La presentazione dell\'edizione 2005
12 April, 2005
Mentre stiamo realizzando questa seconda edizione de La natura nel conto, esce in libreria Ambiente Condiviso. Politiche territoriali e bilanci ambientali che rappresenta - con i medesimi curatori e per la medesima casa editrice - lo sviluppo dei temi qui trattati, nella prospettiva di una piena integrazione dell’ambiente nella politica.
Perché allora rilanciare la “tappa precedente”, e proporre di nuovo un testo del 2000 che approfondisce i problemi e le tecniche della contabilità ambientale?
La risposta è che a distanza di cinque anni le ragioni di questo libro ci appaiono ancora valide e attuali. Il motivo principale, ma ce ne sono altri che chiariremo, è che esso ha contribuito a suscitare un dibattito vasto e fecondo - tuttora in corso - sulla necessità di adottare, in ambito pubblico e in una prospettiva di sviluppo sostenibile, la contabilità e il bilancio ambientali accanto ai sistemi di contabilità e di bilancio ormai convenzionali.
A suo modo, infatti, questo volume ha creato curiosità intorno a una materia - la contabilità ambientale appunto - che nel 2000 era sconosciuta anche a molti ambientalisti, proponendo la questione, non metodologica ma politica, della concreta applicazione degli strumenti scientifici di conoscenza dei fenomeni ambientali.
La natura nel conto prende l’avvio dall’approvazione, da parte del Senato della Repubblica, del primo disegno di legge in materia di contabilità ambientale dei Comuni, delle Province, delle Regioni e dello Stato, che è avvenuta nel 1999 senza tuttavia approdare al varo di una legge. Si è trattato di un progetto pionieristico, senza uguali in tutta Europa, che come tale ha precorso i tempi, aspirando a sancire addirittura l’obbligo per gli Enti locali, le Regioni e lo Stato - anche se in modo graduale e attraverso la sperimentazione - di realizzare e approvare il proprio bilancio ambientale accanto (e nella stessa sessione, per consentire confronti) al bilancio economico-finanziario.
Il libro, oltre a motivare le profonde ragioni politiche di questa iniziativa, documenta i problemi, gli strumenti e le opportunità concrete legate al bilancio ambientale, raccogliendo le analisi e le proposte di alcuni dei massimi esperti italiani in materia. Proprio per questo ha suscitato un dibattito che potremmo definire “dal basso” e ha creato - intorno a sé e intorno alle persone che vi hanno contribuito - una sorta di laboratorio di sperimentazione in pieno sviluppo.
In sostanza, come succede alle buone leggi, la realtà si è incaricata di attuare i contenuti profondi di questo progetto, a prescindere dall’effettività giuridica della norma. In questo caso i soggetti protagonisti sono stati gli Enti locali, che hanno avviato numerose sperimentazioni sia in modo occasionale che coordinato.
Il caso di più rilevante è indubbiamente il progetto CLEAR (City and Local Environmental Accounting and Reporting), che ha preso avvio nel 2000 ed è stato cofinanziato dalla Commissione europea nell’ambito del programma Life-AMBIENTE. Protagonista ne è stato il gruppo di sperimentazione forse più imponente che si sia realizzato nel nostro Paese: 18 amministrazioni di Comuni e Province italiane, più la Regione Emilia Romagna e l’associazione francese Les Eco Maires. I 18 partner amministrano complessivamente più di 8 milioni di cittadini, grosso modo il 14% della popolazione nazionale. Il progetto si è concluso due anni dopo con successo; tutti gli enti locali partner hanno realizzato in modo coordinato e poi approvato ciascuno il proprio bilancio ambientale sulla base di indicatori fisici e di conti monetari e ne hanno fatto nel tempo uno strumento dell’ordinaria amministrazione. A questi primi pionieri se ne sono poi aggiunti altri e il Coordinamento Agende 21 locali ha dato vita, insieme al gruppo CLEAR, alla campagna “Facciamo i conti con l’ambiente” (vedi il sito www.clear-life.it) per la diffusione del bilancio ambientale CLEAR-Life.
Ma il disegno di legge ha dato i suoi frutti anche in Parlamento. Nella legislatura in corso il testo originario è stato ripresentato dal suo ideatore (il senatore Giovanelli) e sottoscritto dalle forze di centrosinistra. Esso è stato tuttavia affiancato da altri tre disegni di legge di analogo contenuto, di cui sono rispettivamente primi firmatari i senatori Turroni (Verdi), Specchia (An) e Moncada (Udc), che ripropongono tutti, anche se con orientamenti diversi, l’esigenza di affiancare la contabilità ambientale alla contabilità economico-finanziaria.
La sensibilizzazione di tutti gli schieramenti politici è un segnale eloquente della maturazione dei tempi e un buon auspicio perché quand’anche, come sembra probabile, non si arrivasse in questa legislatura ad una legge sulla contabilità ambientale, si potrebbe quantomeno avviare, come prima tappa, una normativa di finanziamento della sperimentazione su più ampia scala.
Nel 2004 il Consiglio d’Europa, che comprende rappresentanti dei parlamenti e di tutti i livelli di governo di 43 Paesi del continente, ha approvato una raccomandazione agli stati membri relativa alla necessità di integrare la contabilità tradizionale con forme di bilancio ambientale. L’iniziativa, partita dalla Commissione Ambiente, Territorio e Affari locali e Territoriali, ha coinvolto anche la Commissione delle Autorità locali dello stesso organismo, ove siedono gli amministratori locali di quasi 400 città europee.
