UNA NUOVA ENERGIA PER SALVARE LA TERRA
15 July, 2004
ROBERT T. WATSON (Responsabile Scientifico World Bank) Le attività dell´uomo stanno, inevitabilmente, cambiando il clima della Terra. La questione, tuttavia, non è se il clima della terra cambierà in conseguenza delle attività dell´uomo, ma piuttosto dove, quando e quanto. Il clima della Terra si è riscaldato mediamente di 0.6?C negli ultimi 100 anni. Le temperature degli anni ?90 sono state tra le più calde registrate strumentalmente; gli andamenti temporali e spaziali delle precipitazioni sono cambiati; i livelli dei mari sono saliti dai 10 ai 25 cm; la maggior parte dei ghiacciai non polari si stanno sciogliendo e l´estensione dei ghiacci nella zona artica segna diminuzioni durante le estati. Il riscaldamento negli ultimi 50 anni può essere attributo alle attività dell´uomo - che hanno causato l´aumento delle concentrazioni di gas serra nell´atmosfera come risultato della combustione di combustibile fossile e della deforestazione tropicale - piuttosto che a cambiamenti determinati dalle radiazioni solari o da altri fattori naturali. I cambiamenti del livello dei mari, l´estensione dei ghiacciai e il regime delle precipitazioni - piogge e nevi - sono connessi con un clima più caldo. Le proiezioni relative ai cambiamenti nelle concentrazioni atmosferiche dei gas serra e di altri aerosol danno come risultato un aumento delle temperature medie tra il 1990 ed il 2100 da 1.4 a 5.8?C, con zone terrestri che si riscalderanno più degli oceani. Le precipitazioni globali tenderanno ad aumentare, ma questi aumenti e abbassamenti in regioni particolari saranno accompagnati da precipitazioni più intense nella maggior parte delle regioni mondiali e il livello del mare tenderà a salire tra 8 e 88 cm tra il 1990 e il 2100. L´incidenza di eventi climatici estremi tenderà ad aumentare, come ad esempio le giornate di gran caldo, alluvioni e siccità. I cambiamenti climatici del XXI secolo avverranno molto più velocemente rispetto a quelli degli ultimi 10mila anni, con conseguenze maggiori per i paesi in via di sviluppo e le genti povere che li popolano. Le piccole isole basse e le regioni del delta dei paesi sottosviluppati del sud asiatico, del sud Pacifico e dell´Oceano Indiano, tenderanno a sparire sotto l´acqua, causando decine di milioni di senzatetto durante questo processo; l´esposizione delle persone alla malaria e alla febbre dengue, già dilagante ai tropici e sub-tropici, potrebbe aggravarsi sempre di più; i raccolti diminuiranno moltissimo in Africa, America Latina e in altri paesi in via di sviluppo, e l´acqua dolce potrebbe scarseggiare ulteriormente in molte zone del mondo dove già adesso se ne registra un´insufficiente disponibilità. Il cambiamento climatico aggraverà inoltre la perdita della biodiversità, aumentando il rischio d´estinzione di molte specie, specialmente quelle che sono già a rischio a causa di fattori come una scarsa popolazione, habitat sacrificati o mutevoli e limitate gamme climatiche, e avere impatti avversi negli ecosistemi essenziali per lo sviluppo sostenibile. Per 800 milioni di persone che vanno a letto affamate la sera e per altri due miliardi di esseri umani esposti a malattie parassitarie e alla mancanza d´acqua, il progredire del cambiamento climatico minaccia di portare un carico sempre maggiore di sofferenze. In gioco è la possibilità di uno sviluppo equilibrato e a lungo termine che possa consentire ai più poveri di sfuggire alla povertà stessa. Per evitare un cambiamento inaccettabile del clima della Terra è imperativo che cambiamo il nostro modo di produrre e di utilizzare l´energia. Tuttavia, realizzare il potenziale tecnologico, che pure esiste, per ridurre le emissioni dei gas serra in modo da avere un´efficacia nei costi, richiederà una volontà politica come non si è mai vista fino ad oggi. Proprio da questa valutazione emerge, a mio parere, il valore di un appuntamento come quello organizzato dal presidente della Regione Toscana Claudio Martini a San Rossore i prossimi 15 e 16 luglio. L´idea di mettere a confronto sul problema dei cambiamenti climatici non solo scienziati e meteorologi, ma politici e amministratori, economisti e demografi, politologi e filosofi esprime bene l´idea che un problema di queste dimensioni si può affrontare e, auspicabilmente, risolvere soltanto avviando una grande riforma politica e culturale. Altrimenti il rischio è che la storia ricordi questa generazione come quella che ha utilizzato i carburanti fossili e le risorse ambientali in generale a spese delle persone più povere e disagiate e soprattutto delle generazioni future.