Illuminazione pubblica. Rapporto di Eco dalle Città su consumi, costi, normative e pratiche di efficienza dall'Italia e dall'estero
Il rapporto sull'illuminazione pubblica realizzato da Eco dalle Città in occasione dell'incontro "Spending review ecologica: gestire meglio l’illuminazione pubblica a Milano", organizzato nel capoluogo lombardo con il contributo della Fondazione Cariplo
20 December, 2012
Pubblichiamo il testo del rapporto sull'illuminazione pubblica realizzato da Eco dalle Città in occasione dell'incontro "Spending review ecologica: gestire meglio l’illuminazione pubblica a Milano", organizzato nel capoluogo lombardo con il contributo della Fondazione Cariplo.
Lo stato dell'arte: in Italia consumi doppi rispetto alla media europea
Nel 2011, l'Italia ha impiegato 6.201,8 milioni di chilowattora per l'illuminazione stradale (fonte: Terna), pari a un consumo pro-capite di 101,6 chilowattora annui, più del doppio della Germania (42 kwh/anno), e praticamente due volte la media europea, che è di 51 chilowattora. Un'anomalia che si ripercuote anche sulla spesa pubblica: secondo le previsioni di bilancio per il 2012, la spesa per l’illuminazione pubblica (consumi elettrici e manutenzione ) preventivata è di 15 milioni di euro a Torino, 32 milioni e 750.000 euro a Milano e 52.800.000 euro a Roma. Se consideriamo invece la spesa per abitante, la città che paga di più è di gran lunga Milano: 24,40 euro. Segue Roma (18,97 euro) e per ultima Torino (16,56 euro).
In totale, secondo le stime dell'associazione CieloBuio, in Italia la spesa energetica per la sola illuminazione pubblica risulta essere di circa un miliardo di euro all'anno, a cui vanno aggiunti i costi per la manutenzione del parco apparecchi esistente e la spesa per i continui nuovi impianti che vengono installati ogni anno. Secondo l'Enea, ogni Comune spende in media 103,3 euro per ciascun punto luce e 817,7 euro per kW, che si traducono in una spesa media di quasi 19 euro all'anno per abitante (18,7 euro). Cifre che potrebbero essere sensibilmente abbassate, adottando tecnologie a risparmio energetico oppure riducendo l'intensità luminosa, almeno nelle ore in cui il traffico veicolare è più scarso. L'impiego di alimentatori elettronici, ad esempio, permetterebbe di ridurre i consumi di energia elettrica fra il 5 ed il 10%, mentre basterebbe installare dei riduttori di flusso per risparmiare dal 15 al 30%. Stando ai calcoli dell’Agenzia svizzera per l’efficienza energetica (Safe), invece, basterebbe spegnere le luci durante le ore notturne, o almeno ridurne il flusso luminoso, per abbattere i consumi di una quota compresa tra il 20 e il 35 %.
Il quadro normativo nazionale
Stando ai dati relativi a consumi energetici e spesa pubblica, le città italiane sono molto più illuminate degli altri centri urbani d'Europa. Eppure, nel nostro panorama legislativo non mancano leggi concepite proprio per contrastare eccessi e storture dell'illuminazione stradale.
Il quadro normativo, in realtà, si è andato completando solo negli ultimi anni, con l'emanazione delle leggi regionali in materia di inquinamento luminoso e risparmio energetico. Le norme regionali, varate da 18 regioni su 20 (fanno eccezione la Sicilia e la Calabria, ndr) disciplinano in generale le caratteristiche degli impianti da installare, l'orientamento delle lampade e l'intensità del flusso luminoso nelle varie tipologie di strade. In molti casi, inoltre, viene fissata anche la distanza minima che deve essere mantenuta tra i pali della luce, che di solito deve essere proporzionale alla lunghezza dei lampioni stessi, e alcune regioni hanno introdotto anche delle regole per le insegne pubblicitarie luminose, in particolare per quanto riguarda l'orario di spegnimento. I provvedimenti, in ogni caso, variano molto da regione a regione, sia in termini di “severità” delle disposizioni che di completezza delle regole introdotte. In Lombardia, ad esempio, è in vigore una legge considerata tra le più avanzate del settore, che, oltre a disciplinare il corretto orientamento delle lampade, prevede una riduzione entro le ore 24.00 dell’emissione di luce in misura non inferiore al 30%, a condizione di non compromettere la sicurezza. La norma, inoltre, impone l'uso di lampade ad alta efficienza luminosa, come quelle con tecnologia al sodio, e prescrive che le superfici illuminate non superino il livello minimo di luminanza media mantenuta previsto dalle norme di sicurezza Uni.
