Occhio del Riciclone: ecco dove vanno a finire gli indumenti usati
Il 15 luglio viene presentato a Roma lo studio “Indumenti usati: una panoramica globale per agire eticamente” con l’obiettivo di fornire utili indicazioni sulla filiera degli indumenti usati e sul suo funzionamento.
13 July, 2013
Che fine fanno gli indumenti usati, quelli che solitamente vengono lasciati nei cassonetti gialli?
A questa domanda vuole dare una risposta il Centro di Ricerca Economica e Sociale Occhio del Riciclone che, in collaborazione con il CNCA Lazio, promuove la presentazione dello Studio “Indumenti usati: una panoramica globale per agire eticamente” che avverrà lunedì 15 luglio in Via Liberiana 17 (Sede Centrale CESV-SPES) dalle ore 15.30 alle 18.00.
“La ricerca ha l’obiettivo di fornire elementi di orientamento e indicazioni sulla filiera degli indumenti usati, un universo composito e variegato che abbiamo ritenuto utile analizzare per consentire, finalmente, una piena comprensione del suo funzionamento, dei suoi protagonisti, delle sue tendenze, dei suoi nodi critici e delle sue valenze economiche e sociali”, spiega Pietro Luppi, Direttore del Centro di Ricerca Occhio del Riciclone.
“Chi si addentrerà nelle oltre duecento pagine del lavoro avrà modo di scoprire le rotte degli indumenti prima dei cassonetti gialli con i quali abbiamo imparato a familiarizzare e al di lá di essi, in un’ottica globale e a partire da un punto di vista imparziale. Di fatto – continua Luppi - la maggioranza degli studi prodotti fino a oggi adottano o il punto di vista degli esportatori che hanno interesse a minimizzare gli impatti negativi sui paesi terzi, o quello dei produttori di abbigliamento che li enfatizzano considerando l’usato come un’inaccettabile concorrenza. Occhio del Riciclone ha prodotto uno studio super partes che vuole, tra le altre cose, fornire indicazioni concrete a chi ha intenzione di confrontarsi eticamente con questo mercato”, sottolinea Luppi.
Secondo l’economista Guido Viale, autore della prefazione del lavoro, “La novità importante di questo studio sta proprio nell’aver raggiunto la piena consapevolezza di quanto e come il mercato del 'nuovo' e quello dell’usato si influenzino reciprocamente; e nell’aver dimostrato con un approccio di respiro internazionale (l’unico in grado di affrontare i problemi di un’economia globalizzata) quanto la seconda vita delle cose sia determinante – ha concluso - per l’evoluzione non solo delle caratteristiche e dei prezzi dei prodotti, ma anche, e in misura ben più sostanziosa, per la localizzazione planetaria dei centri della loro produzione”.