Se son colze fioriranno
Sparisce dai banchi degli hard discount e finisce nei motori diesel. L'olio di colza è diventato un fenomeno di costume, ma il biodiesel in Italia è al palo, nonostante le sponsorizzazioni di Fo. Cosa ne pensano gli ambientalisti?
04 April, 2005
<b>di Alessandra Mazzotta</b>
Sessantacinque centesimi al litro per il pieno: al supermercato. Dalle insalate ai serbatoi, la passione per l’olio che ha a cuore portafogli e ambiente sta dilagando in tutta l’Italia del diesel. Con le compagnie petrolifere che potrebbero cominciare a friggere e le associazioni ambientaliste un po’ tiepide verso le auto che vanno a fiori.
L’olio di colza, moda passeggera o biocarburante del futuro? Sono in molti a chiederselo e in pochi a saper rispondere. Sicuramente illegale (si froda il fisco usandolo come carburante o come additivo), economico ed ecologico. Ma. Se da una parte la riduzione del Pm10 sembra garantita, e probabilmente anche quella della CO2, c’è chi ha paura della colza. O meglio: della possibilità di trasformare quest’olio nell’ennesimo alibi per giustificare l’abuso dell’auto in città. E c’è chi d’altra parte storce il naso all’idea che lo stivale possa diventare un enorme campo coltivato a colza, magari geneticamente modificata.
Cinque anni fa Jacopo Fo apriva ad Alcatraz il primo distributore d'Italia, due anni fa il governo glielo faceva chiudere. Ma insomma, l’auto che va a colza farà strada?
"Io penso di sì: non credo che l'olio di colza sia una moda. L’interesse di questo periodo è scoppiato per motivi di convenienza economica. E certo, anche grazie alle sponsorizzazioni di ambientalisti come Grillo e Fo – sostiene <a href="http://www.ecodallecitta.it/notizia.php?id=3283">
<b>Pippo Onufrio, tecnico dell’Issi, Istituto per lo Sviluppo Sostenibile</b></a> - . Ma a livello europeo i biocarburanti non sono una novità: la Francia e la Germania, e in parte anche l’Italia, producono da tempo combustibili di origine vegetale".
Biodiesel mon amour. “Non contiene zolfo ed è addittivato di ossigeno: dunque bruciando produce una riduzione del 30% delle polveri totali, non ha emissioni di zolfo, ha il 95% in meno di idrocarburi e dal 50 all’85% in meno di aromatici, anche se ha un 13% in più di ossidi di azoto”. E per quanto riguarda le emissioni di gas a effetto serra? “Queste non sono pari a zero per via della filiera (pensiamo alla lavorazione e al trasporto) e a ciò si aggiunge il problema dell’ossido nitroso per l’uso dei fertilizzanti. Ma con una strategia adeguata che ne preveda la riduzione il biodiesel è assolutamente consigliabile". Nessuna controindicazione allora al pieno fatto con l’olio di colza? “Direi di no, peccato solo per l’odore di patatine fritte che le auto si portano dietro…”
Ben più cauto <b>Alberto Santel, assessore alla Mobilità di Reggio Emilia</b>: “La mia opinione è che la colza non sarà il carburante del futuro. Due sono le difficoltà legate alle mie perplessità: innanzitutto occorre stabilire la sua formula chimica, il numero di atomi di carbonio, perché bruciandoli si produce CO2, e non si risolve il problema inquinamento.
Il secondo è legato a come la colza viene prodotta: se fai colza dal maggese, rispettando il ciclo naturale, allora sommi una serie di vantaggi. Ma se invece la produci con ogm, attraverso coltivazioni intensive, sommi agli altri anche il rischio naturale sull’ecosistema. Secondo me la perplessità di alcuni ambientalisti è più che giustificata. Inoltre se la Comunità Europea non ha puntato sul biodiesel, prescrivendo l’uso di una miscela che contenga solo una percentuale di questo e se l’industria ha deciso di giocare tutte le sue carte sul gasolio sintetico, credo che ci sia un perché, anche dal punto di vista dell’efficienza energetica”.
Ambientalisti e colza, si diceva. <b>Roberto Della Seta, presidente nazionale di Legambiente</b> legge l’interesse del momento come un fenomeno assolutamente effimero. Anche perché “E’ conveniente adesso per i consumatori, ma se la domanda esplodesse i prezzi ovviamente lieviterebbero. E se il consumo diventasse stabilmente sostanzioso parte dell’agricoltura italiana dovrebbe convertirsi alla colza”.
Ricapitolando, quali i vantaggi e gli svantaggi della bio-conversione dei diesel in termini ambientali? “Dal nostro punto di vista se le auto diesel funzionassero con l’olio di colza e questo, in termini di emissioni rappresentasse un beneficio, allora saremmo favorevoli. Ma non vorremmo che questa alternativa diventasse una via di fuga per giustificare l’uso dell’auto, che fosse una scorciatoia. La nostra risposta all'inquinamento è: scoraggiare l’uso dell’auto in città.
Per quanto riguarda i vantaggi in termini di riduzione dell’impatto inquinante degli autoveicoli sono abbastanza significativi, soprattutto per il Pm10 rispetto ai gasoli tradizionali e anche in termini di CO2, mi pare di capire. Ma lo svantaggio maggiore è che si sposta l’attenzione dal cuore del problema, e cioè che occorre ridurre il numero di autoveicoli circolanti. Questa soluzione invece si affida a carburanti miracolosi, che alleggerisce la pressione dei cittadini affinché istituzioni e imprese puntino sul trasporto pubblico”.
Colza sì, colza no. D’accordo sui vantaggi in termini ambientali anche <b>Stefano Fattor, assessore all’ambiente del Comune di Bolzano</b>, ma assolutamente consapevole delle complicate capacità di diffusione dell’olio miracoloso: “Penso che la difficoltà maggiore sia la penetrazione sul mercato, un po’ come sta succedendo col metano. Fino a che il mercato è in mano alle compagnie petrolifere sarà difficile intaccare il loro monopolio. Io credo che le associazioni ambientaliste cerchino in modo utopistico superare l’idea del motore a scoppio. L’olio di colza potrebbe essere un piccolo passo, ma non definitivo. L’importante è riuscire a creare un processo produttivo pulito e a modificarne la produzione, non dimenticando che è comunque una soluzione di passaggio”.