La luminanza rappresenta il rapporto fra l'intensità luminosa emessa da una sorgente e l'area della superficie illuminata perpendicolare alla sorgente stessa (unità di misura: candele per metro quadro, cd/m2) ed è un concetto introdotto dalla norma tecnica Uni 10439. Prima dell'adozione delle leggi regionali, infatti le norme tecniche rappresentavano l'unico riferimento normativo esistente in materia di illuminazione stradale (e ancora lo rappresentano per le Regioni che non hanno ancora legiferato). Trattandosi di norme di sicurezza, però, le Uni si concentrano soprattutto sui livelli minimi di luminanza da assicurare a seconda del tipo di strada. La Uni 10819 a difesa della volta celeste, però, stabilisce anche i valori massimi ammissibili del cosiddetto “rapporto medio di emissione superiore” (Rn), che rappresenta un indice della dispersione verso l’alto del flusso luminoso. I lampioni stradali, in altri termini, devono essere progettati in modo da indirizzare il più possibile la luce verso il basso. La norma Uni 10439, invece, nella sua ultima versione del 2011, autorizza una ulteriore riduzione della luminanza media nelle ore in cui il traffico veicolare è particolarmente ridotto: nel dettaglio, è consentita una riduzione del flusso luminoso del 25% e del 50% con riduzioni del traffico rispettivamente del 50 e del 75%.
In realtà, anche sul fronte delle norme tecniche siamo dinanzi a un paradosso tipicamente italiano: se le direttive internazionali raccomandano di non sovrailluminare le città autorizzano a ridurre la luce nelle ore in cui il traffico cala, la nuova versione della norma tecnica UNI 11248, recentemente approvata, prescrive, per le strade urbane locali (circa l’80% di tutte le strade urbane d'Italia, ndr), livelli minimi di luminanza di 1 cd/m2 (candela per metro quadro). Un valore doppio rispetto a quello indicato dalla norma tecnica in vigore fino al 2007 e superiore di un terzo rispetto a quello, di 0,75 cd/m2, che richiedeva la precedente versione della UNI 11248. In soldoni, secondo i membri dell'Ente UNI, una strada urbana locale progettata “a regola d'arte” necessita, perché sia garantita la sicurezza dei cittadini, livelli minimi di luminanza doppi rispetto a quelli indicati dalle stesse norme tecniche in vigore fino a 5 anni fa. C'è da dire che la norma, di per sé, non ha in teoria un effetto vincolante, ma di fatto rappresenta il riferimento maestro per i progettisti, che, rispettandone le prescrizioni, possono tutelarsi rispetto al fatto di aver eseguito un progetto che sia, appunto, “a regola d'arte”. In caso di rogne, in altri termini, il rispetto della UNI 11248/2012 può costituire una sorta di “assicurazione” per il progettista. Difficile, pertanto, che si scelga di ignorare le sue indicazioni, per quanto, contrariamente a quello che accade di solito con le altre norme tecniche, questo provvedimento non sembra derivare da norme di rilevanza europea, ma rappresenta piuttosto un'iniziativa tutta italiana.
Al di là di alcune contraddizioni come quella della UNI 11248/2012, comunque, le leggi contro l'eccesso di illuminazione, in ogni caso, non mancano. Il problema, in molti casi, rimane la loro applicazione, soprattutto per quanto riguarda alcune norme specifiche. Se, infatti, in molte città italiane i lampioni sono effettivamente orientati verso il basso, è sicuramente minore l'attenzione alla distanza tra i pali della luce, così come non sempre vengono osservate le disposizioni in materia di luminanza massima. Restano, inoltre, alcuni aspetti che le leggi ancora non contemplano, come l'esistenza di aree in cui si potrebbe evitare del tutto l'illuminazione, almeno in certe fasce orarie. Recentemente, il provvedimento “Cieli Bui” inserito dal Consiglio dei ministri nel ddl Stabilità puntava anche a colmare parte di questi vuoti normativi, ma la Commissione bilancio della Camera lo ha stralciato dal disegno di legge.
Le evidenze scientifiche: i rischi sanitari dell'inquinamento luminoso
Al di là degli aspetti strettamente energetici ed economici, la sovrailluminazione presenta anche importanti implicazioni di carattere medico. Numerosi studi condotti da ricercatori di diverse parti del mondo, infatti, dimostrano che l'eccessiva esposizione alla luce artificiale è causa di problemi di salute anche gravi. Secondo l'American medical association (Ama), ad esempio, un eccesso di luce sintetica nelle ore notturne può alterare i ritmi circadiani e favorire addirittura l'insorgenza di forme tumorali. Dagli studi effettuati è emerso infatti che l'eccessiva esposizione alla illuminazione notturna può alterare i normali cicli fisiologici basati sull'alternanza, nelle 24 ore, di luce e oscurità, e causare delle anomalie nella produzione di ormoni e nei normali cicli veglia-sonno. L'alterazione dei ritmi circadiani, in particolare, può determinare una riduzione della produzione di melatonina, che potrebbe a sua volta favorire l'insorgenza del cancro al seno. Studi di laboratorio, infatti, hanno dimostrato che la melatonina inibisce il cancro al seno nei topi.
