Pedalare a Milano. Intervista a Giuliano Pisapia
Il sindaco di Milano risponde alle domande del magazine "Cycle!" sulla ciclabilità della città, le politiche del'amministrazione in favore della mobilità su due ruote e sulla gloriosa storia legata al ciclismo professionistico del capoluogo meneghino - da Cyclemagazine.it
13 February, 2013
di Lorenzo Franzetti
In bici a Milano: a furia di parlarne, la vecchia mentalità comincia a cambiare. Tuttavia, il ciclismo all’ombra della Madunina non gode di grandissima fortuna, a giudicare dai grandi eventi che fuggono, da una popolazione che sembra indifferente, se non addirittura indispettita dagli eventi a due ruote. Rapporto controverso, quello tra la bici e Milano. Sempre più di moda, ma in una città che è ancora una giungla per gli utenti deboli della strada. Milano, capitale decaduta della bici; Milano che, a volte, è così snob, da riscoprire che pedalare è di tendenza. Non è più roba da squattrinati, se pedali non sei il più sfigato, sei solo uno che sfida gli scassinatori di lucchetti. E poi, prova tu a parcheggiare in meno di mezz’ora. Milano tornerà mai a misura di bici? Il primo a scommetterci è il sindaco della città, Giuliano Pisapia, che ha accettato di rispondere ad alcune nostre domande.
Milano pedala sempre di più, a giudicare dai numeri del servizio bike sharing: quando sarà anche una città più sicura per i tanti cittadini che scelgono di muoversi in bici, in città?
«È vero Milano sta diventando sempre più a due ruote. I numeri del servizio bike sharing sono entusiasmanti. Siamo arrivati infatti a 173 stazioni di BikeMi attive e oltre 3000 biciclette in circolazione. Milano ha anche le caratteristiche giuste per diffondere l’uso delle bici, perché è pianeggiante e il territorio urbano è limitato. Ci sono alcune criticità, però, che appartengono alla storia della nostra città, come per esempio il pavé che in molte zone, soprattutto centrali, è vincolato dalla Sovrintendenza».
Come si sta sviluppando il piano per la mobilità e la costruzione di nuove piste ciclabili a Milano?
«Le piste ciclabili sono una delle priorità per questa amministrazione che sta puntando molto sulla mobilità sostenibile. Attualmente in città ci sono circa 150 i chilometri di ciclabili e sono stati stanziati 9.620.000 euro per la realizzazione di tre itinerari in centro e zone più decentrate. Ci sono, inoltre, cinque nuovi progetti che riguardano le tratte Duomo–Sempione, Duomo–Monforte, Duomo–Porta Nuova, Garibaldi–Città Studi, Lodi–Chiaravalle. Vogliamo, in questo modo, raddoppiare il numero di km di piste ciclabili entro la fine del mandato».
I milanesi e la bici: il rapporto è controverso. Aumentano i cittadini bike friendly, ma, secondo lei, la città li tollera davvero o li detesta, questi ciclisti?
«La città si sta abituando a nuovi stili di vita. Ritengo che ognuno debba rispettare l’altro. Certo, ci sono singoli che non vedono di buon occhio i ciclisti, ma devo dire che giorno dopo giorno la convivenza migliora. L’obiettivo è quello che i cittadini abbiano alternative efficienti all’uso dell’auto privata in modo da diminuire in maniera significativa il numero di vetture sulle strade di Milano. Anche io sono un ciclista. Quando, posso la mattina vado in ufficio utilizzando il bike sharing e da ciclista dico che anche per chi utilizza le due ruote è importante conoscere e rispettare il codice della strada. Questo perché ogni persona deve avere la consapevolezza dei propri comportamenti per creare minori rischi a sé e agli altri».
La capitale dell’industria ciclistica, a Milano sono nate la bici made in Italy e le grandi corse: oggi, di questo passato, rimane molto poco. La città sembra indifferente al ciclismo: come mai?
«Non credo che la città sia indifferente. Voglio solo ricordare come l’undicesimo censimento dei ciclisti urbani abbia registrato un incremento del 3,02% rispetto al 2011 e del 26% rispetto al 2008. Come amministrazione stiamo puntando molto sulle piste ciclabili. Stiamo procedendo anche per restituire alla città il Vigorelli. Siamo anche al fianco delle associazioni di biker e sosteniamo il Milano Bicycle Film Festival».
Anche il Giro d’Italia è “migrato” fuori città, sembra che organizzare grandi eventi ciclistici non interessi più a Milano. Dalle Sei giorni alle grandi gare di mtb sulla montagnetta di San Siro, dalle kermesse internazionali di ciclocross fino al Salone del ciclo: tutto sparito. Perché Milano non è più sensibile alla sua tradizione ciclistica?
