Rifiuti, quindici arresti. Tra loro anche il presidente della Provincia di Benevento
L'inchiesta riguarda le presunte irregolarita' nei collaudi di numerosi impianti combustibile da rifiuti da Repubblica on - line
03 June, 2009
Un nuovo terremoto giudiziario scuote la Campania. L'argomento, caldissimo, riguarda ancora i rifiuti. All'alba in una operazione congiunta la Dia napoletana guidata da Maurizio Vallone e la Guardia di Finanza hanno eseguito 15 ordinanze, tutti gli indagati sono agli arresti domiciliari. Questi i nomi: il presidente della Provincia di Benevento Aniello Cimitile, i docenti Oreste Greco, Vincenzo Naso, Rita Mastrullo e Filippo De Rossi; Giuseppe Vacca (attualmente in servizio presso il termovalorizzatore di Acerra); l'architetto Claudio De Biasio, già coinvolto in un'inchiesta per irregolarità nello smaltimento rifiuti; Luigi Travaglione, dipendente dell'ufficio tecnico di Benevento; Giuseppe Sica; Vittorio Colavita; Alfredo Nappo; Vitale Cardone; Mario Gily e Francesco Scaringia. Le ordinanze sono state firmate dal gip Aldo Esposito su richiesta dei pm Giuseppe Noviello, Paolo Sirleo e Alessandro Milita.
L'accusa per tutti è di falso ideologico. L'inchiesta appunta la sua attenzione sui collaudi degli impianti di Cdr di Giuliano e Caivano, nel Napoletano, e di Casalduni, nel Sannio. I collaudi effettuati attestarono l'idoneità degli impianti di Cdr e la conformità del loro prodotto alle specifiche del contratto stipulato tra Regione Campania e Fibe, società del gruppo Impregilo che ha gestito lo smaltimento dei rifiuti nella regione dal 1998 al 2005.
Cimitile, in particolare, ex rettore dell'università del Sannio, è indagato in quanto collaudatore e non nella sua veste di presidente della Provincia. Nell'attività delle commissioni di collaudo si sarebbe registrata, è la tesi dell'accusa, una costante violazione dei doveri di verifica previsti dall'incarico. Dalle indagini condotte dalla Dia e dalla Finanza emergono anche rilievi sui criteri adottati per la composizione delle commissioni di collaudo.
Uno dei testimoni, l'ex presidente della Regione Andrea Losco, aveva indicato come parametri la necessità di scegliere un professore universitario, un esperto in materia tecnica e uno in materia amministrativa. Secondo gli inquirenti invece le scelte sarebbero state dettate da logiche "fiduciarie", in base a conoscenze personali se non addirittura "meramente clientelari". In un caso, quello di un collaudatore non coinvolto in questo filone, era stata nominata una persona munita solo del diploma di scuola media inferiore. Adesso la parola passa agli avvocati difensori degli indagati che potranno replicare alle accuse negli interrogatori "di garanzia".