Il bilancio ambientale, come si argomenta in questo libro, ha uno scopo fondamentale: quello di “rendere visibile l’invisibile”, ovvero di internalizzare i costi ambientali nel processo di assunzione delle decisioni. Senza uno strumento come questo, l’ambiente riflette e sconta sempre una sorta di parallelismo insanabile rispetto ai problemi e alle decisioni che contano, quasi sempre di natura economica; e in questo modo il divario tra la sostenibilità e la realtà diventa più grande. Un problema, questo, di cui le municipalità urbane, loro malgrado in prima linea nelle emergenze ecologiche come nei conflitti ambientali, hanno dovuto prendere coscienza in anticipo rispetto ad altri soggetti istituzionali.
Basti pensare al tema dell’inquinamento atmosferico, quanto mai attuale in questo 2005 che celebra l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto. Le città italiane combattono, contro le polveri sottili e gli altri inquinanti dovuti al traffico su gomma, nel solo modo possibile senza investimenti statali e programmazione, ovvero a colpi di targhe alterne. In questa situazione l’adozione del bilancio ambientale, anche per il solo settore dell’aria, consentirebbe innanzitutto di rendere chiaro alla cittadinanza l’andamento dei principali inquinanti e di quantificare l’impatto di tutte le politiche municipali (trasporti, urbanistica, infrastrutture, energia) nonché dei principali comportamenti collettivi (riscaldamento, trasporti) rispetto alle emissioni in atmosfera.
Permetterebbe inoltre di valutare i costi reali delle diverse politiche che incidono sul traffico, comprendendo nei calcoli le spese degli interventi effettuati “a valle”, ovvero i costi degli interventi emergenziali di ripristino della salubrità dell’aria, dei rilevamenti, dell’assistenza sanitaria, dei danni alle attività produttive e lavorative, ecc.
Queste voci, insieme ai costi più squisitamente sociali dovuti all’abbassamento della qualità di vita, sono in realtà, oggi, voci di spesa che non hanno cittadinanza nel confronto politico perché non trovano una collocazione nel bilancio economico-finanziario con cui si attuano le principali politiche pubbliche, e non solo al livello locale. Per questo l’attenzione al tema viene scambiata per una virtù etica, presa in considerazione solo al momento del bisogno (in piena emergenza) e accompagnata sui media da inutili e ipocrite raccomandazioni moralistiche (andare a piedi, usare la bicicletta, consumare meno energia).
E’ chiaro, infatti, che la questione della sostenibilità non può certamente essere affrontata solo sul piano etico, e che la stessa economia non ha futuro se non prende in considerazione i propri limiti ambientali. Il bilancio ambientale è uno strumento, certo ancora sperimentale, in grado di quantificare questi limiti e di orientare lo sviluppo, dal momento che esistono tecnologie e modalità alternative e che altre ne stanno nascendo.
Non è un caso, a tale proposito, se proprio un grande accordo internazionale come il Protocollo di Kyoto per la riduzione dei gas che provocano l’effetto serra e quindi il cambiamento climatico, richiama la necessità della contabilità delle emissioni inquinanti e ricorre a meccanismi di mercato per la riduzione del loro volume globale.
Il tema della rendicontazione ambientale (green accounting) come strumento per la riforma profonda della governance è quindi quanto mai attuale.
Un altro contributo importante al dibattito, nonché un’ulteriore speranza di successo, viene dalla Commissione europea, che ha pubblicato nel 2004 una comunicazione dal titolo significativo “Verso una strategia europea per lo sviluppo sostenibile urbano”. Il documento, che è attualmente aperto al confronto in tutta la comunità e che potrebbe trasformarsi in una direttiva entro il prossimo anno, ruota attorno al quesito centrale se sia giusto, e in quale forma, istituire l’obbligo - per le 500 città dell’UE 25 con più di 100 mila abitanti - di adottare un piano di gestione ambientale. Il presupposto è che l’inquinamento urbano risulta evidentemente un’emergenza in un continente dove quasi l’80 per cento della popolazione vive in città.
Com’è nelle tradizioni comunitarie, la comunicazione chiarisce temi, problemi e obiettivi, delineando tuttavia un percorso che, pur richiamandosi esplicitamente all’EMAS (il sistema di gestione e certificazione ambientale europeo) non prescrive nel dettaglio strumenti specifici, delegando questo aspetto alla libera opzione degli amministratori.
Le città chiamate al confronto, definendo le migliori pratiche in uso, hanno consigliato, non a caso, il bilancio ambientale (nelle forme di ecoBudget, di natura fisica, e di CLEAR, che invece è anche di natura monetaria) e l’Agenda 21 locale quali strumenti, insieme all’EMAS, per implementare il piano di gestione ambientale. I mezzi a sostegno di decisioni politiche più consapevoli, infatti, possono garantire miglioramenti nelle prestazioni ambientali, pur con la flessibilità necessaria ad affrontare la grande complessità del governo di una città contemporanea.
In questo contesto, dove l’impegno e la progettualità in direzione dello sviluppo sostenibile si esprimono sempre più a livello locale, questo libro mantiene la sua attualità. Esso ha contribuito a sancire l’atto di nascita in Italia del bilancio ambientale locale e ne riporta, come un’istantanea fedele, la freschezza delle argomentazioni, consentendo di cogliere il senso e la pratica di uno strumento che, con ogni probabilità, farà parte del nostro futuro.
( Fausto Giovanelli, Ilaria Di Bella, Roberto Coizet )
Tratto da: La natura nel conto
Contabilità ambientale: uno strumento per lo sviluppo sostenibile
a cura di Fausto Giovanelli, Ilaria Di Bella, Roberto Coizet
© Copyright Edizioni Ambiente 2005