Animali e piante senza futuro un quarto estinto tra 50 anni
Le previsioni di diciannove ricercatori da tutto il mondo su "Nature": causa è il riscaldamento globale
15 July, 2004
Tempi duri per i falchi e le aquile, che invece si adatteranno più difficilmente a trovare luoghi dove posarsi e riprodursi Le specie capaci di migrare o di adattarsi velocemente, come le oche grigie e artiche, avranno una sorte migliore delle altre SYLVIE COYAUD Quest´anno, diciannove ricercatori di altrettanti istituti in Stati Uniti, Brasile, Australia, Gran Bretagna, Sudafrica e Olanda, hanno pubblicato sulla rivista "Nature" un articolo intitolato "Extinction risk from climate change". È il primo calcolo statistico delle specie che si estingueranno entro il 2050 a causa del riscaldamento globale. C´è voluto un bel coraggio, soprattutto per il coordinatore e portavoce del gruppo, Chris Thomas del Centre for Biodiversity and Conservation all´università di Leeds. Fin qui, tutti quelli che azzardavano qualche cifra erano accusati di fare carte false pur di frenare lo sviluppo economico e di strangolare il libero mercato, come nella celebre rissa del 2002 in cui Bjørn Lomborg, l´autore dell´ "Ambientalista scettico" ridicolizzava i dati di Edward Wilson, il naturalista di Harvard, e ne era ricambiato di cuore. Nessuno ridicolizza il lavoro di Thomas e colleghi. Pieno di equazioni, va detto che non chiama le masse alla riscossa della tigre siberiana o della tarantola dal ginocchio rosso. Si limita a sostenere che certe leggi esponenziali consentono di prevedere le estinzioni delle specie per ogni habitat (le costanti delle equazioni) in funzione dell´aumento della temperatura e dell´anidride carbonica (le variabili). E lo fa dimostrando che sono leggi valide a ritroso, quando vengono applicate alle estinzioni avvenute dal 1970 in poi per le quali i dati raccolti sul campo sono al di sopra di ogni sospetto di esagerazione. La ricerca di Thomas si basa su territori campioni di terre e mari fra Polo Nord e Sud a rappresentare un buon quinto del pianeta, e sugli animali, le piante e persino i licheni della "lista rossa" della World Conservation Union, l´elenco aggiornato ogni anno in occasione del vertice tra i paesi firmatari della Convenzione mondiale sul commercio delle specie a rischio. La matematica di Thomas è più sottile di quella della lista rossa e lo scenario di cui ha tenuto conto fino al 2050 è meno catastrofico di quello che girava al Pentagono pochi mesi fa. I risultati sono desolanti, comunque. Se nel prossimo mezzo secolo ci saranno da 0,8 a 1,7 grado in più e se il livello di anidride carbonica salirà a 500 parti per milione, scomparirà il 18% delle specie. Con aumenti da 1,8 a 2? C e fino a 550 ppm (parts per million) di anidride carbonica, ne scomparirà il 24%, e addirittura il 35% con aumenti appena superiori. Si tratta di una media molto generale e di un modello semplificato, ma è l´inizio, la base sulla quale altri ricercatori cominciano ora a costruire edifici di misure e previsioni, proprio com´è accaduto nei decenni scorsi con i modelli di evoluzione del clima. Thomas e i suoi coautori hanno anche messo a punto dei metodi per distinguere tra le specie capaci di migrare, disperdersi o adattarsi velocemente, e le altre. Le altre avranno un tasso di estinzione doppio. Per esempio le oche grigie e artiche se la caveranno, volano ogni anno per migliaia di chilometri e qualche posto dove posarsi e riprodursi, finiranno per trovarlo, falchi e aquile no. Non importa, diceva Bjørn Lomborg a Edward Wilson, il milione e passa delle specie censite fino a oggi rappresenta sì e no il 10% di quelle esistenti sulla Terra, ce ne resteranno tante. È vero, resteranno quelle più robuste o abituate a convivere con noi: i rovi e i topi, per esempio.