Animali e ambiente, nella Costituzione c'è posto
La Camera modifica l'art. 9 della Carta praticamennte alll'unanimità. Tra i principi fondamentali entra il diritto del "non umano". Ora tocca al Senato
29 October, 2004
Alfonso Gianni La Repubblica italiana «tutela il paesaggio e il patrimonio storico, artistico e culturale della Nazione; tutela altresì l'ambiente, anche nell'interesse delle generazioni future. Protegge le biodiversità e promuove il rispetto degli animali». Lo dice l'articolo 9 della Costituzione, nella nuova formulazione votata ieri in aula alla Camera da tutti i gruppi. Con il provvedimento, che passa ora all'esame del Senato, i principi fondamentali del nostro ordinamento si arricchiscono di nuovi concetti, derivati dalla storia della terra e dell'umanità e entrati nel comune sentire negli anni che ci separano dal 1948. Un atto importante, che conferma una nostra convinzione: che il testo lasciatoci dai padri costituenti non ha perso affatto validità, ma necessita di essere aggiornato alla luce dei nuovi problemi materiali e delle nuove consapevolezze. Perciò la modifica dell'articolo 9 non potrà essere usata dalla maggioranza, né da nessun altro, come una specie di foglia di fico per coprire le vergogne delle modifiche dei 43 articoli della seconda parte della Costituzione. Il metodo scelto per la discussione di questo articolo 9 è stato diverso: da più parti politiche si è concorso positivamente a un unico fine e il voto ha segnalato un consenso talmente allargato da rendere non necessario, se anche al Senato le cose andranno in maniera analoga, un referendum confermativo popolare. Ma il punto, più profondo, è la qualità del dibattito: una volta tanto siamo stati all'altezza di essere dei veri «costituenti», nel significato profondo di questo termine. Nel concerto internazionale si dibatte tra i giuristi su che cosa sia la stesura della Costituzione: la Costituzione conclude un processo di acquisizione di conoscenze, di consapevolezze e di sentimenti da parte dei popoli o, invece, apre tale processo? Nel primo caso ovviamente si sottolinea il nesso tra il legislatore e i movimenti reali che agiscono nella società; nel secondo caso, si punta sulla sua funzione di apristrada. È evidente che coloro che hanno messo mano al progetto di Costituzione europea che purtroppo oggi sarà firmata e che non condivido, non condividendo il metodo tecnicistico con il quale si è giunti a quel testo, propendono per la seconda interpretazione. Io credo che la prima tesi sia più valida. Credo cioè che sia meglio, non solo più prudente ma più giusto per un legislatore - soprattutto se è un legislatore costituente - assorbire ciò che è già stato prodotto nel pensiero e nella materialità delle relazioni sociali. Al nuovo testo dell'art 9 - che il gruppo di Rifondazione comunista ha votato - hanno contribuito l'insorgenza di nuovi problemi che nel 1948 neppure erano concepibili, ma soprattutto la consapevolezza di questi problemi, espressa in filoni importanti di pensiero ecologista che hanno attraversato, seppure in diversa proporzione, le destre come le sinistre; vi hanno anche concorso i movimenti, da quelli contadini a quelli intellettuali, i movimenti di pensiero, come i movimenti di massa. Qualcuno ci ha fatto su dell'ironia; ha cercato di presentare i sem terra del Brasile come un gruppo di disperati o il movimento francese di José Bové come un nugolo di reazionari in difesa del Roquefort. Oggi tutti coloro che, avventatamente, hanno espresso giudizi sprezzanti nei confronti di movimenti reali, si trovano di fronte ad un testo che è prodotto più di quei movimenti che non dell'autonoma intelligenza dei parlamentari. Lo dico senza voler sminuire la validità del nostro lavoro, soprattutto di quello dei colleghi che vi hanno partecipato con più passione e continuità; anzi, è una sopravvalutazione quella che faccio, enfatizzando la sintonia, la corrispondenza di intellettuali sensi che il Parlamento ha finalmente raggiunto con il popolo mondiale e, soprattutto, con i nostri giovani che, sul tema ambientale, hanno costruito una loro nuova consapevolezza sociale. Quanti giovani si appassionano alla politica non perseguendo le strade del conflitto di classe, che pure è più vivo che mai, ma attraverso la difesa dell'ambiente, di un albero, di una zona, di un patrimonio artistico o di un animale? E' una nuova strada, testimonia che la sensibilità umana si è aperta a ciò che la circonda, che abbiamo smesso di pensare che la natura sia nemica dell'uomo o che sia intoccabile. La filosofia ha molto discettato su questo tema. Vi era chi pensava che gli antichi fossero migliori dei moderni, perché non avevano compromesso l'ambiente; e chi pensava che si sarebbe potuto fare tutto quello che l'uomo voleva, perché la natura non poneva limiti. Erano due modi di pensare sbagliati. Già sul finire del Seicento, un autore di fiabe, Charles Perrault, in una querelle sugli antichi e moderni, introduceva il primato dei moderni e la grande cultura francese da Luigi XIV in poi rielaborò questa teoria. Poi però si esagerò e si pensò che l'uomo non avesse limiti, che la produzione non potesse accettare elementi di freno, che la produttività fosse in sé un bene infinito. La cultura del limite introdotta nella seconda parte del Novecento ha corretto questo modo di pensare. Oggi possiamo affermare che il rapporto tra uomo e ambiente è sempre dinamico. Ma, proprio per questa ragione, la tutela dell'ambiente, dell'altro da sé che non sia umano - del vegetale come del vivente non umano - è un diritto che deve essere riconosciuto e assunto dalla stessa volontà umana. In questo senso costituisce un limite che è necessario scrivere nella Costituzione. Questo è il nostro moderno Leviatano. Nel gennaio del prossimo anno ricorreranno cento anni dalla pubblicazione della teoria della relatività ristretta di Albert Einstein. Una citazione di Einstein morente mi è molto cara: «Mi sento così solidale con ogni corpo e con ogni corpo vivente che non mi importa dove comincia e dove finisce l'individuo». Questa mi pare la migliore descrizione della relazione tra l'uomo e l'ambiente, della compenetrazione tra l'io e i molti. In questo spirito considero la modifica dell'articolo 9 una dimostrazione di civiltà consegnata alle generazioni future perché facciano ancora meglio.