Italia: ricchi d'acqua, campioni di spreco
Il nostro Paese ha grandi disponibilità di risorse idriche, spesso però si entra in emergenza. L'agricoltura è il settore che ne utilizza di più, seguono staccati l'industria e il comparto civile. E per gli usi domestici i dati parlano chiaro: consumiamo più di Spagna, Regno Unito e quasi il doppio della Germania
26 November, 2012
Il nostro è uno dei Paesi più ricchi di acqua, ma ancora oggi, in diverse parti d'Italia, esiste un problema di disponibilità della risorsa idrica, specie nei mesi più caldi dell'anno. E questo avviene non solo al Sud, ma anche nel Nord, se pensiamo alle recenti emergenze idriche del bacino del Po della scorsa estate e del 2007 in particolare. Insomma, siamo ricchi d'acqua (circa 52 miliardi di mc. all'anno e 921 mc. per abitante sempre ogni anno, affermano i dati del 1999 dell'Istituto di ricerca sulle acque del Consiglio nazionale delle ricerche), ma spesso entriamo in sofferenza.
Il settore che consuma di più è quello agricolo (20-25 miliardi di mc. all'anno), poi quello industriale e dell'energia (15 miliardi) e infine quello civile (9 miliardi). Il maggiori consumo lo abbiamo al Nord con il 66 per cento di utilizzo, in virtù dei processi di urbanizzazione e industrializzazione avvenuti negli ultimi cinquant'anni e della densità delle aree agricole. Il Sud consuma il 15 per cento della risorsa, il Centro il 10 e le Isole solo l'8,5. Se consideriamo i dati più aggiornati prodotti dalla Direzione ambiente della Commissione europea nel 2007, in Italia viene destinata all'irrigazione il 60 per cento dell'acqua prelevata: un dato che ci colloca al terzo posto in Europa, alle spalle di Grecia (80 per cento) e Spagna (72) e davanti al Portogallo (59). Stime ancora più accurate (quelle dell'Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni e dell'Istituto nazionale di economia agraria) collocano il dato italiano ancora più in alto: 70 per cento dei prelievi e l'83 circa dei consumi totali di acqua a livello nazionale. Numeri impressionanti, che devono spingere il settore agricolo a una profonda riforma basata sull'efficienza e sull'aumento di disponibilità della risorsa stessa.
Dopo quello agricolo, come detto, ci sono i settori industriale e civile. Per il primo, in questi ultimi anni, grazie all'innovazione dei processi e a causa della crisi economica, si è registrata a una diminuzione dei prelievi, mentre sono aumentati quelli del settore civile. Secondo stime recenti (Istat 2011) il dato è pari 9,1 miliardi di metri cubi, che corrisponde a un dato medio nazionale annuo di 152 mc. per abitante. Numeri che confermano la nostra distanza da una politica di efficienza e di risparmio idrico, collocandoci, nella classifica europea, davanti a Spagna (127 mc. per abitante), Regno Unito (113) e Germania (62), paese, quest'ultimo, in cui si consuma meno della metà che in Italia.
In questa teoria di dati non bisogna però dimenticare che c'è differenza tra uso e consumo d'acqua. Gli usi consuntivi sono esclusivamente quelli agricoli e zootecnici (dove l'acqua erogata viene in gran parte effettivamente utilizzata). Al contrario, l'uso civile-domestico industriale può restituire fino al 90-95 per cento dell'acqua usata. Ma l'acqua di scarico restituita dai sistemi fognari per usi urbani e domestici e dalle industrie spesso non è trattata a dovere. In altre parole, le acque prelevate in buone condizioni vengono restituite di qualità scadente, se non addirittura pessima.