Torino: negozio che vai, differenziata che trovi. Capitolo secondo a Vanchiglia
Dopo la prima "tranche" di interviste a commercianti e negozianti, ecco la seconda puntata. Rivelatrici le nuove cinque interviste in zona Vanchiglia: "Quindi carta, plastica e vetro non si buttano tutte insieme? Pensavo di sì" rivela il titolare di una piadineria. Da via Santa Giulia, poi, non mancano le lamentele: "I cassonetti della differenzata sono troppo pochi e troppo distanti". Ma c'è anche chi educa già i propri figli perché diventino dei perfetti "differenziatori"
30 October, 2013
Negozio che vai, differenziata che trovi. Capitolo due.
Il secondo giro di interviste ai commercianti del quartiere di Vanchiglia (bollino nero per la peggior percentuale di raccolta differenziata) ha messo ancor di più in evidenza l’ignoranza che circonda il mondo della raccolta differenziata. Tutti sanno che esiste, questo sì, ma sulle modalità le idee sono parecchio confuse.
A partire da Massimo Di Stefano, titolare della piadineria La Piè di via Montebello, fermamente convinto che carta, plastica, vetro e lattine andassero buttate tutte nello stesso cassonetto. Incredibile, vero? Anacronistico. Eppure… Il suo è un errore di superficialità: su ogni bidone dell’indifferenziato, in effetti, c’è scritto: buttare qui tutto TRANNE carta, plastica, vetro e lattine. Beh, Massimo non aveva letto il tranne, e tranquillamente, alla fine di ogni giornata di lavoro, prendeva il suo bel sacco con quel gran mix di rifiuti, e lo gettava via. Con la coscienza pulita come ce l’ha ogni buon cittadino rispettoso delle regole. Peccato per quel “tranne”…
Confusa è anche l’idea di Ivana Zarcone, 39 anni, titolare di un negozio di vestiti all’angolo tra via Santa Giulia e via Tarino. “A casa ci è arrivato un decalogo che spiegasse che cosa buttare dove. Qui no. Io non so con precisione cosa vada differenziato sotto il nome di ‘organico’. Non so dove tenere un ipotetico bidone della carta, non ho un centimetro libero in negozio. E poi lo riempirei in frettissima, ne produco davvero tanta”. Così, Ivana preferisce non riciclare per nulla, per evitare di doversi preoccupare di dover tenere un ipotetico bidone in negozio. Perlomeno, è lei la prima ad ammettere di essere nel torto. “Ho ancora molto da imparare, è vero. Ma tutto quello che so, cerco di trasmetterlo alle mie figlie: voglio che loro imparino fin da piccole a differenziare”.
Cartesio sì, Cartesio no. Per quanto riguarda la carta, la maggior parte dei commercianti di Vanchiglia ha preso l’abitudine di differenziare correttamente. Come testimonia Rinaldo, 54enne titolare di Guidetto Materiale Elettrico di via Santa Giulia 32. “Noi produciamo solo rifiuti cartacei, e li differenziamo al 100%. Il servizio Cartesio funziona bene. Le lampadine, invece, me le porto in Francia, dove ogni supermercato ha bidoni appositi”. Una nota polemica, però, non manca. “Se l’isola ecologica del vetro è troppo distante, non ci vado. Dovrebbe essere il Comune a mettermi nelle condizioni di poter differenziare tutto. Siamo in Italia, prevale la legge del ‘se non lo fanno gli altri, perché devo farlo io?’”. Giusto per dovere di cronaca, il cassonetto del vetro si trova in via Santa Giulia, quasi all’angolo con Largo Montebello: a nemmeno un isolato di distanza dal negozio di Rinaldo.
La giovane Valeria, commessa della panetteria Forno del Borgo di piazza Santa Giulia 31, denuncia invece la carenza dei bidoni dell’organico nella zona. “Ce ne sono giusto un paio qui fuori, ma a metà giornata sono già pieni”, spiega. “Siamo spesso in difficoltà a farci stare tutto quello che produciamo. Forse, qualche cassonetto in più invoglierebbe la gente a sforzarsi maggiormente. Anche se a mio modo di vedere questo quartiere è pulito di altri”. Pulito forse sì, differenziato sicuramente no.
“La plastica non la riciclo, il cassonetto è troppo lontano”. Ammette le sue colpe Emilia Cardone, 37 anni, titolare di un negozio di alimenti e articoli per animali in via Santa Giulia 21/d. Lei produce soprattutto carta, e quella la differenzia tutta. Ma il resto…”Se ci fosse il servizio porta a porta, così com’è per la carta, sarebbe tutto diverso. Ma sono dell’idea che la raccolta porta a porta la facciano per decoro, solo nei quartieri della ‘Torino bene’. Se penso che la gente cambierà le proprie abitudini e inizierà a differenziare? No, sono abbastanza pessimista. Ho imparato che ognuno pensa sempre e solo al proprio interesse”.