Quattro proposte per la green economy dell'acqua
Lanciate dall'assemblea programmatica nazionale sulle acque le idee per trasformare radicalmente e in modo sostenibile la gestione delle risorse idriche del nostro Paese. Il tutto confluirà nell'edizione 2013 degli Stati generali dell'economia verde italiana
15 July, 2013
Perdite di rete in media superiori al 35%, con punte del 70%, rete fognaria che ancora non serve il 15% degli italiani, depuratori mal gestiti, inadeguati o addirittura inesistenti per un italiano su tre, acqua che esce a singhiozzo dai rubinetti, soprattutto al sud, circa il 35% dei corpi idrici di superficie che non raggiunge gli standard di qualità ambientale.
E' questa la situazione delle risorse idriche in Italia. E proprio per proteggere il bene acqua, l’Assemblea nazionale acque, gruppo di lavoro del Consiglio nazionale della Green economy a cui partecipano 64 differenti organizzazioni di impresa e coordinato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, ha lanciato quattro proposte che serviranno per i lavori dell'edizione 2013 degli Stati generali della Green economy.
“L’Italia - ha dichiarato Erasmo D’Angelis, sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti - è un Paese che convive con un grave deficit infrastrutturale nel settore degli acquedotti e della depurazione. In un terzo del nostro Paese mancano fognature e depurazione e in particolare al Sud l'acqua arriva anche a turni dopo giorni, condizioni inaccettabili da Paese in via di sviluppo. L'inquinamento del 40% di fiumi e laghi produce emergenze e presto produrrà anche sanzioni europee che saranno un vero salasso per lo Stato e le Regioni, pari a 700 milioni l'anno e al taglio di alcuni fondi Ue fino a che non si arriverà alla conquista della depurazione. Il Governo sta affrontando il problema e presto ci incontreremo con regioni e aziende per far ripartire gli interventi infrastrutturali urgenti e per rendere universale il servizio in tutta l'Italia, rottamare o riparare 170.000 km di reti e posarne almeno altre 50.000. Servono tre mosse per il settore. La prima consiste nello stabilizzare la tariffa idrica e per questo abbiamo chiesto all'Autorità nazionale dell'Energia Elettrica e Gas, che dal dicembre 2011 controlla e regola il settore, oltre ad aggiungere la parola “acqua” nel logo, anche di elaborare una tariffa definitiva, sostenibile per gli investimenti necessari e che tuteli gli utenti deboli. La seconda mossa è invece facilitare l’accesso al credito, per poter realizzare gli investimenti necessari. Infine, serve tornare ad avere una quota di risorse pubbliche per il settore e utilizzare gli strumenti innovativi come gli hydrobond. Ciò sarebbe ossigeno anche per l'occupazione e per aprire velocemente 480 cantieri per 4,8 miliardi di euro già finanziati a livello locale dalle principali aziende idriche”.
L’acqua, linfa vitale della green economy, non è un prodotto commerciale, ma un patrimonio che va protetto e difeso. Nonostante negli ultimi 37 anni si siano susseguiti cinque provvedimenti legislativi di ampio respiro, cinque direttive comunitarie e un referendum abrogativo, è necessario pervenire a un piano nazionale di tutela e gestione della risorsa idrica, tutelare il diritto individuale al bene pubblico acqua e proseguire il lavoro sul passaggio alle Regioni del demanio idrico. Bisogna infine migliorare le prestazioni ambientali e rilanciare il settore, che rappresenta un’opportunità straordinaria per lo sviluppo della green economy.
“A sette anni dal recepimento in Italia della direttiva europea sulle acque e a due anni dai risultati del referendum promosso dal “Forum italiano dei movimenti per l’acqua” - ha detto Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, è necessario introdurre profonde innovazioni normative, amministrative, tecniche e produttive nel sistema di tutela e gestione delle risorse idriche. Ciò rappresenta una straordinaria opportunità per lo sviluppo della green economy nel nostro Paese. L’annuncio del ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, di voler predisporre un Piano nazionale per questo settore va nella giusta direzione”.