Nel 2007, del resto, l'Organizzazione mondiale della salute (Wto) aveva già dichiarato “probabile causa di cancro” lavorare nelle ore notturne con la luce artificiale, proprio a causa dello squilibrio dei ritmi luce-buio e delle conseguenti anomalie nella produzione di melatonina. Già 5 anni fa, infatti, la casistica dimostrava una maggiore incidenza di tumore alla mammella nelle donne che lavorano di notte, così come negli animali esposti a luce artificiale durante la notte. I rischi riguarderebbero anche gli uomini, nei quali l'eccesso di illuminazione notturna sembra essere legato a un rischio maggiore di cancro alla prostata. Una soluzione potrebbe essere l'assunzione di integratori a base di melatonina, ma secondo gli esperti non si tratta di un rimedio praticabile a lungo termine, perché una somministrazione prolungata potrebbe inibire la produzione naturale dell'ormone da parte dell'organismo.
Secondo altre ricerche, infine, l'inquinamento luminoso potrebbe favorire anche la depressione. La notizia è apparsa sulla rivista Molecular Psychiatry, dopo che studi condotti da ricercatori americani su femmine di criceto esposte a luce artificiale non particolarmente intensa (per simulare appunto le condizioni di inquinamento luminoso tipiche della maggioranza delle città industrializzate) hanno rivelato una correlazione tra i due fenomeni. Gli studiosi hanno infatti rilevato che, dopo 40 giorni di esposizione alla luce artificiale, i piccoli roditori producono maggiori quantità di TNF, una proteina che viene secreta in risposta a lesioni o infiammazioni, ma che, in assenza di questo tipo di problemi, potrebbe avere un ruolo nel favorire la depressione. A ulteriore conferma del ruolo della luce artificiale, le ricerche hanno constatato che i sintomi scompaiono non appena vengono ridotti i livelli di illuminazione. Otto ore di buio completo, in particolare, sembrano essere sufficienti a ripristinare la condizione normale nei criceti.
Ridurre gli sprechi si può: buone pratiche dall'Europa
Non si tratta, dunque, solo di un problema di spending review, anche se quello del contenimento dei consumi (e dei costi) rimane un aspetto fondamentale dell'intera faccenda. a sostegno delle significative possibilità di risparmio energetico nel settore dell'illuminazione, arrivano i risultati ottenuti dai pionieri della “luce efficiente”, ovvero le città che in diverse parti del mondo hanno già avviato un processo di riduzione dei consumi energetici e dei relativi costi. Dall'uso di tecnologie ad alta efficienza e lampioni alimentati a energia rinnovabile, fino all'impiego di sensori per la regolazione della luce e timer per lo spegnimento automatico, le buone pratiche sperimentate all'estero ormai non si contano.
A Tolosa, ad esempio, nella zona sportiva Usaba Centre, sono stati installati 28 lampioni con sistema Luix, che regola l’intensità luminosa dei lampioni a seconda delle persone o dei veicoli che in quel momento si trovano a transitare lungo la strad. L'amministrazione cittadina prevede che in un solo anno, grazie a un risparmio energetico del 77%, si possa arrivare a tagliare la bolletta elettrica comunale di 3.200 euro. Ancora meglio hanno fatto i borghi comunali di Navarra, Isaba e Salinas, in Spagna, che hanno coperto in modo integrato la loro rete di illuminazione pubblica con il sistema a regolazione automatica del flusso luminoso, installando i “lampioni intelligenti” lungo tutti gli assi viari. In questo modo, il risparmio annuo potrebbe arrivare ai 20.000 euro, con un calo dei consumi energetici quasi dell’80%.
