Al Gore e Romano Prodi in coppia al forum di San Rossore sul clima
dal sito www.articolo21.com
16 July, 2004
di Daniela Binello Pisa - C’era una volta la storiella della rana, quella del “senno di poi”. Se la metti in un pentolone d’acqua bollente, quella balza subito fuori, mica scema la rana. Se, invece, la metti in una pentola colma d’acqua fredda e poi accendi il gas e piano piano il liquido comincia a salire di temperatura, la povera rana sta lì a farsi cuocere a fuoco lento, senza capire che la situazione è cambiata. “Anche noi siamo come la ranocchia - spiega Al Gore, vicepresidente americano all’epoca di Clinton e oggi proprietario del canale televisivo News World International, che ha sostenuto con una campagna d’educazione su vasta scala la produzione del film The day after tomorrow -. Non sempre percepiamo la pericolosità di un cambiamento, se avviene gradualmente”. Siamo al meeting internazionale di San Rossore, organizzato per la quarta edizione dalla Regione Toscana, quest’anno dedicato ai cambiamenti climatici del pianeta. Al Gore e Romano Prodi chiudono la mattinata del primo giorno; modera Antonio Di Bella, direttore del tg3 della Rai. “Un aumento di cinque gradi della temperatura media mondiale, provoca solo +1° all’equatore, ma +12° ai poli - prosegue Gore -, il che spiega, ad esempio, i fenomeni di desertificazione che interessano anche l’Italia o il prosciugamento del lago d’Aral”. Sullo schermo, intanto, scorrono le bellissime immagini della Terra vista dallo spazio, le stesse che avete visto molte volte anche voi. Il nostro globo appare come una sfera blu e verde, molto più attraente rispetto a ciò che gli sta intorno, che poi è parecchio lontano da noi. Aloni e vapori piuttosto densi, però, ne soffocano spesso la nitidezza, tanto che l’immagine (vera) sembra appannarsi sempre di più. Perché sprecare così l’unico posto dove ci è consentito di vivere e svilupparci? Perfino la chiffchaff (cinciallegra) ha deciso d’anticipare le sue migrazioni nelle regioni più calde a causa dei cambiamenti climatici. Potrebbe sembrare una buona notizia, finalmente, se non fosse che l’allarme sul fenomeno del surriscaldamento del pianeta fu lanciato da Newsweek nel 1988, ma da allora non è stato fatto molto per ridurre, drasticamente a questo punto, le emissioni di gas che provocano l’effetto serra. “Il protocollo di Kyoto, da solo, non farà alcuna differenza sul clima - ammette Gore -, ma resta il fatto che si continua a insistere con una teoria pericolosamente sbagliata, e cioè nel voler ritenere che se un problema è troppo grande per risolverlo, allora è meglio lasciar tutto come stava”. “A dieci anni studiavo geografia - racconta l’ex vicepresidente americano - e un mio compagno notò che i contorni delle coste occidentali dell’America Latina sembravano combaciare, in qualche modo, con quelli di un lato del continente africano. La maestra commentò che era la cosa più stupida che avesse mai sentito. Sapete che fine hanno fatto quei due? Il mio compagno di scuola è diventato tossicodipendente e la maestra è stata scelta come consigliere scientifico di Bush”. Poi, Gore, in maniche di camicia e con l’aria di eterno ragazzo, si risiede in poltrona e si gode l’effetto suscitato dalla sua “hit wave”, visto che parliamo di clima. “Nel 1992 a Rio - interviene Romano Prodi -, si cominciò a ragionare sull’ambiente in maniera collettiva e, soprattutto, ci si confrontò per la prima volta sulle condizioni che il degrado ambientale provocava nei paesi più svantaggiati. Si decise, allora, di innalzare dallo 0,35 allo 0,70 per cento l’aiuto che i paesi industrializzati dovevano destinare a quelli in via di sviluppo. Ma finora è solo dello 0,22 per cento il sostegno erogato. Dunque, Rio aveva preparato una strategia, ma non si è stati capaci di prevedere il quadro politico entro cui questa strategia avrebbe potuto