Partecipate: avanti con le quote rosa
La parità di genere anche nei consigli di amministrazione delle società pubbliche è legge dalla fine dello scorso anno. Ora occore modificare gli statuti societari
04 March, 2013
La parità di genere, anche nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle società pubbliche partecipate, è obbligo di legge. Lo ha stabilito uno degli ultimi provvedimenti del governo Monti (il Dpr 251 del 30 novembre 2012), pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 28 gennaio ed entrato in vigore il 12 febbraio scorso. Da quella data, nei rinnovi degli organi amministrativi e di controllo delle società partecipate delle pubbliche amministrazioni, dovrà essere prevista la presenza equilibrata e proporzionale tra i generi: una disposizione che è già prevista dal 13 agosto scorso per le società quotate in borsa. Prima però occorrerà procedere alla modifica dello statuto di ogni singola società interessata da tale cambiamento, modifica che dovrà prevedere che il genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo dei componenti di ciascun organo. Un obbligo che varrà per tre mandati consecutivi a partire dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore del Dpr (al primo mandato la quota riservata al genere meno rappresentato dovrà essere pari al 20 per cento). Le nomine dovranno essere comunicate alla presidenza del Consiglio dei ministri (o al ministro delegato per le Pari opportunità) per la successiva relazione triennale al Parlamento sullo stato di attuazione della norma. In caso di inadempienza è prevista la decadenza dell'organo sociale. Con l'entrata in vigore del provvedimento l'Italia si allinea all'Europa. Con le nuove regole si stima che 6 mila donne entreranno a far parte dei board delle società pubbliche.