Spending review ecologica: gestire meglio l'illuminazione pubblica a Milano
Resoconto del dibattito pubblico promosso a Milano da Eco dalle Città (con il contributo di Cariplo) sul tema della spesa per l'illuminazione pubblica nel capoluogo lombardo
04 December, 2012
a cura di Alessia Sacchetti
Ottima partecipazione da parte del pubblico e dell'amministrazione, venerdì 30 novembre all'Urban Center di Milano, per “Spending review ecologica: gestire meglio l'illuminazione pubblica a Milano”, incontro pubblico sul tema dell'illuminazione pubblica organizzato da Eco dalla città e moderato da Paolo Hutter, direttore della testata digitale.
A introdurre i lavori è dunque Paolo Hutter, che inquadra in generale la situazione della spesa milanese per l'illuminazione pubblica, passata dai 25 milioni di euro del 2010 ai 32 milioni del 2012. Si tratta quindi una media di 25 euro per abitante, la più alta tra le città italiane. Scopo del dibattito, di conseguenza, è quello di individuare delle soluzioni attuabili per diminuire gli sprechi.
Il primo a intervenire è Diego Bonata, illuminotecnico, consulente delle leggi regionali sull' inquinamento luminoso per conto dell'associazione Cielo Buio nonché uno dei massimi esperti italiani in materia. I dati presentati da Bonata evidenziano come la spesa pubblica italiana per l'illuminazione sia aumentata vertiginosamente negli ultimi 7 anni, incrementandosi del 140%. Confrontando la situazione nazionale con quella degli altri stati europei, si nota una netta tendenza allo spreco da parte dell'Italia, una forte inefficienza causata dalla potenza installata e, soprattutto, dal numero dei punti luce presenti nelle città. Secondo Bonata, non è possibile fare modifiche all'attuale illuminazione urbana se non intervenendo sulla potenza, che dovrebbe essere ridotta. A dimostrazione di questa sua affermazione, l'esperto ha citato una serie di simulazioni fatte in alcune città italiane, come Pavia, dove il risparmio energetico è arrivato al 52% «senza spegnere un solo lampione». Bonata ha concluso il suo intervento citando la Legge Regionale per il contenimento luminoso della Lombardia, «la più copiata al mondo», diversa da tutte le altre principalmente per l'indicazione di un ulteriore parametro: l'emissione verso l'alto. Un elemento importante per ridurre gli sprechi.
Pietro Palladino, già consulente del Comune di Milano per l'illuminazione pubblica, si inserisce nel dibattito confermando quanto esposto da Bonata e portando l'attenzione sul fatto che non ci sia una progettualità ad hoc. «La standardizzazione è un problema - lamenta l'esperto – perché non tiene conto della struttura urbana e si vanno ad illuminare strade con geometrie diverse». Manca una progettualità specifica quindi, a cui si affianca un problema che ritorna più volte nel corso dell'incontro milanese: la mancanza di tecnici professionisti che sappiano indirizzare adeguatamente le scelte comunali. Palladino arriva a fare un appello all'amministrazione, pregandola di rivolgersi ai numerosi tecnici presenti al Politecnico ma non solo, persone competenti e al passo con gli ultimi trend a livello internazionale.
A questo punto è il turno di Leonardo Salvemini, assessore all'Ambiente della Regione Lombardia (in carica fino alle nuove elezioni regionali), che sottolinea come l'ambiente sia un valore costituzionalmente protetto, in grado di comprendere diverse discipline, tra cui il governo del territorio. «La vivibilità degli ambienti incide molto sulla qualità della vita, per cui il legislatore è tenuto a intervenire – dichiara - Recentemente è stata approvata una norma sui pali intelligenti, nella consapevolezza di un inquinamento cittadino causato dai lampioni». Salvemini ritiene che la spending review in tema ecologico sia un aspetto molto rilevante, motivo per cui sono necessarie politiche finanziarie di impatto sociale più elevato e che tengano conto del valore dell'ambiente. Per quanto riguarda nel dettaglio l'illuminazione, la Legge regionale n. 17 tocca alcuni aspetti, secondo l'assessore, ma rimane una responsabilità degli amministratori locali nell'interpretazione delle indicazioni.
L'assessore all'Ambiente e alla Mobilità del Comune di Milano, Pierfrancesco Maran, inizia il suo intervento precisando che la spesa pubblica per l'illuminazione non è l'unica a salire, bisogna tenere in considerazione anche quella per il trasporto pubblico locale. Ma quest'ultima dipende, secondo lui, dal fatto che sono state compiute delle scelte, da parte dell'amministrazione comunale, indirizzate a un incremento dei servizi. Sull'illuminazione, invece, c'è stata assenza di controllo e ora Milano è una fase di «trasformazione delle priorità». Inizialmente, precisa Maran, c'era stato solo un discorso di “quantità della luce” per venire incontro ai problemi di sicurezza che stava attraversando la città. Le lamentele che l'amministrazione ha sempre ricevuto dai cittadini, tra l'altro, hanno sempre riguardato la scarsità di illuminazione, mai il contrario, e qualunque intervento volto alla diminuzione di potenza sarebbe percepito dai residenti in maniera negativa. «Motivo per cui ora non raccontiamo dove facciamo gli interventi di riduzione – spiega Maran – così l'impatto negativo è zero, ma c'è un netto risparmio energetico». L'assessore parla anche del rapporto del Comune con A2A , a suo dire molto più conveniente che qualsiasi opzione che preveda un altro concorrente. «Con A2A un eventuale problema o guasto viene risolto nel tempo di una telefonata, un valore aggiunto che vale il costo dell'operazione». Maran conclude il proprio intervento elencando le dinamiche comunali che male si accordano alla necessità di mettere a punto di un piano adeguato in termini di efficienza dell'illuminazione pubblica. «Il maggior problema sta nella necessità di collaborazioni esterne che non siano gratuite ed episodiche - spiega - Le amministrazioni locali sono dentro a un circolo vizioso determinato da un fattore economico, il taglio alle spese impedisce o limita nuove assunzioni, inoltre una stessa persona spesso si occupa di più mansioni contemporaneamente». L'assessore lancia allora un appello alla Regione, che possa venire incontro alle necessità delle grandi città lombarde per creare un piano dell'illuminazione adeguato e che si avvalga di competenze tecniche specifiche. Un appello che viene raccolto in sala da Salvemini: «A breve vedremo di dare una risposta puntuale».
