Acque in bottiglia: promossi e bocciati
Per i canoni di concessione Legambiente e Altraeconomia promuovono a pieni voti la regione Lazio. Con riserva superano il giudizio Calabria, Friuli Venezia-Giulia, Lombardia, Marche, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto e provincia autonoma di Trento. Bocciate provincia autonoma di Bolzano, Emilia-Romagna, Liguria, Molise, Puglia e Sardegna
09 April, 2013
Giorni fa, nel presentare il dossier "Acqua in bottiglia", Legambiente e Altraeconomia hanno affermato a gran voce l'esistenza di “un vero e proprio business dentro le bottiglie d’acqua. Un affare da 2,25 miliardi di euro”. E hanno nuovamente sottolineato l'abberrazione rappresentata dai canoni chiesti dalle regioni alle società idriche concessionarie "in alcuni casi risibili, come la Liguria che chiede solo 5 euro per ciascun ettaro dato in concessione, senza prendere in considerazione i volumi emunti o imbottigliati, e incassando appena 3.300 euro all’anno per le 5 concessioni attive sul territorio".
Nel dossier, l'associazione ambientalista e il mensile di economia ricordano che sui canoni di concessione è intervenuta, già nel 2006, la Conferenza stato-regioni, provando a mettere ordine nel settore con un documento di indirizzo che proponeva di uniformare i canoni su tutto il territorio nazionale, prevedendo l’obbligo di pagare, sia in funzione degli ettari dati in concessione sia dei volumi emunti o imbottigliati, indicando come cifre di riferimento almeno 30 euro per ettaro e un importo tra 1 e 2,5 euro per mc. imbottigliato.
"Nonostante ciò - affermano Legambiente e Altraeconomia - a sette anni dall’approvazione di tale documento, la situazione è ancora caotica e indefinita".
Il dossier ha anche redatto una speciale classifica delle regioni e delle province autonome, dividendole in promosse, promosse con riserva, rimandate e bocciate, sulla base dei canoni richiesti. "Purtroppo - si legge nel dossier - tutte le Regioni italiane sono accomunate dalla medesima peculiarità: le condizioni sono sempre molto più vantaggiose per le società che imbottigliano l’acqua che per le amministrazioni pubbliche".
Nel dettaglio si legge che l’unica regione promossa è il Lazio, che prevede un triplo canone, in funzione degli ettari dati in concessione (65 euro), dei volumi emunti (1 euro/mc.) e di quelli imbottigliati (2,17 euro per mc.), mentre 10 Regioni (Calabria, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto e provincia autonoma di Trento) sono state promosse con riserva, perché prevedono il doppio canone (volume più superficie) secondo le linee guida nazionali, con canoni per i volumi imbottigliati o emunti tra 1 e 1,50 euro per metro cubo. Seguono poi quattro regioni rimandate che, pur prevedendo un canone in funzione dei volumi imbottigliati, applicano ancora importi inferiori a 1 euro per mc., in disaccordo con le linee guida nazionali: Basilicata, Campania, Piemonte Abruzzo. Infine, provincia autonoma di Bolzano, Emilia Romagna, Liguria, Molise, Puglia e Sardegna risultano bocciate, perché adottano i criteri solo in funzione degli ettari dati in concessione o delle portate derivate.
“Da Nord a Sud, sono ancora troppe le regioni che non si sono ancora dotate di adeguati meccanismi per far pagare un canone equo alle aziende che imbottigliano - ha dichiarato Pietro Raitano, direttore di Altreconomia - In tempi di crisi economica, il beneficio sarebbe importante per tutto il Paese, perché aumenterebbe le entrate senza intaccare posti di lavoro, ma semmai contribuendo a processi economici più sostenibili. Processi che tuttavia hanno bisogno ancora di un costante impegno informativo”.
“Da questa situazione - ha sottolineato il responsabile scientifico di Legambiente, Giorgio Zampetti - emerge un’unica certezza: le società che imbottigliano l’acqua continuano ad avere elevatissimi vantaggi economici. Degli oltre 2,25 miliardi di euro di affari incassati nel solo 2011, il ritorno economico per comuni, province o regioni è stato assolutamente irrisorio, nonostante la risorsa alla base del profitto sia un bene comune che appartiene alla collettività. Se invece si applicasse un canone uniforme e soprattutto più elevato, come 10 euro al metro cubo, proposti più volte da Legambiente, si arriverebbe ad avere degli introiti maggiori da vincolare a investimenti sul territorio riguardanti la tutela degli ecosistemi acquatici”.