Lisbona: per muoversi meglio, si comincia dalla sosta | Intervista a Óscar Rodrigues
Tra gli ospiti del Citytech di Milano c'era anche Óscar Rodrigues, esperto di mobilità dell'Empresa Municipal de Mobilidade e Estacionamento de Lisboa. Che ci ha raccontato una città che cambia, e che - nonostante la pesantissima crisi - non rinuncia ad investire, in digitalizzazione e vigilanza: "Ci guadagniamo tutti"
30 October, 2013
Lisbona: 500.000 abitanti, 84,7 km2 e una mobilità urbana in piena evoluzione. “Lisbona e Milano si assomigliano: anche nei comportamenti. D'altronde, le città latine hanno spesso gli stessi pregi e gli stessi problemi” lo pensa Óscar Rodrigues, dell' Empresa Municipal de Mobilidade e Estacionamento de Lisboa, in visita al Citytech di Milano. E proprio sull'estacionamento, la sosta, la città portoghese ha investito tantissimo, in termini di politiche e tecnologia, raggiungendo risultati incredibili per una città in cui a metà degli anni Novanta nessuno si prendeva la briga di pagare il parcheggio. “I vigili? Avevano di meglio da fare che controllare automobili, dicevano”. Poi però, qualcuno deve essersi accorto che controllare automobili non sarà entusiasmante ma è sicuramente redditizio. E anche utile, in una città in cui ogni giorno ci sono 200.000 vetture circolanti in più rispetto ai posti disponibili, a pagamento e non.
“A Lisbona si sta investendo tantissimo nelle politiche di sosta, che ormai è quasi interamente digitalizzata. Le centraline permettono il pagamento attraverso la stessa card prepagata che si utilizza per tutti i trasporti urbani, la VIVA. Il pagamento digitalizzato per noi è importantissimo, perché tutte le informazioni arrivano ad un sistema di controllo centrale, che ci permette di monitorare in presa diretta i flussi di traffico e le anomalie nei comportamenti. Abbiamo investito molto anche in termini di vigilanza: ogni giorno sono al lavoro, esclusivamente per la sosta, 200 controllori”. (Per avere un'idea del confronto, Milano, che si abitanti ne ha quasi il triplo, conta sulla metà dei vigilanti).
A Lisbona i controllori sono “dissuasori mobili” piuttosto convincenti: la possibilità di non essere beccati è praticamente nulla (alla faccia del detto...). “Le multe sono circa 1000 al giorno, a cui vanno aggiunte in media 180 auto bloccate con le ganasce e una quarantina di rimozioni”. Le sanzioni non sono alte: il mancato pagamento della sosta viene a costare 30 euro; l'intervento con le ganasce 65 e la rimozione 98. Sono comunque più di 45.000 euro al giorno di incassi. Tecnologia e vigilanza insomma. E un concetto diverso di parcheggio: “Dobbiamo evitare di creare luoghi sterili, cimiteri di automobili che non hanno altri scopi– ha spiegato Rodrigues – per questo a Lisbona stiamo puntando molto anche sui parcheggi multifunzionali: gallerie d'arte e ristoranti, che ripagano più della metà dei costi di gestione della struttura”.
E questa era la sosta. E la mobilità?
In una giornata feriale media, com'è il modal share di Lisbona?
Direi un 30-35% di trasporto pubblico, e un 45-50% di auto private. Il resto si divide tra motocicli e mobilità dolce, che finalmente comincia a prendere piede. Si vedono sempre più ciclisti in città, per quanto la conformazione di Lisbona non aiuti: è un continuo sali-scendi. E infatti sono convinto che sia il luogo ideale per sperimentare un bike sharing elettrico municipale, su cui l'amministrazione sta lavorando.
Il trasporto pubblico in che condizioni è?
Il problema più grosso del TPL è la crisi economica. Negli ultimi vent’anni l’Europa aveva investito molto nel TPL, in tutti i Paesi, raggiungendo ottimi livelli. La situazione ora non è buona. Il numero di passeggeri in Portogallo è aumentato, a causa del caro carburante, ma il problema è nei comportamenti: le persone ne adottano di nuovi solo se sono forzati a farlo. Potremmo spendere milioni di euro e milioni di anni a fare campagne comunicative che dicano ai cittadini “Prendi l’autobus”, “Lascia a casa l’auto”. E non servirebbe assolutamente a nulla. Il problema è sempre lo stesso: se chiediamo ad un’aula piena di persone con che mezzo sono venute qui, la metà dirà “con la mia auto”. La ragione? Sempre la stessa: il trasporto pubblico è lento, puzza, è scomodo. Ma il bello è che queste stesse persone quando viaggiano all’estero usano i trasporti, e poi tornano a casa raccontando quanto rapidi, puliti ed efficienti siano i trasporti negli altri paesi, e si lamentano anche dell’inciviltà del proprio. Scommetto che in Italia succede lo stesso…
E come si fa a convincere le persone a cambiare, se la pubblicità non basta?
A Lisbona stiamo sperimentando una possibilità: offrire a chi lascia l’auto in un parcheggio pubblico a pagamento, un silos custodito, un biglietto giornaliero gratuito per il TPL. Può sembrare folle ma sta avendo un certo successo. La gente ha paura: sente il peso schiacciante della crisi, e si chiede “E se un giorno non avessi più i soldi per la benzina?”. E’ la preoccupazione ad indurli a interessarsi davvero ai trasporti. Si guardano intorno, vogliono conoscere le alternative, sapere che altro c’è là fuori e come funziona. E restano sorpresi: spesso sono persone che avevano preso l’autobus l’ultima volta quando ancora andavano a scuola, e i mezzi – per quanto poco efficienti possano essere oggi – sono decisamente migliori rispetto ai loro ricordi di trent’anni fa.
Una cosa che Milano dovrebbe imparare da Lisbona e viceversa?
Ce l'ho perfettamente chiaro: Lisbona ha bisogno di un'Area C. Abbiamo messo in campo diversi provvedimenti per limitare il traffico, soprattutto nei quartieri più antichi: ci sono diverse piccole isole dove le auto non possono entrare, zone 30, e una suddivisione della città in tre aree concentriche con diversi limiti emissivi (NdR: nell'area centrale si entra solo con gli Euro 3 e superiori; nella zona di mezzo con gli Euro 2 e in quella più periferica con gli Euro 1). Però ci manca un sistema così ben organizzato e organico, che protegga l'intero centro. E Milano... posso dirvi la verità? Il parcheggio in città è un po' “selvatico”, se mi passate il termine. Credo che l'esperienza di Lisbona possa esservi utile da questo punto di vista: ci vuole un po' più di rigore e bisogna investire sui controlli. Ci guadagniamo tutti, alla fine.
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