Fumata bianca, fumata nera: chi inquina di più?
Il colore del fumo – non solo quello del Conclave – dipende dal tipo di combustibile bruciato. Ma è vero che il fumo di colore chiaro è meno inquinante?
13 March, 2013
Il colore del fumo varia al variare del combustibile. Nel caso di San Pietro a determinare la il colore della fumata ci pensano sostanze chimiche aggiunte alla mole di carta, appunti, “schede elettorali” e documenti gettati nel camino, e questo per assicurarsi che il colore sia netto e ben riconoscibile, in modo da evitare imbarazzanti confusioni a fine seduta. Ma in tutti gli altri processi di combustione, il colore del fumo è indicativo per valutare la pericolosità dell’inquinante?
Non sempre. Non c’è una correlazione diretta, e spesso il colore risultante dal processo di combustione è inficiato da elementi secondari (il malfunzionamento delle condotte di scarico porta con sé una colorazione nerastra, che è però indipendente dal materiale bruciato).
In linea di massima però la colorazione del fumo ci permette di conoscere - seppur con una certa approssimazione - il tipo di sostanza bruciata, e sulla base di questa relazione si può valutare la pericolosità della combustione in atto: per esempio, benzina, carbone, catrame, plastica, cherosene e olio lubrificante daranno origine a un fumo particolarmente scuro, tendente al nero. Nafta, diluente per vernici, olio da cucina, carta, legno, stoffa, nitrocellulosa, polvere da sparo, acido nitrico, zolfo e acido solforico sono combustibili che rilasciano fumi grigiastri, marroni o tendenti al giallo sporco. Un discorso a parte va fatto invece per il colore bianco: i combustibili che creano fumo bianco sono principalmente il fosforo e la paglia ma molto spesso la “fumata bianca” che si vede fuoriuscire dai camini di città e dalle fabbriche è in gran parte costituita da vapore acqueo particolarmente denso.
Il fatto che sia bianco per il vapore non vuol dire però che non ci siano anche inquinanti dannosi, che non spariscono affatto, per quanto invisibili.
Il parere dell'esperto: una "riflessione a voce alta" di Bruno Villavecchia (AMAT)
"Il tema della “cromatura” dell’inquinamento è interessante in quanto interessa la sfera della percezione. E’ da preferire il nero o il bianco? La fumata bianca potrebbe significare la concordia (Habemus Papam), che sconfigge la discordia. Per l’inquinamento è più complicato assegnare un significato alla colorazione delle emissioni, perché la componente più tossico-nociva di composti e materiali aerosospesi in atmosfera oggi risulta essere quella più impercettibile. Il monossido di carbonio, che si genera dalla combustione imperfetta, è inodore e incolore, quindi letale anche in quanto subdolo. Le polveri ultrafini, che generano la maggior quantità di danni alla salute umana, anche in sistemi antropogenici evoluti che hanno sconfitto gli inquinanti gassosi tradizionali (SO e SO2 in primis), grazie alle tecniche di catalizzazione, e anche grazie ai progressi fatti nella regolazione dei processi di combustione, che ormai hanno ben poco a che vedere con l'immagine di esalazioni cineree. Si tratta forse di una metafora dei tempi, dove l’apparente rimozione dei segni esterni di una piaga che continua a colpirci, effetto dell’evoluzione della tecnologia della quale andiamo così fieri, ci consegni solo l’illusione rassicurante di una fumata bianca, dietro la quale l’inquinamento continua a mietere le sue vittime".
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