«A Torino si è deciso di anticipare l'accensione e posticipare lo spegnimento dei lampioni – osserva Hutter - Credo si tratti di una differenza di una ventina di minuti, ma moltiplicato per 365 è un buon risparmio dal punto di vista energetico».
Nel dibattito si inserisce a questo punto Irene De Piccoli della società Infoenergia, nata come rete di sportelli rivolti al cittadino e consulenza tecnica ai comuni. I dati presentati da Bonata, secondo De Piccoli, sono «reali per quanto riguarda il potenziale di risparmio energetico, economico e sulla manutenzione (contratti di gestione e chi lavora), ma bisogna fare investimenti importanti». Il problema principale, secondo l'esperta, è lo stato degli impianti, per cui la priorità è la messa a norma degli stessi. «Poi occorre programmare interventi per il risparmio energetico e la predisposizione a servizi innovativi», aggiunge, precisando che dal punto di vista contrattuale, nell'80% dei casi i Comuni si trovano ad avere convenzioni scadute o in regime di proroga (soprattutto con Enel sole) e devono quindi affrontare una situazione per cui non sono preparati a procedere. In questo quadro problematico, la criticità non è nelle risorse per gli investimenti, che possono essere sostenuti attraverso un finanziamento tramite terzi, ma sta prima di tutto nel poter acquisire la proprietà pubblica degli impianti. Si tratta di un problema che riguarda molti Comuni, dato che circa il 60% dei pali della luce appartiene a Enel Sole, un interlocutore potente e per nulla interessato a cedere la proprietà (non esiste un obbligo normativo in tal senso). Le amministrazioni non sono quindi libere di affrontare il problema dell'illuminazione pubblica ed è difficile riuscire a predisporre un piano adeguato alle esigenze della città se non si ha piena autonomia decisionale e se non si possiedono le competenze necessarie: illuminotecniche, legali, amministrative e finanziarie (per costruire un piano economico per cui la gara non vada deserta). L'intervento di De Piccoli si conclude con un appello alla Cariplo per un possibile progetto: «concepito per ospitare servizi smart city (pali intelligenti), che veda il Comune come
attore e governatore della rete dei servizi e che punti alla elaborazione di un piano della luce, secondo le norme e a scadenza larga».
Secondo Giuseppe Grassi di A2A, le difficoltà principali sono legate all'esigenza di garantire un'illuminazione a norma di legge e che risponda a un requisito fondamentale: l'uniformità. «Occorre poter vedere una persona sia sul marciapiede sia quando attraversa la strada, in modo che possa farlo in piena sicurezza», dichiara l'ingegnere. Grassi ritiene che Milano presenti alcune peculiarità che rendono più difficile venire incontro alla necessità di sicurezza e di diminuzione dell'illuminazione, come i viali alberati di Milano: «Un valore, certamente, ma che costringe il Comune a predisporre un numero ben definito di punti luminosi che siano a norma. Un esempio su tutti, l'impianto di Via Caracciolo, per cui è stato necessario predisporre numerosi fari per illuminare entrambi i lati del marciapiede e la carreggiata». Un numero così elevato di punti luce per km2, dunque, secondo Grassi è un'esigenza dettata dalle caratteristiche stesse della città. Tuttavia, il tecnico elenca alcune soluzioni adottate da A2A per il risparmio energetico, come le lampade al sodio e i regolatori di flusso, attualmente in prova in Corso Buenos Aires e grazie ai quali si è registrato un risparmio del 24%. Regolatori che tra l'altro, come fanno notare alcuni dei presenti al dibattito, dovrebbero essere previsti per legge da circa 12 anni.
Per l'illuminotecnico Benvenuti, in ogni caso, se la Legge regionale fosse stata applicata almeno all'80 % non ci sarebbe neanche bisogno di parlare di questi argomenti. «La pubblica amministrazione in questo particolare settore non è efficiente – dichiara - Nessuno sospetta che sia presente un Ufficio inquinamento luminoso, al IV piano di Piazza Duomo 21. In effetti, esiste solo sulla carta, e i suoi compiti sono svolti da un dipendente comunale impegnato anche in altre mansioni. A Buenos Aires il problema si sarebbe risolto facilmente se la vigilanza avesse multato le vetrine con illuminazione fuori legge».
Bisognerebbe puntare sull'innovazione tecnologica (rilevatori di flusso, impianti telecontrollati, etc) secondo Fabrizio Sarti che interviene al dibattito per conto della Smile,società per l'efficientamento degli impianti elettrici. Dante Cariboni, vicepresidente dell'Associazione italiana illuminazione (ASSIL) osserva infine che l'Italia è il quarto produttore al mondo di corpi illuminanti. Apparecchiature e competenze, di conseguenza, sono disponibili, ma manca una pianificazione degli interventi. Secondo l'esperto, si agisce, sbagliando, sempre dietro una spinta emotiva,più luce, o risparmio, mentre se si attuassero degli interventi programmati, sicuramente sarebbe possibile ottenere un risparmio energetico senza perdere in qualità dell'illuminazione e in sicurezza.