Sempre in Spagna sono stati recentemente ideati dei lampioni rinnovabili alimentati da piccoli pannelli fotovoltaici e mini pale eoliche. Si chiamano Holonic street lamps e li ha inventati una ricercatrice dell'Università di Siviglia che si chiama María Jesús Ávilais. L'energia che serve per alimentare il punto luce viene prodotta da una coppia di piccoli pannelli fotovoltaici policristallini, montati nella parte superiore del palo della luce, oltre che da una piccola turbina eolica ad asse verticale installata sul sostegno del lampione in acciaio zincato. Queste innovative lampade stradali sono in grado di funzionare in condizioni ambientali molto diversificate: tra i 30 gradi sotto zero e i 40 gradi centigradi, per quanto riguarda la temperatura, e con venti che soffiano fino a 140 km orari. Gli Holonic street lamps sono provvisti di lampadine a LED con una potenza variabile a seconda delle necessità (si arriva fino a 3.520 lumen) che, oltre ad assicurare un elevato grado di efficienza, garantiscono almeno 50.000 ore di funzionamento. L'energia prodotta col vento e col sole viene accumulata in una coppia di batterie da 12 Volt al gel di piombo o agli ioni di litio, posizionate al di sotto del manto stradale in un apposito compartimento. Quando cala la notte, una fotocellula “ordina” l'accensione della lampadina, alimentata dall'elettricità stoccata nelle batterie sotterranee. La luminosità dei lampioni può essere regolata a seconda della necessità e i punti luce possono anche essere inseriti in un sistema di regolazione a distanza. In caso di emergenza, gli Holonic street lamps possono essere alimentati anche dalla rete elettrica tradizionale, mentre possono immettere nella rete stessa l'eventuale energia rinnovabile in eccesso. Al momento, l'Università di Siviglia è in attesa di investitori disposti a finanziare il progetto.
Lampioni “smart” sono stati installati anche a Londra, nel quartiere di Westminster: regolando ad hoc l'intensità luminosa di 2.000 punti luce, l'amministrazione punta a risparmiare 8,4 milioni di sterline nell'arco dei prossimi venti anni.
La Germania, invece, si propone come pioniera dell'illuminazione pubblica “on demand”. Già da qualche anno, nel villaggio di Dörentrup, nel centro del Paese, i lampioni stradali vengono spenti ogni sera alle 23, in modo da alleggerire la bolletta elettrica del piccolo comune. Una scelta condivisa da altre amministrazioni, soprattutto in tempi di spending review. Quello che rende del tutto inedita l'esperienza tedesca è che i cittadini possono all'occorrenza, con una semplice chiamata al cellulare, illuminare la strada che desiderano per 15 minuti. Il sistema si chiama Dial4Light e si basa su uno speciale software che permette, appunto, di azionare, in caso di necessità, i lampioni di una via piuttosto che un'altra. Per usufruire del servizio di illuminazione “a chiamata” occorre registrarsi sul sito dedicato e, quando serve, chiamare il sistema Dial4Light e comporre sul proprio cellulare un codice di 6 cifre corrispondente alla via che si vuole rischiarare. L'unico costo a carico dei residenti è quello per la telefonata. Una volta azionati i lampioni, questi restano in funzione per 15 minuti, un tempo sufficiente per percorrere la strada in questione, portare il cane a spasso o inforcare il portone di casa. Dopo una prima fase sperimentale, il progetto è stato esteso a tutti i 9.000 abitanti di Dörentrup, che hanno accettato di buon grado la novità, in grado, a quanto pare, di conciliare le esigenze di risparmio energetico con la percezione di sicurezza dei cittadini. Si tratta della prima esperienza nel suo genere, che potrebbe aprire nuovi scenari nella gestione dell'illuminazione pubblica.
Anche in Francia, complice la crisi, da qualche tempo fioccano i provvedimenti per ridurre i consumi energetici legati all'illuminazione pubblica (e non solo). A partire dal 1 luglio 2012, in particolare, in tutte le città con meno di 800.000 abitanti è vietato tenere accese le insegne luminose e le vetrine dei negozi, ma anche di ristoranti, uffici, alberghi e ospedali, tra l'una di notte e le sei del mattino. Una vera e propria rivoluzione, che promette di ridurre i consumi elettrici totali di circa 1 Terawattora all'anno, l'equivalente del consumo annuo di 260.000 famiglie, risparmiando complessivamente circa 170 milioni di euro ogni 12 mesi. In circa 5.000 piccoli comuni transalpini, inoltre, la scorsa primavera è stato avviato un progetto semestrale che prevede lo spegnimento totale dei lampioni stradali nelle ore notturne. Altre città, anche più grandi, stanno invece sperimentando altri sistemi per ridurre i consumi legati all'illuminazione pubblica, dai lampioni “intelligenti” di Lione, che si attivano solo quando passano veicoli o pedoni, alle lampade efficienti che sostituiranno i vecchi punti luce energivori in ben 31.900 comuni con meno di 2.000 abitanti, che rappresentano il 25% della popolazione francese. L'obiettivo è quello di tagliare una voce di spesa – quella per illuminare piazze e strade – che rappresenta il 50% della bolletta energetica delle città francesi e di abbattere i consumi, su scala nazionale, del 17% entro il 2020. Una missione che coinvolge anche Parigi, che nonostante la sua fama secolare di Ville Lumiere ha in programma una serie di interventi per contrastare l'inquinamento luminoso e ridurre i consumi energetici del 30% entro il 2020 (rispetto ai livelli del 2004). Oltre all'installazione di lampade al LED, il piano prevede il ridimensionamento dell'illuminazione di 300 edifici storici e altri monumenti, inclusa la Torre Eiffel, e potrebbe prevedere lo spegnimento notturno delle insegne commerciali anche nella capitale.