Ecco le quattro proposte per avviare una strategia nazionale per la gestione dell'acqua.
1. Dare piena attuazione alle direttive europee aggiornando, integrando, adeguando le norme nazionali. In attesa della riforma complessiva del settore, prioritaria è l’effettiva operatività dei distretti idrografici con la ridefinizione dei loro confini e la revisione dei piani di gestione il cui coordinamento, per l’aggiornamento, deve essere affidato alle Autorità di bacino nazionali.
2. Reperire le risorse necessarie che sono state stimate per le infrastrutture acquedottistiche, fognarie e depurative in 66 miliardi di euro in 30 anni con un effetto occupazionale stimabile tra 150.000 e 200.000 addetti, attraverso la qualificazione dell’uso dei Fondi strutturali 2014-2020. È stato stimato dall'Autorità dei contratti pubblici che con un miliardo di euro è possibile coinvolgere da 10.000 a 15.000 lavoratori in attività di medio-lungo termine. In particolare per rendere più efficiente sotto il profilo ambientale la spesa pubblica è necessario introdurre meccanismi premiali per l’assegnazione delle risorse, come: adottare soluzioni impiantistiche flessibili per forti fluttuazioni di carico come negli agglomerati turistici; utilizzare in modo consistente le acque reflue depurate e tecnologie che riducono l’acqua per irrigare; adottare soluzioni impiantistiche a basso impatto ambientale; recuperare l’energia termica dall’acqua depurata; migliorare l’uso dell’acqua in agricoltura con l’incentivazione di pratiche di irrigazione più efficienti, il riutilizzo delle acque, la costruzione di piccoli invasi e la prevenzione degli sprechi.
3. Migliorare le prestazioni ambientali del settore valorizzando il risparmio idrico con l’introduzione dei “certificati blu”, riconoscendo gli incentivi a chi riutilizza le acque reflue depurate, soprattutto in agricoltura, riducendo le dotazioni idriche portandole a 200 litri per abitante al giorno (ora sono in media superiori del 20-40%) e le perdite idriche che non dovrebbero superare il 20%. Bisogna favorire anche in Italia la penetrazione di tecnologie per la gestione sostenibile delle acque nel settore domestico introducendo un sistema di incentivi che coniughi sistema tariffario (disincentivi per consumi superiori a 100 lt/ab/giorno) e fiscalità e adeguando la normativa edilizia in modo da favorire tecniche di risparmio (uso delle acque piovane o riciclate per usi non potabili, tetti verdi eccetera). Oggi solo 530 Comuni su 8.092 hanno regolamenti edilizi con prescrizioni che riguardano la gestione dell’acqua.
4. Coinvolgere i cittadini attraverso percorsi di comunicazione e formazione. Una strategia di informazione potrà aumentare l’attenzione e la consapevolezza sui temi dell’acqua e grandi campagne di comunicazione potranno sensibilizzare i cittadini. L’innovazione tecnica e la gestione sostenibile delle acque deve entrare anche a far parte dei programmi di istruzione superiore e universitari del settore.
“In Italia - ha concluso Gianni Squitieri, coordinatore del gruppo di lavoro sull’acqua - le risorse idriche sono complessivamente sufficienti, il problema è la loro gestione e il loro corretto uso. Questo gruppo di lavoro, ha cercato, con le sue proposte, di avviare un percorso virtuoso che non renda l’Italia fanalino di coda in Europa in materia di gestione, consumi e sprechi della risorsa acqua. Occorre superare la forte frammentazione degli enti coinvolti, evitare politiche e iniziative legislative non coordinate, prevedere incentivi economici e finanziari a oggi inesistenti, sviluppare una maggiore accettazione sociale, per ora limitata, dell’utilizzo di acqua riciclata”.