«L’anno scorso abbiamo festeggiato insieme l’arrivo del Giro d’Italia con la gara a cronometro. In quell’occasione abbiamo anche organizzato la domenicAspasso, la giornata senza auto, proprio per dare maggiore risalto alla grande festa della Corsa rosa. Per me in particolare è stato emozionante essendo io un appassionato di ciclismo. Non è assolutamente vero che a Milano non interessano i grandi eventi. C’è però un ostacolo, quello della crisi economica e delle difficoltà di bilancio. Organizzare i grandi eventi comporta necessariamente una spesa notevole e un sindaco a volte si trova davanti a delle scelte. Le priorità necessariamente in questo momento sono rivolte ai servizi per i cittadini. Questo non vuol dire, però, che non esista più nulla per quanto riguarda il ciclismo. Stiamo organizzando per il 12 maggio, Giornata mondiale della bicicletta, oltre a una delle ormai consolidate ‘DomenicAspasso’, anche il ‘CicloPride’, una pedalata partecipata. Milano è più che sensibile alla sua tradizione ciclistica».
Questione Vigorelli: quando partiranno i lavori per il nuovo progetto?
«Ad aprile sarà scelto il progetto vincitore su 10 selezionati. Per Expo avremo il nuovo Vigorelli. Dopo anni di immobilismo stiamo facendo ripartire più progetti per la città».
Il Vigorelli è il monumento del ciclismo a Milano, il simbolo di un’epoca, di una tradizione e di una scuola: in Belgio o in Francia, ne avrebbero fatto lo stadio del ciclismo. In Italia, sembra quasi che ci si vergogni del passato: eppure, qualsiasi appassionato, pensando al Vigorelli, lo avrebbe voluto come un grande centro del ciclismo italiano. Perché, invece, si va in un’altra direzione? Di chi è la colpa: di una Federciclismo poco attenta a queste cose, o di una città che vuole altro?
«Non sappiamo ancora quale sarà il progetto vincitore che farà rinascere il Vigorelli, ma la nostra indicazione è proprio quella di mantenere il segno della storia della struttura sportiva, e quindi non escludo il ritorno del ciclismo. Fra l’altro io ricordo ancora con piacere e nostalgia i duelli fra Maspes e Gaiardoni cui assistevo con i miei fratelli da ragazzino proprio al Vigorelli. Aspettiamo di vedere la proposta che ci verrà sottoposta».
La capita mai di pedalare in città? Come vede Milano, dal sellino di una bicicletta?
«Sì, mi capita molto spesso di utilizzare la bici per fare il tragitto casa-lavoro e devo dire che vedere la città dal sellino di una bici è entusiasmante. Si coglie una Milano in evoluzione, una Milano che ha intrapreso la strada della sostenibilità».
Migliaia di giovani milanesi, di ogni etnia, scopre una moda a pedali: quella dello scatto fisso. Pedalare con la “fissa” è diventato di tendenza, ma spesso con qualche rischio e con un rapporto “border line” con il codice della strada. Cosa ne pensa di questa moda in città?
«So che alcuni criticano la scelta della “fissa”. Da parte mia invito tutti, ciclisti compresi, a usare il buon senso e ad attenersi al codice della strada per evitare episodi spiacevoli e incidenti che coinvolgano noi e gli altri».
Un grande evento per tutti, un grande momento dedicato alla bici, a Milano: sarebbe disposto ad appoggiare idee e progetti in merito? Per esempio, un evento che unisca tutte le anime del mondo della bici, da quella agonistica a quella urbana…
«Mi piacerebbe molto. Ricordo che ho aderito con convinzione a #salvaiciclisti, a Milano abbiamo utilizzato i pannelli luminosi in giro per la città per lanciare brevi messaggi di 48 caratteri per sensibilizzare gli automobilisti al rispetto e all’attenzione di ciclisti e pedoni. Se arriveranno altre proposte per organizzare iniziative e progetti che possano unire le diverse anime del mondo a due ruote e perché no, anche pedoni, motociclisti, automobilisti, per una città sempre più a misura d’uomo sarò felice di vagliarle».
L’Area C ha favorito la crescita del bike sharing: ora, quando Area C diventerà zona 30, ovvero un’area a velocità limitata per gli automobilisti?
«Il Comune ha già messo in atto provvedimenti mirati alla tutela delle cosiddette ‘utenze deboli’. Oltre ad Area C, infatti, sono state inaugurate alcune isole pedonali e stanno per partire alcune zone 30, fuori dalla Cerchia dei Bastioni. Questo per favorire la mobilità di pedoni e ciclisti anche in altre aree della città semi centrali».