Un'esperienza simile è stata condotta anche nel Liechtenstein, dove, nei primi due mesi del 2012, i comuni hanno spento circa un terzo dell'illuminazione stradale. Nel piccolo paese centroeuropeo, del resto, l'illuminazione notturna costituisce circa un terzo della spesa pubblica per l'energia elettrica e la valle del Reno alpino è una delle principali rotte seguite dagli uccelli migratori. Gli stormi volano soprattutto di notte e sono disturbati dalle fonti luminose.
Best practices da oltreoceano
Altre esperienze virtuose in materia di illuminazione sostenibile giungono da oltreoceano: le rivista Forbes, ad esempio, riporta il caso della città di San Jose, in California, che è riuscita a ridurre la bolletta energetica di 4 milioni di dollari all'anno soltanto sostituendo i lampioni con dispositivi a LED. A Calgary, in Canada, l'intero parco lampioni è stato rinnovato con lampade efficienti, garantendo un risparmio di 2 milioni di dollari all'anno. Nel 2011, invece, l'amministrazione di Busan, la seconda città più grande della Corea, ha installato una serie di lampioni ibridi, provvisti di pannelli solari e piccole turbine eoliche che alimentano le lampade a LED. In Brasile sta avendo un discreto successo il Projeto Luminar, iniziativa avviata da qualche mese con 130 carcerati del penitenziario brasiliano di Santa Rita do Sapucai, a circa 40 kilometri da Belo Horizonte. Il progetto coinvolge un gruppo di reclusi selezionati tra quelli che hanno già scontato, con buona condotta, almeno la metà della pena, che pedalano tutto il giorno su delle speciali cyclette in grado di produrre energia. L'elettricità ricavata dalla forza muscolare dei detenuti viene poi utilizzata per alimentare i lampioni stradali di una delle principali strade cittadine: ogni sera le batterie caricate dai “pedalatori” vengono portate in centro e usate per incrementare l'illuminazione dell’Avenida Beira Rio. I diretti interessati sembrano davvero entusiasti dell'iniziativa, anche perché in cambio del loro impegno riceveranno uno sconto di pena: un giorno di libertà in più per ogni tre giorni di cyclette.
Le esperienze italiane
E l'Italia? Qualche iniziativa di efficientamento del sistema di illuminazione pubblica è stata avviata anche da noi, con risultati piuttosto incoraggianti. A Prato, ad esempio, grazie alla sostituzione degli apparecchi illuminanti con lampade ad alta efficienza (in particolare, si tratta di lampade a vapori al sodio alta pressione o a LED, ndr) e all'installazione di sistemi di riduzione di flusso per le ore della notte a minor densità di circolazione, il Comune è riuscito a tagliare i consumi energetici di circa il 34%, riuscendo a risparmiare oltre 620.000 euro all'anno sulla bolletta elettrica. I primi in Italia a sperimentare una simile tecnologia, in realtà, erano stati gli amministratori del IV Municipio di Roma, che già nel 2008 avevano attrezzato una strada alla periferia di Roma, via dello Scalo di Settebagni, con un impianto di illuminazione pubblica in grado di regolare l’intensità della luce: una luce più fioca quando non c’è passaggio di auto o persone, una luce più intensa quando ce n’è bisogno. Il risparmio stimato, in questo caso, è stato del 65%, anche grazie all'uso di lampadine al silicio, che durano 40 volte di più delle tradizionali.
