Energie alternative per la mobilità
Appare ancora lontano il raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto del 1997
03 November, 2003
di Antonio Coppola* Sconvolgimenti climatici, inquinamento atmosferico e condizioni di caos, tali da rendere invivibili le principali metropoli e mettere in crisi molte altre realtà ed ecosistemi, hanno cessato, ormai, di rappresentare solo un’incombente minaccia, per divenire dei processi in atto di cui avvertiamo le conseguenze direttamente sulla nostra pelle. I ripetuti record della colonnina di mercurio ed i sempre più frequenti blocchi della circolazione veicolare per il superamento dei livelli di guardia di polveri sottili ed altre sostanze nocive prodotte dai gas di scarico non sono altro che una conferma di quanto ognuno di noi già da tempo chiaramente percepisce. Ciononostante, le politiche attuate ed i provvedimenti adottati dai diversi paesi industrializzati per contrastare tale stato di cose ed invertire la tendenza in corso sono ancora carenti, sia sotto il profilo di una maggiore integrazione ed equilibrio tra i diversi modi di trasporto, sia per quanto riguarda il risparmio energetico e lo sviluppo di tecnologie in grado di sfruttare risorse alternative e fonti rinnovabili. Non a caso, siamo ben lontani dal raggiungere gli obiettivi fissati nel protocollo di Kyoto del 1997 in base ai quali l’Unione Europea dovrebbe entro il 2010 ridurre dell’8% le emissioni di gas serra nell’atmosfera. Infatti, stando alle ultime stime, in assenza di forti impulsi, non si riuscirebbe ad ottenere che una diminuzione del 2%. E ciò anche per colpa dell’Italia che, invece di rispettare l’impegno concordato di un taglio del 6,5% degli ossidi di carbonio, ne ha addirittura aumentato la produzione del 5,5%. D’altro canto, alcuni paesi non hanno neppure ratificato il protocollo. Tra questi gli Stati Uniti ove l’amministrazione Bush, ha deciso di stanziare 4,5 miliardi di dollari per ricerche scientifiche finalizzate, implicitamente, a mettere in discussione il rapporto tra gas serra e cambiamenti climatici, e poter, così, giustificare la propria scelta di continuare a perseguire vecchie politiche energetiche, per alcuni ancora convenienti dal punto di vista economico, ma insufficienti a risolvere i numerosi problemi di cui l’ambiente sempre più soffre. Se, però, non tutti gli esperti concordano ancora sulla preminente responsabilità dell’attività antropica in merito all’innalzamento della temperatura media del pianeta, riguardo l’incidenza di agenti inquinanti quali ossidi di azoto, monossido di carbonio, particolato, biossido di zolfo, e idrocarburi volatili sulla salute dell’uomo, il mondo scientifico è pressoché unanime nel correlare le elevate concentrazioni nell’aria di queste sostanze con varie neoplasie e malattie a carico anzitutto dell’apparato respiratorio e circolatorio. Siffatta sorta di veleni, com’è noto, risulta prodotta essenzialmente dall’utilizzo di combustibili fossili, ovvero, in buona parte dal funzionamento dei motori a scoppio. E ciò costituisce uno dei principali motivi per cui in molti centri urbani, interessati da frequenti fenomeni di congestione del traffico veicolare, sono sempre più spesso adottati vari sistemi di disincentivo all’uso del mezzo privato, se non addirittura provvedimenti di inibizione della circolazione. Evidentemente, però, privarci di uno strumento così utile e versatile nel rispondere alle diverse esigenze di spostamento, qual è l’automobile, non può certo rappresentare il modo migliore di concepire la mobilità sostenibile. Ecco, quindi, la necessità di ripensare al concetto di veicolo individuale, non solo in termini di forme d’utilizzo più efficienti e razionali, come ad esempio il car sharing o il car pooling, ma anche sotto il profilo energetico e tecnologico, in modo da attenuare uno dei principali problemi ad esso legati, ossia: l’impatto ambientale. Non a caso, argomenti di grande attualità sono proprio la ricerca nel campo tecnologico per lo sviluppo di vetture ecologiche ed il dibattito sulle aspettative e le difficoltà connesse alla diffusione dei motori a zero emissioni. È recente la notizia di un piano d’investimento europeo e americano per il progresso delle tecnologie basate sull’idrogeno e del relativo accordo tra UE e USA per garantirne i finanziamenti in 2,1 miliardi di euro. È bene, comunque, precisare che questo leggerissimo gas dalle straordinarie potenzialità, su cui molti scienziati ed uomini politici ripongono le proprie speranze per sconfiggere l’inquinamento atmosferico delle nostre città, pur essendo uno degli elementi più diffusi in natura, non è facilmente disponibile come alcune risorse minerarie; bisogna, infatti, produrlo ricavandolo dall’acqua, con dispendio d’energia elettrica, o dal metano e dal metanolo attraverso processi di reforming. Tale aspetto ed altri di natura tecnica, economica o geopolitica, quali lo stoccaggio a bordo, l’alto costo delle celle a combustibile, la mancanza di una capillare rete di distributori, lo scarso utilizzo delle fonti d’energia rinnovabili, e l’assenza di valide alternative ai materiali plastici tradizionali, nonché gli interessi delle lobby del petrolio e di alcuni paesi, fanno sì che sia ancora lontana la data del definitivo passaggio alla cosiddetta civiltà dell’idrogeno. Tuttavia, la situazione d’emergenza ambientale venutasi a creare non ci permette di attendere, come prevedono gli esperti del settore, altri 20, 30 anni (prototipi di macchine ad idrogeno erano già stati realizzati negli anni ‘70) perché si inizi a ridurre sensibilmente l’impatto dei trasporti e delle attività industriali sulla qualità dell’aria e sugli equilibri naturali. Del resto, non sappiamo se i danni oggi prodotti saranno in futuro reversibili. Vi è, pertanto, l’esigenza di adottare solleciti ed efficaci provvedimenti, in grado di apportare concreti e duraturi benefici, in particolare negli insediamenti urbani. E ciò non con provvisorie, indiscriminate e spesso inutili limitazioni al traffico, né tanto meno attraverso estremi salvataggi di bilanci aziendali camuffati da eco-incentivi, bensì con mirate politiche di gestione della mobilità ed articolati programmi di promozione e finanziamento di soluzioni già collaudate e disponibili. Ci si riferisce alle auto elettriche ed a quelle ibride, ovvero dotate di un doppio motore (a combustione interna ed elettrico), ma anche alle vetture alimentate con carburanti alternativi come metano, GPL, e biodiesel. Tutte queste, infatti, sono molto meno inquinanti delle tradizionali a benzina o a diesel, e compaiono, ormai, sui listini di diverse case automobilistiche. Dunque, la strada per uno sviluppo ed una mobilità sostenibili è più vicina di quel che si pensi: basta volerla davvero percorrere. * direttore Aci Napoli