Seconda giornata del “Water Future” di Torino
Venerdì 8 novembre si è svolta la seconda parte del convegno internazionale sul futuro dei servizi idrici organizzato organizzato da Smat Torino. Si è parlato di come la ricerca e l’innovazione possano trasformare gli impianti di depurazione in raffinerie e in serre ambientali, ma in Italia il problema è ancora il gap infrastrutturale. Servono investimenti
09 November, 2013
di Pietro Mezzi
Seconda giornata di “Water Future, il futuro dei servizi idrici”, convegno internazionale organizzato da Smat Torino. Una giornata all’insegna della ricerca e dell’innovazione nel settore dell’acqua. Dopo il confronto di giovedì 7 novembre sulle politiche, venerdì è stata la giornata dei tecnici e degli addetti ai lavori. Il filo conduttore è stato appunto la ricerca e i progressi che si stanno facendo in diversi parti del mondo per migliorare la qualità del bene acqua e la sua accessibilità.
Bruno Tisserand, presidente di Eureau 2 Commission, ha puntato l’attenzione ai temi degli inquinanti nel ciclo delle acque reflue e ai fabbisogni energetici nel trattamento delle acque da depurare e dei fanghi da trattare. “Venti anni fa - ha detto Tisserand - il problema era rappresentato dai fanghi di depurazione delle acque. Oggi, con i fanghi si può produrre energia. Oggi, grazie alla ricerca, siamo in grado di produrre più energia di quanto ne serva per la depurazione. Anche negli impianti di desalinizzazione si sono fatti passi in avanti notevoli: con la ricerca è possibile realizzare impianti di questo tipo con soluzioni a bassa energia”. Ma la vera questione, per Tisserand, è ancora rappresentata dal mancato rispetto della direttiva europea del 1991 sul trattamento delle acque reflue. Il termine per adeguarsi alle norme europee era fissato al 2005; in questi otto anni solo contro la Gran Bretagna è stata avviata la procedura di infrazione per violazione degli standard comunitari. “Ma non perché la Gran Bretagna fosse l’unico paese inadempiente - ha aggiunto l’esperto parigino - ma perché tutti gli altri stati membri, ad eccezione appunto del Regno Unito, non avevano presentato la relazione tecnica prevista dalle norme”.
Un altro tema sollevato nel primo intervento della mattinata ha riguardato i flussi eccessivi fuori rete in occasione di eventi meteorici consistenti. “Considerati gli effetti dei cambiamenti climatici, che si ripercuotono sul sistema fognario delle nostre città e dei nostri paesi, occorre adeguare la normativa europea anche sotto questo aspetto - ha aggiunto il tecnico di Eureau 2 - che è appunto entrata in vigore nell’estate scorsa; direttiva che fissa standard di qualità anche in occasione di eventi meteorici straordinari”.
Interessante anche la parte più tecnica dell’intervento dell’esperto francese, che ha posto l’attenzione sul tema della progettazione degli impianti di depurazione. “Fino a ieri - ha affermato Tisserand - un impianto era pensato e realizzato per una sola funzione: depurare le acque reflue. Oggi, invece, occorre prestare attenzione agli aspetti energetici, a quelli olfatti e di ambientazione, anche perché, nel tempo, lo sviluppo della città ha pressoché circondato tali impianti. Servono quindi nuovi requisiti, che siano ambientali e visivi. Ecco che si è iniziato a progettare soluzioni con molto verde, fino a trasformare il sito impiantistico in una serra, che può essere visitata dalle scolaresche. In altre parti d’Europa, poi, sono state studiate e realizzate altre soluzioni tecnologiche, attraverso l’utilizzo di palline di polistirolo capaci di trattenere i batteri. In Francia invece si sta finanziando uno studio finalizzato a mappare le reti fognarie per individuare la migliore localizzazione di impianti di depurazione capaci di utilizzare il calore prodotto e recuperare così energia con cui riscaldare i vicini edifici residenziali. Ecco a cosa serve la ricerca. In Germania, negli impianti di depurazione si fa risparmio energetico, si produce energia, si realizzano delle micro-turbine e si è arrivati a produrre le bioplastiche. Il tradizionale impianto di depurazione deve trasformasi in una bioraffineria”.
Adolfo Spaziani, per anni direttore di Federutility e oggi consulente della stessa associazione, ha invece riportato l’attenzione al tema dei finanziamenti, dei costi e delle tariffe dell’acqua. Mettendo sul tavolo dati impressionanti. “In Italia - ha affermato l’ex direttore di Federutility - a venti anni esatti dalla legge Galli, che per prima parlava di servizio idrico integrato, ci sono ancora 1200 operatori del servizio idrico, 700 comuni che gestiscono in house, 20 ambiti non ancora affidati e nei 72 Ato riconosciuti sono stati individuati 117 gestori. Una situazione arretrata. Anche per quanto riguarda le infrastrutture. Infatti, abbiamo ancora reti che perdono, irregolarità nell’erogazione dell’acqua e un deficit nel sistema di depurazione: 1.100 agglomerati urbani sono sottoposti a infrazione comunitaria”. Spaziani ha ricordato anche i dati del cosiddetto gap infrastrutturale del nostro paese. “Dai dati derivanti dalle pianificazioni d’ambito, che non coincidono con i fabbisogni reali che sono sempre superiori, il divario infrastrutturale vale 1 miliardo di euro l’anno e 1,2 il valore delle opere necessarie a rimpiazzare l’esistente. Che equivale, comprendendo anche l’adeguamento alle norme, 4,8-5 miliardi ogni anno”. Queste le esigenze. Ma a quanto ammontano gli investimenti reali? “A 1,4 miliardi di euro l’anno continua Spaziani - E il livello medio pro-capite italiano di investimenti vale circa la metà del livello medio dei paesi dell’Ocse, con una tariffa che è pari a 1,75 dollari il metro cubo”.
I lavori sono poi proseguiti con due relazioni sull’evoluzione dei trattamenti delle acqua potabili a Barcellona e delle acque reflue in Cina, nella regione di Shangai