Teleriscaldamento: come si regola la temperatura dei termosifoni?
Molte città italiane hanno sviluppato reti di teleriscaldamento che servono un numero sempre maggiore di utenti. Come accade spesso con le nuove tecnologie, non mancano le polemiche, soprattutto a proposito della regolazione della temperatura all'interno delle singole abitazioni. Cerchiamo di fare un po' di chiarezza
06 December, 2013
Riscaldare casa e produrre acqua calda senza bisogno di caldaie, pannelli solari o altri impianti domestici. È una delle prerogative del teleriscaldamento, una tecnologia ad alta efficienza che sta ottenendo una diffusione sempre crescente anche in Italia, soprattutto in alcune regioni del nord.
Come funziona
Lo schema di funzionamento è relativamente semplice: all'interno di una centrale, normalmente situata fuori città, viene prodotto vapore, che poi è distribuito alle singole abitazioni attraverso una rete di tubi sotterranei. Di solito, le centrali usate per il teleriscaldamento sono a cogenerazione, nel senso che producono (a partire da fonti diverse, rinnovabili o fossili) anche energia elettrica oltre al calore. Tornando al “viaggio” sotterraneo del vapore, questo si conclude presso i singoli edifici allacciati alla rete di teleriscaldamento, dove di norma è presente, al posto della tradizionale caldaia condominiale, uno scambiatore di calore. Grazie a questo dispositivo, il vapore proveniente dalla centrale riscalda l'acqua, che viene poi distribuita agli impianti dei vari appartamenti, dove alimenta i termosifoni ed eventualmente i sanitari e l'impianto di raffrescamento estivo.
Regolare la temperatura in casa (e i consumi)
Ma come funziona la regolazione della temperatura dei caloriferi, visto che gli utenti del teleriscaldamento non hanno una caldaia (né autonoma né centralizzata)? Il sistema più semplice, e più diffuso, stando a una nostra piccola indagine online, consiste nell'uso di valvole termostatiche da installare su ciascun radiatore. Grazie alla scala graduata, la termovalvola consente, esattamente come nel caso di edifici con una tradizionale caldaia centralizzata, di regolare a piacimento la temperatura del termosifone, fino a spegnerlo, a prescindere dal funzionamento dell'impianto condominiale. Abbassare la temperatura consente di ridurre i consumi e, se le termovalvole, come spesso accade, sono associate a dispositivi di contabilizzazione del calore (che permettono di ripartire i consumi utente per utente), anche i costi in bolletta. In altri casi, invece, la regolazione del sistema di teleriscaldamento viene affidata, in aggiunta o in alternativa alle valvole termostatiche, a un apposito termostato (o cronotermostato) posto nelle varie abitazioni servite dall'impianto. In questo modo, ogni utente può stabilire orari e temperatura di esercizio dei termosifoni.
Cosa può andare storto
Problemi e difficoltà, in ogni caso non mancano. In rete, ad esempio, si legge di utenti che lamentano significativi sbalzi termici da un giorno all'altro, con l'impossibilità, da parte loro, di far fronte a picchi eccessivi di temperatura (26 gradi dentro casa a Milano alla fine di ottobre). Una torinese servita dal teleriscaldamento, invece, ci racconta di un guasto che ha causato un grave disservizio, durato diversi giorni, a un'intera zona della città, e che è stato risolto solo con un intervento importante con tanto di scavo stradale. Ancora sul fronte delle possibili difficoltà di regolazione della temperatura, invece, una nostra lettrice milanese ammette di essere «vincolata alla regolazione condominiale per quanto riguarda accensione e spegnimento» e di riuscire, grazie alle termovalvole, solo ad «abbassare un po' quando necessario, con un grado di autonomia non paragonabile a un impianto autonomo».
Efficienza e qualità dell'aria
Dal punto di vista tecnico, in ogni caso, il problema della possibilità di regolare efficacemente la temperatura delle singole unità abitative non esiste. Secondo Domenico Di Canosa, responsabile delle vendite di un'azienda di sistemi di gestione energetica per gli edifici, quando si incontrano difficoltà di questo genere, come nel caso dei 26 gradi autunnali a Milano, non può che dipendere da un errore di progettazione dell'impianto. «Di certo l'operazione va progettata con cura nel dimensionamento dello scambiatore e nella messa in esercizio, verificando il bilanciamento delle colonne e le temperature dei caloriferi, cui vanno regolati i detentori affinché trasferiscano nell'ambiente la giusta quantità di calore senza penalizzare gli altri piani – spiega – Se fa così caldo, si tratta di un impianto mal realizzato o mal messo in servizio». Quel che è certo è che, al di là delle possibili beghe condominiali e degli inevitabili inconvenienti tecnici, il teleriscaldamento vanta un alto grado di efficienza energetica, sia perché una singola centrale di generazione garantisce prestazioni sicuramente migliori di tanti piccoli impianti di riscaldamento, sia perché la cogenerazione (elettricità e calore) permette di aumentare ulteriormente l'efficienza. Da non sottovalutare, infine, i vantaggi in termini di riduzione delle emissioni inquinanti che si ottengono dall'eliminazione delle caldaie.