Viaggio nel ventre del gigante che brucerà i rifiuti di Torino
Ma incombe il rischio fallimento dei costruttori - da La Repubblica Torino del 07.03.2013
07 March, 2013
Gabriele Guccione
ORMAI è quasi completato, lo stato di avanzamento dei lavori segna quota 92 per cento. L'acciaio dei tubi è lucidissimo. Con gli ultimi ritocchi gli impianti dell'inceneritore del Gerbido, rodati nelle ultime settimane dalle “soffiature” di vapore, saranno pronti per entrare in funzione. «Entro la fine di aprile confidiamo di cominciare a bruciare i primi rifiuti», avvisa il presidente di Trm, Bruno Torresin. Solo un imprevisto, non proprio campato in aria, potrebbe far slittare i piani: il fallimento, sotto il peso di una crisi di liquidità, di almeno una delle società costruttrici del Gerbido.
Torresin, ex assessore comunale ai tempi di Valentino Castellani, incrocia le dita di fronte ai consiglieri comunali della Commissione ambiente, presieduta da Marco Grimaldi, che ieri hanno visitato l'impianto, costato alla fine oltre 500 milioni di euro: «Speriamo che nessuno fallisca, sarebbe una nuova complicazione»; dopo i due tragici incidenti nel cantiere, e il ritrovamento questa estate di un residuato bellico durante gli scavi. A rischio è Coopsette, colosso emiliano con quasi mille dipendenti, che si è occupato delle opere di edilizia civile, la stessa società che ha in mano gli appalti per l'ultimo lotto della metropolitana e per il grattacielo della Regione. Alla prese con una grave crisi di liquidità solo due settimane fa ha ottenuto il concordato preventivo dal Tribunale di Reggio. Anche Unieco, che si è occupata delle
tubazioni, comincia a mostrare segni di sofferenza.
La speranza, nel malaugurato caso di un fallimento, è che subentrino le ditte che finora hanno lavorato in subappalto: «Non è però scontato, dipenderà dai magistrati», ammette Torresin, che prima del passaggio della società al tandem Iren-F2i, era amministratore delegato. A parte la palazzina
dello staff tecnico e gli uffici dell'amministrazione, dove i lavori sono ancora indietro, il resto è pronto per la prima fase di avviamento, l'esercizio provvisorio che progressivamente porterà a bruciare la quantità di rifiuti massima prevista (421mila tonnellate all'anno) e che durerà fino al 2014.
Ma come funziona l'inceneritore?
I rifiuti sono scaricati, dopo il controllo sulla radioattività, nella “fossa”. Qui vengono presi e fatti bruciare a una temperatura tra i 1.000 e i 1.200 gradi nei forni: l'acqua calda prodotta alimenta una turbina a vapore da 63 megawatt di potenza, capace di dare elettricità a 175mila famiglie. In futuro sarà presa anche per il teleriscaldamento di Grugliasco e Beinasco. Le scorie prodotte dalla bruciatura, quasi il 21% di quanto entra nei forni, sono portate in discarica e quella parte inerte viene recuperata e usata nella produzione di cementi.
Ma il grosso dell'impianto, il 60% anche per quel che riguarda i costi, sono le linee di purificazione dei fumi, trattenendo le pericolose ceneri, quasi il 2%, che finiranno in discarica, in Germania e a Pavia. Quattro passaggi di filtri e catalizzatori puliscono i fumi prima di arrivare al camino alto 120 metri: un filtro elettrostatico, che abbatte il grosso delle polveri; un reattore a secco dove vengono depurati col bicarbonato; un filtro a maniche, fatto come un setaccio a maglie finissime di goretex che permette di bloccare Pm10 e 2,5; un catalizzatore, come se fosse la marmitta di un'auto, che rimuove quasi tutto l'ossido di azoto. Le ceneri prima di essere portate nelle due discariche, una, sono cementificate e rese inerti. Tutto è controllato 24 ore su 24 dell'Arpa, collegata direttamente con sensori e telecamere a infrarossi che in caso di anomalie sarà in grado di staccare la corrente all'impianto.