Sacchetti di plastica: a Losanna diventano opera d'arte
Trenta artisti e designer di fama internazionale raccontano il sacchetto di plastica attraverso l'arte contemporanea, dando voce agli interrogativi e le sfide attuali sollevati dal suo utilizzo massivo in tutto il mondo
11 July, 2013
Serena Carta
Ve la ricordate la fiaba di Raperonzolo? C'era un volta una principessa che aveva i capelli così lunghi che ci si poteva arrampicare su per raggiungere la sommità della torre in cui abitava... Ecco, invece dei capelli, immaginate una liana con petali fatta di sacchetti di plastica che risale la tromba delle scale di un palazzo moderno. Il palazzo in questione è il Museo di design e arti applicate contemporanee (MUDAC) che ha sede a Losanna, in Svizzera. Qui, fino a ottobre, sarà allestita "Coup de sac!", una mostra dedicata al sacchetto di plastica. La liana "Raperonzolo" (foto 1) è un'opera realizzata da Claudia Borgna, eclettica artista di origini nostrane che ama dare vita a paesaggi fiabeschi attraverso installazioni tanto monumentali quanto effimere che nascono dal suo interesse per il paesaggio e il nostro pianeta invaso dai rifiuti.
Simbolo per eccellenza della società consumistica, all'interno del MUDAC il sacchetto di plastica viene rappresentato come un supereroe dai poteri stra-ordinari: la resistenza e (quasi) indistruttibilità e la capacità di inquinare al punto da generare la morte.
Fotografato, accartocciato, ricoperto d'oro, gonfiato, ricamato, è considerato nella sua duplice natura di oggetto d'uso comune "da non disperdere nell'ambiente" e opera d'arte. Trenta artisti e designer di fama internazionale lo hanno raccontato attraverso l'arte contemporanea, esprimendone tutti gli interrogativi e le sfide attuali sollevati dal suo utilizzo massivo. L'ecologia e il riciclo, l'effimero e la trasformazione, il design e l'artigianato, la società di consumo e la politica sono alcuni dei temi affrontati dagli artisti.
La mostra gioca sui contrasti e le contraddizioni. E' il caso ad esempio della collezione dei sacchetti distribuiti nelle strade svizzere e tedesche per raccogliere i bisogni del proprio cane. Un paradosso tutto contemporaneo quello di invitare ad imballare un prodotto organico e biodegradabile con del materiale inquinante difficilmente riciclabile. E cosa pensare di un sacchetto griffato Louis Vuitton abbandonato in un angolo come fosse pieno di spazzatura (foto 2); oppure di sacchetti in seta finemente ricamati esposti in una teca, come fossero oggetti preziosissimi (foto 3)?
L'intento della mostra è quello di osservare il sacchetto di plastica con un nuovo sguardo. «Trasformandolo in oggetto di valore gli abbiamo dato una nuova importanza. Ci penseremo due volte prima di gettare il prossimo sacchetto di plastica» hanno dichiarato gli organizzatori. Ed è per questo motivo hanno scelto di esporre un sacchetto ricoperto d'oro 24 carati (foto 4): un oggetto delicato che rivela una grande complessità, allegoria della nostra società consumistica per cui l'oro e il petrolio sono diventati due materiali indispensabili.
Insomma, dopo la contemplazione estetica si finisce necessariamente per riflettere sul significato che il sacchetto di plastica ha assunto nelle nostre vite. Oggetto di culto o rifiuto, adorato o criticato, il sacco di plastica divide gli animi, li polarizza e rivela il nostro comportamento di consumatori. Rafforza il nostro statuto e la nostra identità, indebolisce l'ambiente, è collezionato per amore o per coscienza ambientale, costituisce un tema di attualità in politica come nell'arte. Ed è così che va letta l'opera forse più virulenta di tutta l'esposizione: la croce gigante composta dai sacchetti di Lidl e Aldi, le due catene di supermercati low cost dominanti in Germania, simbolo di una società che ha fatto del consumo una religione (foto 5). La croce fluttua nell'aria, costantemente gonfiata da un piccolo asciugacapelli. Cosa succederebbe se qualcuno staccasse la spina?