Clima, un’Italia virtuosa centra i target di Kyoto
Nel 2012 le emissioni di gas serra dell’Italia sono scese sotto i limiti fissati 390 grammi per euro. Ma gli scienziati: «Serve uno sforzo maggiore» - dal primo numero dell'inserto Tutto Green de La Stampa del 14.02.2013
14 February, 2013
Roberto Giovannini
Per una volta noi italiani faremo bella figura. L’Italia centrerà gli obiettivi di riduzione previsti nel protocollo di Kyoto delle emissioni di gas serra, quelli che provocano il fenomeno del riscaldamento globale. La conferma ufficiale da parte degli organismi Onu ci sarà soltanto nel 2014, ma il dato – contenuto nel dossier «Kyoto 2013» elaborato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile diretta dall’ex-ministro dell’Ambiente Edo Ronchi, che siamo in grado di anticipare – è assolutamente certo e garantito. L’obiettivo imposto all’Italia dal trattato era quello di ridurre entro il 2012 le emissioni di gas serra del 6,5% rispetto ai 519 MtepCO2 (milioni di tonnellate equivalenti di anidride carbonica). Secondo le stime dell’autorevole Rapporto, nel 2012 le emissioni italiane si fermeranno a quota 465-470 MtepCO2, e dunque al di sotto dei 483,3 MtepCO2 da centrare in media nel periodo 2008-2012. Non servirà nemmeno scontare dal totale (come pure potremmo fare) le emissioni assorbite dalle foreste nazionali e dai crediti derivanti dai progetti finanziati nei Paesi in via di sviluppo (18,3 MtepCO2 in tutto).
Questo positivo risultato di fatto è stato reso possibile soprattutto grazie a un’accelerazione avvenuta dal 2008 in poi. Dopo una iniziale stazionarietà, dal 1996 le emissioni di gas serra dell’Italia sono cresciute fino al record di 577 MtepCO2 nel 2004. Ma sono state fortissime le diminuzioni registrate nel 2009 (-9%) e poi nel 2012 (-4,7%). E in tutto, negli ultimi otto anni sono stati tagliati ben 100 milioni di tonnellate di emissioni, ovvero un quinto del totale dei gas serra prodotti annualmente in Italia.
Soltanto per merito (o colpa) della crisi economica? Niente affatto. Tra il 2008 e il 2012 il Pil è diminuito del 6%, mentre le emissioni sono scese di addirittura il 16%. In altre parole, l’intensità carbonica del Paese (le emissioni per unità di Pil) è passata da circa 510 a 390 grammi di CO2 per euro. Cioè l’economia italiana si è fortemente decarbonizzata. Il mix energetico è cambiato: meno prodotti petroliferi (dal 57% al 37% dei consumi primari), più gas (dal 24% al 36%) e più fonti rinnovabili (dal 6 al 15%). Stante l’attuale situazione l’Italia è in grado di centrare anche gli obiettivi stabiliti per il 2020 dall’Ue; agendo però su trasporti e riscaldamento.
Un risultato positivo che fa sorridere Edo Ronchi, che a suo tempo sottoscrisse a nome dell’Italia gli impegni di Kyoto. «Ci furono contestazioni vivacissime - ricorda - molti commentatori e Confindustria ritenevano l’impegno eccessivo e insopportabile per l’Italia. E invece si è visto che l’equazione più sviluppo più emissioni era sbagliata». Accanto agli effetti della recessione e alla grande diffusione delle fonti rinnovabili questo risultato si spiega anche con altre circostanze, «come il trasferimento di molte produzioni, ed emissioni, in Cina ed Europa dell’Est, e l’alto costo dell’energia, triplicato in 15 anni».
Il problema, spiegano gli scienziati, è che il protocollo di Kyoto e gli altri strumenti non vincolanti oggi previsti per tagliare le emissioni non bastano ad evitare che la temperatura globale del pianeta aumenti di meno di 2 gradi centigradi. «Se Kyoto aveva un difetto - spiega Ronchi - è che i limiti fissati per i gas serra erano troppo modesti. E anno dopo anno i rapporti dell’IPCC dell’Onu ci dimostrano che serve uno sforzo molto maggiore». Uno sforzo impossibile per l’Italia e per gli altri paesi della Terra? «Sono convinto che per farcela - è la replica - più che i pur utili negoziati a livello Onu servirà giocare tutte le carte sulla green economy».