A Barletta, invece, in due strade del centro cittadino (corso Vittorio Emanuele e corso Giuseppe Garibaldi) sono stati installati dispositivi regolabili telegestiti, che puntano a un taglio dei consumi superiore al 32% su base settimanale. Nella sola notte tra il 30 aprile e il 1 maggio 2011, ad esempio, sono stati consumati 179 kilowattora (kwh) di elettricità contro i 266 soliti. Regolatori di flusso sono stati montati anche su 2.734 lampioni di San Giovanni in Marignano (Rimini), equipaggiati anche con armature di tipo cut-off per impedire la dispersione del flusso luminoso verso l'alto e con lampade a vapori di sodio e alta pressione (più efficienti di quelli al mercurio, ndr). Secondo la ditta installatrice (Umpi), a fronte di un investimento di 430mila euro (350mila per l'accensione di un mutuo e 80mila presenti come fondi derivanti da oneri di urbanizzazione), la spesa sarà ripagata in meno di 5 anni, grazie al risparmio sui consumi energetici, a cui vanno aggiunti i tagli ai costi di manutenzione, pari al 30-35%.
Una strada, quella della regolazione del flusso luminoso, che ha intenzione di percorrere anche il Comune di Bari, che recentemente ha emanato un bando di gara per l'installazione di lampioni a luminosità variabile. L'obiettivo? Tagliare i consumi (e la bolletta) del 30-40%. Un fine condiviso in pieno dall'amministrazione di Catania, che un progetto di ristrutturazione del parco lampioni, con l'obiettivo di ridurre i consumi energetici (e quindi i costi) per illuminare piazze e strade cittadine. Il progetto prevede l'installazione di 20.000 punti luce a LED, per un costo totale di 10 milioni di euro che il Comune di Catania ha ottenuto grazie a un finanziamento bancario. Un intervento rilevante (uno dei più significativi nel suo genere in Europa), che dovrebbe permettere alla città dell'Elefante di tagliare la bolletta energetica circa del 40%, recuperando l'investimento nel giro di 9 anni. Il progetto del Comune prevede infine l'installazione di un sistema di telecontrollo in grado di monitorare a distanza il funzionamento dei lampioni, scoprendo in tempo reale eventuali guasti, anomalie e finanche furti di rame.
La scelta dei LED è stata fatta anche dall'amministrazione di Torraca, in provincia di Salerno, dove sette anni fa sono stati sostituti i 700 punti luce pubblici con impianti a diodi, che hanno portato un risparmio delle bollette del 68% e un taglio dei costi di manutenzione dell’80%, grazie alla durata ventennale delle lampade. Lampade efficienti sono in arrivo anche a Bastia Umbra, in provincia di Perugia, dove il Comune ha recentemente approvato la sostituzione di circa 2.000 punti luce ubicati nelle zone residenziali del territorio comunale con apparecchi illuminanti di elevata efficienza (lampade a vapori di sodio ad alta pressione oppure ad alogenuri metallici).
La Regione Veneto, invece, ha scelto di offrire ai Comuni dei fondi per contrastare l'inquinamento luminoso. La Giunta regionale ha infatti approvato l’erogazione di contributi per un importo complessivo superiore a un milione 250.000 euro da destinare a 125 Comuni veneti per la predisposizione del Piano dell’illuminazione per il contenimento dell’inquinamento luminoso (Picil). Con successivi provvedimenti, la Regione prevede inoltre di valutare e finanziare le richieste per interventi di bonifica e adeguamento degli impianti esistenti e per la realizzazione dei nuovi impianti di illuminazione pubblica e di illuminazione stradale.
Anche la Provincia autonoma di Bolzano ha da poco introdotto nuove misure per contenere l'inquinamento luminoso. Si tratta in questo caso, di un provvedimento normativo che impone l'uso di apparecchi di illuminazione schermati (full-cut-off) e con un rendimento di almeno il 55%. Per quanto riguarda invece le sorgenti luminose, l'efficienza luminosa non dovrà essere inferiore ai 70 lumen/Watt, con radiazione ultravioletta e blu più bassa possibile ed una temperatura di colore massima pari a 4000 Kelvin. Il rapporto tra distanza dei pali della luce e altezza dei pali stessi dovrà essere superiore a 3,7, mentre nella fascia oraria compresa tra la mezzanotte e le 6 del mattino dovrà essere prevista la possibilità di riduzione dell'emissione di luce di almeno il 30 % rispetto al pieno regime di operatività. Per almeno 3 ore nella stessa fascia oraria, inoltre, dovranno essere spente insegne e scritte luminose, mentre sarà vietato l'uso di proiettori di fasci luminosi, sia mobili che fissi. Con questi nuovi criteri, l'amministrazione altoatesina punta non solo a prevenire l'inquinamento luminoso, ma anche a risparmiare energia e alleggerire la bolletta elettrica dei comuni.
