Cibo recuperato...dai cassonetti. Una testimonianza da Barcellona
"Per molti supermercati un prodotto invenduto, se riciclato, viene vissuto come una doppia perdita: l'avanzo giornaliero, e il mancato acquisto di nuovi prodotti nei giorni successivi". La testimonianza di un ragazzo che vive a Barcellona e che, assieme ad altri, ha cominciato a recuperare cibo ancora sano gettato nei cassonetti
09 August, 2013
di Antonio Serra
"L’idea di riciclare il cibo dai contenitori di rifiuti organici non è stata la mia. Non saprei dire il perché: forse perché, per fortuna, non mi sono mai trovato in condizioni tali da dovermi cercare qualcosa da mangiare nei rifiuti, forse per la vergogna, magari entrambe le cose.
Tuttavia, quando mi è stata proposto, ho accettato subito di partecipare. A Barcellona è abbastanza usuale incontrare persone in cerca di cibo nei contenitori dell’organico, in particolare al di fuori delle zone turistiche e commerciali. Si trova di tutto: uomini e donne, più o meno giovani, alcuni in giacca e camicia e purtroppo anche anziani, forse pensionati che faticano ad arrivare a fine mese.
Alcuni sono ben organizzati, carrelli e carrellini vari non mancano mai, anche ai più sprovveduti, alcuni addirittura hanno bastoni con ganci che usano come arpioni, conoscono orari e luoghi dove cercare, dove la probabilità di trovare qualcosa è maggiore.
Ma torniamo a noi. Il mio obiettivo iniziale era risparmiare qualcosa sulla spesa settimanale. Consumando poca carne e pesce, non bevendo latte e derivati, i conti mi tornavano abbastanza perché la maggior parte dell’organico è praticamente composto da sola frutta e verdura.
Al centro sociale ci siamo organizzati in questo modo: ci trovavamo ogni lunedì intorno alle 21. Il lunedì è il giorno in cui arrivano le merci ed più facile alla sera trovare gli scarti gettati nei contenitori. In totale eravamo un gruppo di circa 10-12 persone suddivise in 3 o 4 gruppi. Ogni gruppo disponeva di almeno un carrello e, inizialmente di una mappa; una mappa semplice del quartiere, facilmente recuperabile da Google maps, dove ogni gruppo tracciava il suo percorso. Il resto varia a discrezione: alcuni portano guanti e luci, altri un carrello in più, etc.. La scelta del percorso invece è fondamentale. Se non si sceglie un percorso adeguato non si trova niente. Il percorso deve essere valutato in funzione dei negozi di alimentari, delle panetterie, dei frutta e verdura e in generale di qualsiasi attività che tratta cibo. Tuttavia bar e ristoranti, così come anche rosticcerie e pizzerie, non sono soliti avanzare o comunque gettare cibo. Inutile provare nei contenitori vicino a case e palazzine, perché nell’organico non si trova praticamente niente (almeno a Barcelona è così).
Iniziato il giro, il tempo di percorrenza varia da un’ora a un’ora e mezza: la lunghezza da percorrere non è rilevante, molto dipende dalla quantità di contenitori che si incontrano e dalla quantità di rifiuti che ciascuno contiene. Per un contenitore vuoto basta uno sguardo, mentre per un contenitore pieno occorre controllare tutti i sacchi uno per uno.
Quello che si trova dipende molto dalla vicinanza o meno di una determinata attività come detto sopra. Vicino alle panetterie, in particolare per le grandi catene, è facile trovare quantità considerevoli di pane, sandwich dolci e salati, a volte anche brioches e simili: tutta merce non venduta e che non si vende il giorno seguente. Definire una quantità precisa non è facile, mediamente però si trova sempre un sacco nero pieno.
Il cibo in questo caso è pulito, i sacchi sono sempre chiusi e tutto è buono e assolutamente commestibile. Il discorso cambia per frutta e verdura: spesso non si trovano in buone condizioni ma la grande quantità che si incontra compensa la cosa. Frutta verdura variano a seconda della stagione e, a meno di ammacature varie e un aspetto non “brillante” come il prodotto in esposizione, è sempre buona e in grande quantità.
Riciclando una volta alla settimana per esempio, riuscivo a coprire il necessario di frutta e verdura per 3 giorni. L’unico inconveniente, una volta superata l’eventuale vergogna di frugare nella spazzatura e la paura di sporcarsi le mani, è rappresentato dalla necessità di consumare e/o cucinare il tutto in tempi brevi. Questo è abbastanza ovvio: il cibo che si trova è buono ma comunque in deperimento e non in condizione di freschezza tali da poterlo conservare ulteriormente. Per la frutta nelle peggiori condizioni ad esempio, è utile preparare marmellate; è una soluzione questa che ho adottato qualche volta quando trovavo chili e chili di mele o pere che non potevo conservare e che avrei finito per buttare di nuovo. Per la verdura stesso discorso: se si mangia cruda è necessario subito lavarla e conservarla in frigo, altrimenti la si cuoce e via.
Il pane si presta di più al riciclo: se ne può racimolare in grandi quantità e poi basta dividerlo in porzioni e congelarlo. Mi capita spesso di recuperare pane per 7-10 giorni che scongelato 5 minuti nel forno a gas è come fresco.
Tutto sommato l’idea del riciclo così descritta penso non sia niente male; si recupera cibo, si risparmiano soldi e in compagnia si fa gruppo e tutto assume un aspetto anche divertente.
Per concludere: senza dubbio la quantità di cibo che si incontra, almeno qui a Barcelona, nei contenitori di organico, è notevole. Basti pensare per esempio che alcune panetterie regalano direttamente casse piene di pane e altro, a centri di accoglienza ed edifici occupati (di cui Barcelona è piena, vittima della speculazione edilizia franchista). C’è anche da aggiungere un’altra triste realtà, testimoniata da un amico che lavorava come cameriere in un bar/pasticceria, che spesso alla fine del turno condivideva buste di brioches e panini invenduti: molte catene commerciali di pane e dolci, conservano quantità notevoli di avanzi giornalieri per buttarli solo dopo alcuni giorni, quando ormai il pane è secco e le marmellate e le creme delle brioches andate a male. E’ una prassi alquanto sgradevole che ha l’intento di favorire comunque la vendita nonostante la produzione sia in esubero. In pratica il prodotto non venduto, se riciclato, viene visto come una doppia perdita: una associata all’avanzo giornaliero, l’altra alla non necessità d’acquisto dei giorni successivi".