Sondaggio ISPO: bioshopper okay per gli italiani. CONAI: il recupero imballaggi biodegradabili
Presentato un sondaggio ISPO su plastica, bioshopper e “chimica verde” promosso da Assobioplastiche. Oltre il 90% ritiene la legge che ha abolito la plastica doverosa per la tutela dell’ambiente; il 45% sa che biodegradabile non significa compostabile e il 60% crede che la “chimica verde” possa essere un settore italiano di sviluppo. CONAI presenta il progetto “Recupero Imballaggi Biodegradabili"
24 January, 2013
ISPO Ricerche di Renato Mannheimer ha presentato presso il Circolo della Stampa di Milano la terza puntata - novembre 2012 – dello studio realizzato per conto di Assobioplastiche sugli atteggiamenti degli italiani nei confronti del passaggio buste plastica – bioshopper e della “chimica verde”. L’indagine ha coinvolto un campione di 800 italiani, secondo ISPO rappresentativo della popolazione italiana, con un margine di approssimazione del 2-3 % rispetto all’universo di riferimento.
Il sondaggio è alla terza puntata (maggio 2011, gennaio 2012 e novembre 2012) e ha seguito le vicende italiane della legge che ha abolito l’uso delle buste di plastica per la spesa e istituito sanzioni che dovevano entrare in vigore nel 2014, ma sono state anticipate a gennaio 2013. Inoltre sono state verificati la consapevolezza della distinzione tra «biodegradabile» e «compostabile», il giudizio sugli shopper compostabili e l’atteggiamento nei confronti della “chimica verde”, ossia “quella branca della chimica che utilizza anche materie prime rinnovabili di origine agricola, come oli o amidi, in prodotti finali a basso impatto ambientale. Ad esempio: oltre alle bioplastiche lubrificanti, anche additivi per gomme e fibre”.
La certezza che il bando degli shopper di plastica sia un passo avanti nel rispetto dell’ambiente e l’idea che un’imposizione di legge sia positiva appartiene ormai a circa il 90% degli italiani. Il 62% poi sostiene che le sanzioni per i trasgressori sarebbero dovute entrare in vigore sin dal 2011, avendo avuto i produttori “tutto il tempo per adeguarsi”. Percentuali che salgono ancora di più nella classe 18-24enni.
Consapevoli della distinzione tra biodegradabile e compostabile poco meno della metà degli intervistati (45%), ma chi lo è ha acquisito nel tempo maggiore capacità di distinguerli, conoscendo ad esempio meglio il mais, come componente del compostabile. A conoscenza invece dell’esistenza di una certificazione per la distinzione tra biodegradabile e compostabile, solo il 16%. Rispetto alla chimica verde, solo un quarto del campione ne ha già sentito parlare, ma si riscontra un atteggiamento generalmente favorevole, in particolare tra i più istruiti e i più esposti alle informazioni sui materiali compostabili.
Marco Versari, presidente di Assobioplastiche, ha poi elencato alcuni punti cruciali del settore e del cambiamento in atto in Italia. La legge che bandisce gli shopper di plastica attende ancora il decreto interministeriale del Ministero dell’Ambiente e l’attesa è importante soprattutto per la categoria dei “compostatori”. Devono essere ancora definiti i materiali davvero “compostabili” e ciò è rilevante se si pensa che il 35/40% della raccolta differenziata italiana riguarda l’umido, frazione che non può prescindere da un compostaggio pulito.
Sempre al Circolo della Stampa è stato poi presentato anche lo studio CONAI, primo in Europa e realizzato assieme ad alcuni stakeholder, sulla gestione a fine vita degli imballaggi biodegradabili. Come si definisce una bioplastica? Quale impatto nei cicli di
riciclo? Come si ricicla? Quali informazioni vanno date ai cittadini?
Ha dato queste risposte il Direttore Generale CONAI, Walter Facciotto, spiegando il lavoro del Gruppo di esperti voluti da CONAI, che ha incluso i produttori di materie prime biodegradabili (come BASF e Novamont), i grandi utilizzatori (Barilla e COOP), i consorzi CIC (Compostatori) e COREPLA (imballaggi plastica), le Associazioni Assobioplastiche e Federazione Gomma-Plastica e l’Università La Sapienza.
Gli studi del gruppo di lavoro hanno verificato la biodegradabilità e riciclabilità degli imballaggi immessi sul mercato e definiti “biodegradabili”. Le conclusioni del lavoro CONAI sono che – per gli imballaggi biodegradabili – è cruciale, nella comunicazione al cittadino, legare il concetto di “biodegradabilità” al tempo preciso di degradazione. Un imballaggio dovrebbe essere definibile “biodegradabile” solo se il processo avviene entro un tempo massimo stabilito, utilizzando uno standard di riferimento come quello della norma UNI EN 13432-2002. Inoltre gli studi sul ciclo di vita dei prodotti hanno dimostrato che anche per gli imballaggi biodegradabili il riciclo meccanico è quello che ha il minore impatto ambientale.
Intervista a Walter Facciotto (CONAI) sugli imballaggi biodegradabili: