verrà incontro e ci aiuterà a ridurre gli sprechi. Dobbiamo però fare attenzione alla mancanza di regole e cultura. Come insegna il paradosso di Jevons (correntemente utilizzato anche in campo economico): “I miglioramenti tecnologici che aumentano l’efficienza con cui una risorsa è usata possono fare aumentare il consumo totale di quella risorsa, invece di farlo diminuire” (Wikipedia). Da questo si capisce che l’avvento dei LED o di altre soluzioni più efficienti dal punto di vista energetico non necessariamente è in grado, senza altri interventi, di invertire la tendenza del crescente consumo energetico per l’illuminazione.
Dobbiamo riuscire a spezzare il dogma “più luce=più sicurezza”, usato da anni dalla classe politica per ottenere facili consensi ma scarsi o controproducenti risultati pratici. Solo con una corretta informazione e facendo cultura sull’argomento potremmo arrivare finalmente ad avere città ben illuminate, meno energivore e più sicure. Ne trarrà vantaggio il portafoglio, la salute e l’ambiente che ci ospita.