Punta invece a diffondere tecnologie efficienti il progetto avviato dall’associazione Paesi Bandiera Arancione (che riunisce piccole località turistiche a cui il Touring Club Italiano ha assegnato il proprio marchio di qualità turistico-ambientale) e il gruppo Beghelli. Grazie all'accordo, i comuni aderenti potranno ottenere gratuitamente un progetto di restyling del sistema di illuminazione, realizzato fianco a fianco con gli stessi tecnici comunali. Per garantire il taglio dei consumi, i tecnici Beghelli installeranno punti luce a LED, ma anche lampade Sap (Sodio ad alta pressione) ad altissima efficienza. Il progetto, inoltre, prevede un sistema di telecontrollo dei lampioni che permette di regolare il flusso luminoso per ciascun punto luce. Per prima cosa, è prevista la dimmerazione notturna, ovvero la riduzione del flusso luminoso nelle ore della notte in cui il traffico è ridotto, ma sarà anche possibile regolare il flusso in modo diverso da lampione a lampione, ad esempio lasciando più luce in corrispondenza di incroci pericolosi, o riducendola ulteriormente in zone poco frequentate.
Il dibattito sulla sicurezza
Quello che rende ancora poco battuta la strada della riduzione dell'illuminazione stradale è ancora, principalmente, la convinzione che strade più buie siano anche più pericolose, sia dal punto di vista della sicurezza stradale che della criminalità. Il dibattito è aperto, ma diverse esperienze – soprattutto straniere – dimostrano che il binomio “luce uguale sicurezza” non è sempre valido. In alcune aree a nord di Bristol, ad esempio, lo spegnimento dei punti luce tra la mezzanotte e le cinque del mattino ha determinato una riduzione dei reati, come è stato certificato dalla stessa Polizia locale. Nel villaggio di Frampton Cotterell il tasso di criminalità è sceso addirittura del 50% in un anno, a Thornbury del 28 e a Bradley Stoke del 17%. I ladri, evidentemente, hanno bisogno di luce per compiere le loro malefatte, tanto che il Consiglio distrettuale del South Gloucestershire (l'area in questione, ndr) conta di andare avanti nel progetto di oscuramento, arrivando a risparmiare fino a 250.000 sterline all'anno sulla bolletta energetica. Un fenomeno simile, del resto, si era già verificato nella contea dell'Hertfordshire, dove le strade restano al buio fino alle 6. Anche lì il commissario aveva rassicurato i cittadini: lo spegnimento del 70% dei lampioni non ha comportato alcun aumento dei fenomeni criminali.
Ci sono, a onor del vero, anche casi che vanno nella direzione contraria, come quello di Milton Keynes, una città del Sud Est dell'Inghilterra dove l'amministrazione ha da poco rivisto la scelta di spegnere circa 2.700 dei 7.100 lampioni cittadini, che erano stati oscurati lo scorso settembre per ridurre la bolletta energetica della comunità. Il progetto prevedeva una ulteriore spending review energetica attraverso la modulazione del flusso luminoso di altri 3.300 punti luce, ma i recenti dati diffusi dalla Polizia locale hanno spinto l'amministrazione (che nel frattempo è cambiata, ndr) a fare marcia indietro. Nei tratti in cui i lampioni sono stati spenti, infatti, il numero di incidenti stradali sarebbe aumentato del 30%, per cui è stato deciso di ripristinare la situazione originaria. La riaccensione sarà avviata nelle prossime settimane, ma intanto non si placano le polemiche legate soprattutto ai costi che la comunità aveva sostenuto per l'acquisto dei regolatori di flusso luminoso e che ora dovrà affrontare per riportare la luce sulle strade.
Quel che è certo, comunque, è che non sempre strade più illuminate determinano una maggiore sicurezza per i cittadini. Secondo l'associazione CieloBuio, anzi, i pali della luce possono rappresentare un pericolo addirittura maggiore rispetto alla loro assenza, tanto che in Germania si sono verificati 3.600 incidenti contro dei lampioni, con 59 morti. A Chicago, invece, come segnala l'Unione astrofili italiani, dopo che l'intensità di alcuni lampioni stradali è stata portata da 90 a 250 Watt è stato registrato un aumento dei crimini del 21% solo nelle aree maggiormente illuminate, segno che non è detto che intensificare la luce contribuisca ad aumentare la sicurezza.
La “mania” dei LED
Le resistenze nei confronti di una illuminazione più contenuta, almeno in certe ore della notte, sono in ogni caso tarde a morire. Sarà anche per questo che molte amministrazioni preferiscono puntare sulla tecnologia LED come sistema per ridurre consumi e bollette pur mantenendo un livello di illuminazione invariato (se non addirittura maggiore rispetto ai lampioni tradizionali). Secondo un recente rapporto del Pike Research, intitolato “Smart street lighting”, le lampade a LED per l'illuminazione stradale passeranno dai meno di 3 milioni di unità attualmente installati a oltre 17 milioni nel 2020, soprattutto in virtù del fatto che i costi dei diodi sono calati del 50% negli ultimi 18 mesi. Quella del LED, in effetti, è di certo un'opzione che può dare un contributo importante nella lotta agli sprechi energetici nell'illuminazione pubblica, anche se sarebbe probabilmente un errore considerarla la panacea di tutti i “mali da eccesso di luce cittadina”.
