“Piste ciclabili comunque Anche senza sicurezza”
- da La Stampa del 15.10.2013
15 October, 2013
Beppe Minello
L’orgoglio pedone sbarca in Sala Rossa. L’ha sbandierato Silvio Magliano, ciellino del Pdl, quello che all’acme della polemica sulle buche in città che provocarono un ruzzolone alla vicepresidente del Senato, si offrì pubblicamente ai torinesi come vittima sacrificale: «Se la giunta Fassino non ti ripara la buca sotto casa - strillava un suo manifesto - chiamami che mi inciampo io al tuo posto». Nessuno, finora e per sua fortuna, l’ha chiamato. «Intervento assurdo». Diversamente potrebbe andare stavolta, perché la sua interpellanza sull’ancora fresca di vernice pista ciclabile realizzata in piazza Statuto potrebbe diventare il simbolo di una sorta di manifesto dei pedoni. «La soluzione trovata in piazza Statuto è un monumento all’assurdità e al nuovo bike-power che domina su Torino» ha scandito davanti a Claudio Lubatti, l’assessore alla Viabilità di una città culla dell’auto, attorno alla quale è cresciuta e ha prosperato, ma che ora vuole diventare smart. Una trasformazione che non è indolore e che ha nella diffusione delle due ruote uno dei suoi punti più evidenti e sensibili. Nel bene, perché vedere sciami di pedalatori nelle vie del centro è bello; nel male, perché quegli stessi sciami diventano una jattura quando ti sorprendono a piedi in aree pedonali, sui marciapiedi o sotto i portici. Nasce qui l’ira dei pedoni che Magliano ha voluto portare in Sala Rossa.
Una pista insicura
«La nuova pista ciclabile è attraversata almeno tre volte dal percorso delle auto, non ha sicurezze, non ha protezioni e taglia in metà la piazza con un percorso così improbabile che non può essere altro se non il prodotto di una mentalità che vede il ciclista come unico protagonista della mobilità metropolitana. Al costo di esporlo a rischi anche notevoli, o di realizzare opere che poi non serviranno allo scopo per il quale sono state progettate». È proprio così? Esiste un bike-power? Fabio Zanchetta, presidente di Bike Pride, dice una cosa apparentemente sorprendente: «I ciclisti sono vittime esattamente come i pedoni». Nel senso che gli interventi fatti a favore delle due ruote spesso sono obbligati («Quando si creano nuovi insediamenti è la legge che impone di tenere in considerazione le bici») oppure sono ricavati, diciamo pure strappati, a un ambiente cresciuto solo in funzione dell’auto. «Nel primo caso - dice Zanchetta - il risultato è qualcosa di scollegato con ciò che sta intorno, nel secondo dà risultati come in piazza Statuto». Insomma, è un problema culturale perché la bici, in fondo, per burocrati, progettisti e comune sentire, è ancora qualcosa di esotico, di «ggiovane», di alternativo, nonostante i teorici 75 mila pedalatori ipotizzati nel 2020 dal Biciplan, «il piano regolatore su due ruote - precisa Enzo Lavolta, assessore all’Ambiente - che dovrebbe indirizzare e armonizzare lo sviluppo delle ciclopiste ». «E sulla sicurezza e il rispetto reciproco fra chi si muove in città la prevalenza del cretino è ancora la legge: chi non rispetta il prossimo fa danni sia che si muova a piedi, in auto, in bici» dice Claudio Ardito dell’Ufficio Biciclette del Comune che ha pure una mail - biciclette@comune.torino.it - per dare informazioni a chiunque.
Ciò detto, ha ragione Magliano, il portabandiera dell’orgoglio pedone: in piazza Statuto è una quotidiana sfida all’Ok Corral. Lo confermano, all’inizio di via Garibaldi, le bariste del Caffè Paris a sinistra e Lina Placanica del negozio di cancelleria a destra.». In effetti, il ciclista che attraversa la piazza va deciso verso l’imbocco dell’isola pedonale. Ha la precedenza come dimostrano i quadrotti bianchi sull’asfalto, ma non sempre - anzi, quasi mai - le auto che arrivano da via Passalacqua la concedono.