realizzarsi”. “Kyoto, analogamente, poteva rappresentare solo un primo passo - conclude il presidente della Commissione europea -, ma non si è superato il difficile problema della ratifica. Come sapete, si devono ottenere il 65 per cento delle ratifiche per potere applicare il Protocollo. Anche ieri ho telefonato a Putin, che sto cercando di convincere suI parametri di Kyoto. Gli ho detto: “O c’è una ratifica, oppure tutti gli strumenti preparati, le attese, le speranze che abbiamo, risulteranno vane”. Un sì della Russia farebbe una grande differenza, se lo confrontiamo con il diniego degli Stati Uniti. E poi, una battuta sulla democrazia. “E’ un metodo sfiancante, stancante, difficile - dice Prodi - quest’abitudine europea di cercare le soluzioni con il dialogo e il confronto continui, ma il discorso è che mica si possono risolvere le cose per imposizione”. Di Bella riprende la metafora del metodo europeo della “democrazia affaticata” e la mette a confronto con la battaglia per l’egemonia culturale che negli Stati Uniti è l’obiettivo dei neocon e in Italia del berlusconismo. Il presidente della Commissione europea ribatte: “Multilateralismo non è mica essere disarmati, o rinunciare alla difesa. Significa, invece, lavorare e ragionare tutti assieme. Ciò che sta facendo la California per gli Stati Uniti, lo deve fare la Toscana per l’Italia ed è in questo senso che io vi perdono - dice Prodi rivolgendosi al presidente della Regione Toscana Claudio Martini - la vostra proverbiale superbia”. Martini, sostenitore da sempre di una globalizzazione rispettosa dei diritti dei più deboli attraverso una serie d’iniziative a favore di aree del mondo svantaggiate (contribuendo, ad esempio al programma “Fame Zero” del Brasile, cui la Toscana eroga l'accantonamento di un centesimo di euro per ogni metro cubo di acqua potabile consumata, finanziando l’installazione di numerose cisterne d’acqua), ha lanciato quest’anno l’idea di allargare il mercato comunitario delle emissioni di CO2. Il mercato delle emissioni, introdotto dall’Unione europea con la direttiva dell’ottobre dell’anno scorso, prevede che le imprese che operano nel settore dell’energia, del vetro, cemento, ceramica e dei minerali non metalliferi, riducano le emissioni di anidride carbonica. Per l’Italia l’obiettivo è del 6,5 per cento entro il 2012. Se lo faranno, otterrano un “credito” in termini di emissioni di CO2. Il credito è poi vendibile ad altri paesi che non sono stati capaci di raggiungere gli obiettivi assegnati. “La Toscana - spiega Martini - vuole creare un network di regioni, enti e imprese capaci di consorziarsi in una rete internazionale. Il nostro progetto prevede di ridurre le emissioni di CO2 di circa 1,5 milioni di tonnellate, per un valore sul mercato di circa 10 milioni di euro. Potremo impiegare queste risorse per sostenere alcuni progetti di cooperazione internazionale che incentivano, mediante l’innovazione tecnologica, la riduzione dei gas serra”. Inutile ricordare quanto siano dannosi per l’ambiente gli sbalzi climatici di questi anni, con conseguenze negative per la salute. L’estate scorsa, per l’afa, si è toccato il record di mortalità fra gli anziani, mentre continuiamo a essere colpiti da piogge eccezionali che provocano frane e alluvioni, con l’aumento dell’intensità dei venti. “Non ci si meravigli, allora - conclude Martini - se quest’anno abbiamo scelto il clima come tema del meeting di San Rossore, tradizionalmente imperniato sui temi della pace. La pace non è solo fare cessare i conflitti: anche la gestione dell’ambiente è uno strumento per la sostenibilità della pace”. Per quali vie si costruisce la pace? “La pace non è la sconfitta del campo avversario - conclude il presidente della Regione Toscana -. E’ invece mediante la prevenzione di nuovi conflitti che si realizzano le condizioni di una vita migliore per chi non ce l’ha”.