Rifiuti, non decolla la raccolta differenziata. Cercasi nuovo impianto
Il termovalorizzatore brucerà, da aprile 2014, oltre 421 mila tonnellate di immondizia l’anno ma Torino in questo periodo ne produce 81 mila in più. L’alternativa: esportare la spazzatura - da La Repubblica del 12.10.2013
14 October, 2013
Diego Longhin
Cinque anni, mese più mese meno, e la provincia di Torino potrebbe essere nelle condizioni di dover “esportare” i propri rifiuti. O meglio, di trovare una collocazione a tutta l’immondizia che non finisce sui nastri delle tre linee dell’inceneritore del Gerbido. Il termovalorizzatore, tra accensioni e spegnimenti, sarà a regime a partire da aprile 2014 e brucerà circa 421 mila tonnellate di materiale l’anno. Torino produce oltre 502 mila tonnellate di differenziata, il che vuol dire uno scarto di circa 81 mila tonnellate che non può finire nell’impianto di Trm, ma deve andare in discarica.
Per ora gli spazi ci sono, anche se alcuni si esauriranno nei prossimi tre-sei mesi, come la discarica di Mattie e quella di Cassagna, dove Torino ha riversato i suoi rifiuti da quando è stata chiusa Basse di Stura. Rimangono gli impianti di Pinerolo, dove c’è una disponibilità di 100 mila tonnellate nei prossimi 5 anni ma riservata allo “scarto” dei rifiuti organici, quello di Grosso Canavese con 300 mila tonnellate, Chivasso, altre 100 mila, e Castellamonte, circa 80 mila. Togliendo dall’elenco Pinerolo, vuol dire avere una disponibilità,
fino alla fine del 2018, di circa 480-500 mila tonnellate.
La prospettiva dei cinque anni è fatta tenendo conto del buon funzionamento del Gerbido. Se, a partire da aprile del prossimo anno, ci dovessero essere intoppi o stop prolungati dell’inceneritore, i rifiuti verrebbero dirottati nelle discariche e gli spazi per gestire la quantità di indifferenziata che non finisce nell’inceneritore si esaurirebbero più velocemente. Ma per i vertici dell’Ato rifiuti della Provincia di Torino (l’ente che coordina il sistema) ad iniziare da Paolo Foietta, «questo è un caso di scuola, che va considerato solo a livello di scenario. Diciamo che per cinque anni, salvo stravolgimenti, la situazione è tranquilla, sotto controllo. Dopo, però, dovremmo aver bisogno o di nuove discariche o di un nuovo inceneritore nella provincia». Due soluzioni, che possono essere distinte o complementari, da cui non si
esce. A meno che in provincia di Torino non si aumenti la quota di raccolta differenziata, rendendo di fatto il sistema autosufficiente: l’impianto del Gerbido sarebbe in grado di smaltire tutti i rifiuti prodotti.
Oggi a livello provinciale la quota di raccolta differenziata è poco superiore al 50 per cento. Cifra più alta se si esclude Torino: si arriva al 57,1 per cento. Il capoluogo,
da solo, abbassa la media, arrivando ad una quota di differenziata che è del 41,1 per cento. «Abbiamo cinque anni di tempo — sottolinea Foietta — sarebbe sufficiente porsi ora obiettivi chiari e rispettarli, facendo salire la quota di differenziata di 1 punto e mezzo all’anno per i prossimi cinque anni. Insomma, quasi otto punti, arrivando al 65 per cento nel resto della provincia e al 49-50 per cento
su Torino». Questo permetterebbe di avere una media complessiva della Provincia di Torino pari al 60 per cento, «ma soprattutto l’area non avrebbe più bisogno né di discariche per sistemare la parte che non riesce a prendere l’inceneritore né di costruire nuovi termovalorizzatori».
Sulla carta il piano elaborato dall’Ato rifiuti pare semplice, ma si scontra con i costi, soprattutto a
Torino città, che Amiat denuncia per incrementare il “porta a porta”. Un dato? La sola estensione del servizio alla Crocetta, come spiegato dal presidente di Amiat, Maurizio Magnabosco, e dall’amministratore delegato della società, Roberto Paterlini, costerebbe a regime circa 1,5 milioni all’anno. Dove trovarli? E soprattutto il Comune non può accollarsi questa spesa, considerando che i quartieri dove la differenziata “porta a porta” si potrebbe ampliare sono diversi. Un programma, in bozza, dal 2014 al 2018, esiste già: oltre a Crocetta, i quartieri San Salvario-Filadelfia, Vanchiglietta, il cosiddetto quartiere “11” (area compresa tra corso Cosenza, corso Siracusa, via Gorizia e via Tirreno). Un progetto ambizioso, concordato con il Comune e l’assessore all’Ambiente, Enzo Lavolta. Piano che sottostà alla necessità ben sottolineata da Magnabosco e Paterlini di reperire le risorse. «Solo sull’area della Crocetta — aveva detto ad inizio settembre Magnabosco — Amiat potrebbe trovare i fondi mancanti da sola». Sulle altre zone è difficile che la società di raccolta e smaltimento rifiuti possa far da sola.
Secondo l’Ato rifiuti, però, si possono trovare le risorse recuperandole dagli stessi rifiuti. Valorizzando meglio quello che si raccoglie
come differenziata, tra vetro, plastica, carta, oggi. Ed anche questa opportunità è oggetto di uno studio che l’autorità d’ambito della Provincia sta portando avanti. Studio che interessa molto il Comune di Torino e che l’assessore Lavolta vorrebbe valorizzare. «Se noi prendiamo la quantità di raccolta differenziata fatta oggi, più di 523 mila tonnellate in Provincia di Torino, è applichiamo il massimo tariffario del Conai otteniamo un valore di questo materiale di 60 milioni di euro — dice Foietta — com’è possibile che invece se ne ricavino solo 20 milioni? Vuol dire che il materiale raccolto è trattato male. Non dico che si debba arrivare a 60 milioni, ma 40 milioni è un obiettivo plausibile. E così avremmo risorse per alimentare il sistema dei rifiuti e programmare l’incremento del porta a porta e della differenziata». Piano che per Foietta, insieme alla creazione di un’unica società metropolitana di raccolta e smaltimento rifiuti, non è utopico. «Ricordiamoci che a norma di legge a fine 2011 saremmo dovuti essere al 60 per cento di differenziata — aggiunge Foietta — e a fine 2012 al 65 per cento. È vero che Torino è una metropoli e può derogare, ma arrivare al 50 per cento sarebbe un bell’obbiettivo, che la metterebbe al pari delle grandi città tedesche, garantendo un sistema che non avrebbe più bisogno né di discariche né di nuovi inceneritori».