\"L´Austerity me la ricordo bene respiravo un´aria felice e pulita\"
I ricordi di Bruno Gambarotta, ciclista urbano non pentito. "Si ritrovavano energie positive senza incubi perché come dico sempre le città non sono fatte per l´auto"
23 February, 2005
MASSIMO NOVELLI Che anno, quel 1973. Si annerì con la repubblica presidenziale in Grecia, proseguì con il golpe di Pinochet in Cile e la morte di Salvador Allende. Poi scoppiò la guerra del Kippur, in ottobre, tra arabi e israeliani. Le conseguenze si condensarono nella crisi petrolifera dell´Occidente e nell´inflazione a doppia cifra. Uno choc, questo, che avrebbe costretto anche gli italiani a trascorrere le loro domeniche senza l´automobile. Il 2 dicembre ?73 ebbe dunque inizio l´austerity, il giorno seguente il presidente del Consiglio Mariano Rumor ringraziò la popolazione «che ha sopportato un indubbio sacrificio con esemplare compostezza». Torino, come e più delle altre città, essendo la capitale della Fiat, dovette fare buon viso a cattivo gioco. E qualcuno, tra i vertici di corso Marconi, colse l´occasione offerta dalla penuria di petrolio per affermare, incautamente, che l´auto aveva fatto il suo tempo. Fatto sta che, prima per necessità e successivamente per un piacere inatteso, anche qui si riscoprirono i pattini, i calessi, le biciclette. E venne rispolverata soprattutto quell´arte d´arrangiarsi che è una costante nella nostra storia nazionale. Bruno Gambarotta, uomo di spettacolo e scrittore, uno che in bici continua ad andarci pure adesso, ha un ricordo preciso: «I miei genitori, che avevano da sempre una casa a Sampeyre, nelle domeniche di austerity, quando veniva il momento di ritornare a Torino, scendevano giù cinque minuti prima di mezzanotte e si mettevano a scaldare il motore della macchina. Quindi, scattata l´ora fatidica della fine del divieto di circolazione, partivano per la città, finendo però per ingolfarsi nelle lunghe colonne di automobili formatesi in strade solitamente deserte. La crisi energetica, comunque, favorì il trionfo della seconda casa, si lasciava la città in anticipo sapendo che tanto ci sarebbe stato il blocco». Ma Gambarotta rammenta le domeniche a piedi «come una grande festa. E la gente la prese bene l´austerity, si respirava in giro un´aria felice, pulita. Si facevano lunghe camminate con i figli, si usavano i pattini e si andava a cavallo, si prendevano i tram e i trenini. Stavo a Roma in quel periodo, e la rivedo come una città soleggiata, piena di persone che almeno per un giorno non dovevano vivere l´incubo di scovare un parcheggio. Del resto, le città non sono fatte per le auto. E in quei giorni ritrovavi energie positive, potevi passeggiare, alzare gli occhi e leggere le vecchie lapidi sui muri antichi, senza timore di farti mettere sotto. Insomma, io l´austerity la ripenso come una cosa buona, seppure si disse in seguito che, a fronte di un risparmio di 50 miliardi di lire, si ebbe un danno economico di 1000». Sarà così. Però lui, pur avendo la patente da quarant´anni, a Torino si muove soltanto pedalando: «La macchina, in città, non la uso mai». Che Gambarotta sia un autentico figlio di quei dì di festa, ma senza gas, di trentadue anni orsono?