Prima di tutto, perché i diodi costano ancora molto rispetto alle lampade a Sodio ad alta pressione (ad Alessandria, ad esempio, un ambizioso progetto di sostituzione dei vecchi pali della luce ha determinato un aumento significativo dei costi per l'illuminazione negli ultimi 3 anni), e poi perché, al di là dei costi, non sempre bastano a migliorare la qualità dell'illuminazione stradale.
Le sfide future
Il futuro dell'illuminazione intelligente, in definitiva, è ancora in larga parte da scrivere, in Italia ma non solo. Una sfida importante riguarda le scelte del Paesi emergenti, per i quali l'aumento dell'efficienza energetica rappresenta forse un aspetto ancora più decisivo. Ad oggi, sono già una cinquantina gli Stati in via di sviluppo che hanno aderito all'iniziativa En.lighten promossa dall'Unep, il programma ambientale delle Nazioni Unite, e dal Global environment facility (Gef), impegnandosi a eliminare progressivamente le lampade ad incandescenza entro il 2016. Secondo le stime dell'Onu, il passaggio a sistemi di illuminazione efficienti dovrebbe consentire di ridurre il consumo mondiale di elettricità del 5% annuo, con un risparmio di 490 milioni di tonnellate (Mt) di CO2 all'anno (ovvero quelle emesse nello stesso periodo da circa 122 milioni di automobili di media cilindrata).
Recentemente, le Nazioni Unite hanno anche inaugurato a Pechino il Centro globale di illuminazione efficiente (Global efficient lighting centre, Gelc), che punta a supportare il rapido aumento dell'efficienza energetica nel settore dell'illuminazione nelle economie emergenti. In particolare, la struttura fornirà consulenza tecnica per lo sviluppo e l'attuazione di efficaci meccanismi di sorveglianza della qualità dei sistemi di illuminazione; effettuerà test di controllo commissionata dai governi e dal settore privato; fornirà servizi di orientamento professionale e di formazione tecnica per la sperimentazione di prodotti per l'illuminazione; offrirà infine una guida esperta per le questioni politiche e regolamentari connesse con l'illuminazione efficiente.
Sul versante comunitario, invece, è da poco stato introdotta una nuova normativa europea in materia di etichettatura energetica delle lampadine sia per uso domestico che professionale. Prima di tutto, anche i produttori di lampade per uso professionale dovranno apporre sui dispositivi le energy label, così come le aziende che realizzano altri tipi di prodotti con corpi illuminanti incorporati, come scaffali e altri mobili. La nuova disciplina, inoltre, si applica a lampade a filamento, lampade fluorescenti, lampade a scarica ad alta intensità, lampade e moduli LED. Nel caso dei LED, in particolare, il Regolamento Ue individua alcune categorie che sono esenti dall'obbligo di etichettatura, come le lampade e i moduli con un flusso luminoso inferiore a 30 lumen o quelli commercializzati per funzionare con batterie.
Per il resto, l'Unione europea ha imposto che l'etichetta sia apposta obbligatoriamente non solo sull'imballaggio della lampada e sulla scheda tecnica allegata, ma anche su volantini promozionali e locandine pubblicitarie. Quanto alle informazioni da fornire all'acquirente, oltre alla classe energetica della lampadina (con relativa banda colorata dal verde al rosso), l’etichetta dovrà riportare le seguenti informazioni: il nome o marchio del fornitore; il codice che distingue un dato modello specifico di lampada da altri modelli dello stesso marchio; la classe di efficienza energetica; il consumo annuo ponderato di energia in kWh per 1.000 ore di utilizzo.
Sia la classe energetica che il livello di consumo devono essere calcolati seguendo precisi standard indicati nello stesso Regolamento europeo. Le classi di efficienza, come per gli elettrodomestici e gli altri dispositivi alimentati elettricamente, vanno dalla E (consumi maggiori, “freccia” di colore rosso) alla A++ (dispositivi più efficienti, colore verde intenso). L'Ue spera che le nuove norme possano incentivare la diffusione sul mercato comunitario di prodotti a basso consumo energetico e incoraggiare i produttori ad aumentare l'efficienza dei loro dispositivi.