Is Global Warming Fueling Katrina?
Jeffrey Kluger dal settimanale Time
01 September, 2005
(trad. Lorenzo Fracastoro)
Mentre sta letteralmente affondando, la gente di New Orleans non sta sicuramente pensando ai vortici del vento, all’effetto di Coriolis, o all’umidità della troposfera.
Sta per lo più pensando alle piogge selvagge e ai venti a 140 miglia orarie che li hanno cacciati dalle loro case. Ma sono questi arcani meteorologici che hanno fatto un tale scompiglio del Bayou, e, a sentire il parere di molti, abbiamo solo noi stessi e il riscaldamento globale come colpevoli della sciagura.
Quel che è certo è che gli uragani c’erano molto, molto tempo prima che gli esseri umani cominciassero a tagliare a colpi di scure le foreste e a inquinare l’atmosfera. Per generare una tale tempesta, non c’è bisogno che di temperature oceaniche sopra i 27° gradi centigradi, una massa d’aria fresca e umida sopra una calda e umida vicino alla superficie; e un già tormentato contesto meteorologico, messo in rotazione ad una distanza dall’equatore - almeno 300 miglia - sufficiente a permettere alla rotazione terrestre di amplificare quella del temporale. Più intenso è il temporale, più la temperatura sale nell’”occhio” accelerando la rotazione, esacerbando la tempesta e portando alla violenza delle intemperie che chiamiamo uragano. E può davvero essere violento: l’energia di un singolo uragano può uguagliare l’energia elettrica prodotta negli USA in un anno.
Dunque, il riscaldamento globale peggiora le cose? I numeri sembrano dire di si – o almeno sembrano dirlo per chi vive negli USA. Dal 1995 al 1999, un numero record di 33 uragani ha sconvolto il bacino dell’Atlantico, senza contare il terribile uragano Andrew, che 1992 ha lacerato lungo il suo cammino la Florida meridionale, provocando danni che ammontavano a 27 miliardi di dollari. Una maggior frequenza di uragani è prevista dalla maggior parte dei modelli di global warming, e siccome le temperature medie crescono globalmente, non è difficile fare una connessione fra i due fenomeni. Ma i temporali a carattere tempestoso sono un fenomeno diffuso in tutto il mondo, e da qualche parte - come nell’Oceano Indiano del Nord e nella regione australiana – il fenomeno è al momento in calo. Perfino negli USA, il periodo che va dal 1991 al 1994, fu un momento di tranquillità record degli uragani, con la drammatica eccezione di Andrew.
E’ davvero impossibile spiegare perché alcune aree del mondo siano colpite più duramente delle altre. Molti fenomeni, dal consueto riscaldamento delle acque del Pacifico, conosciuto come El Nino, ai caotici moti atmosferici, possono essere considerati come responsabili. Ma, nonostante tutte queste variabili in gioco, combinandosi, contribuiscano a mantenere il numero di uragani nel mondo più o meno lo stesso, i temporali sono diventati più violenti. Ad esempio, un lucido studio del Massachusetts Institute of Technology afferma che la velocità media dei venti negli uragani è cresciuta circa della metà negli ultimi 50 anni. E, dal momento in cui il riscaldamento delle acque superficiali è un ingrediente fondamentale per la formazione degli uragani, qualsiasi fenomeno che porti la temperatura delle acque oceaniche a salire può tradursi in un inasprimento delle tempeste. E il riscaldamento globale, almeno in teoria, è più che sufficiente a farlo. Può anche darsi che il futuro preservi per anni la gente di New Orleans dagli uragani, ma il prossimo potrebbe essere tale da far apparire mite al suo confronto anche Katrina.