Consorzio plastica COREPLA. Intervista al Presidente Giorgio Quagliuolo
Un bilancio sul 2013, i costi del Consorzio, il problema della plastica non riciclabile e quella che va a recupero energetico. L'intervista a tutto campo di Eco dalle Città al presidente del Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclaggio e il Recupero degli Imballaggi in Plastica
31 January, 2014
COREPLA, come tutti i 6 consorzi di filiera CONAI, si occupa della raccolta dei soli “imballaggi” in plastica. Che comunque sono tanti. Ben 22 esempi di imballaggi in plastica diversi compaiono infatti sul sito del Consorzio come rifiuti da destinare alla raccolta differenziata. Dai più conosciuti, le bottiglie per bevande, i flaconi per detersivi e le vaschette per alimenti, ad altri meno noti e che spesso si raccolgono poco o male, come gli imballi in polistirolo, le pellicole per imballaggio, le confezioni di pasta, di snack e simili. Cosa invece non va gettato, o meglio non andrebbe, nella raccolta differenziata della plastica - perché non è imballaggio – sono rifiuti come i giocattoli in plastica, i CD, gli occhiali e le penne in plastica, i sottovasi, le bacinelle….
Presidente Quagliuolo, la prima domanda riguarda naturalmente un bilancio sui risultati del Consorzio COREPLA nel 2013.
Non abbiamo ancora il “definitivo 2013”, ma sappiamo che c'è stata una crescita sensibile della raccolta degli imballaggi in plastica rispetto al 2012, circa un 12% in più (dato 2013: circa 770.000 t raccolte). Questo aumento, pur in presenza di un calo dell'immesso al consumo di alcuni punti %, è un primato notevole per il nostro comparto e va attribuito soprattutto a due fattori: 1) la raccolta è decollata in zone storicamente difficili, come Roma, Napoli e Palermo; 2) c'è stato un aumento anche in zone più mature – ad esempio il Veneto - che nonostante un pro-capite annuo di 18 kg (contro i 3 kg pro-capite della Sicilia) è ulteriormente aumentato di circa il 10%.
Sarete felici di questo risultato.
Va detto che questo risultato non dipende esclusivamente da noi, ma dai Comuni, perché i Consorzi si occupano solo di quello che succede dopo la raccolta dei materiali. Ci fa comunque piacere, dal punto vista istituzionale e ambientale, ma sul piano meramente economico rappresenta anche un problema, perché comporta maggiori costi. Purtroppo il sistema di raccolta degli imballaggi in plastica ha un deficit di catena strutturale non ovviabile. In sostanza: ad ogni kg in più di plastica raccolta corrisponde un maggior impegno economico di COREPLA.
Ci spieghi meglio.
COREPLA in sostanza paga, per legge, direttamente ai Comuni, i maggiori oneri che la raccolta differenziata comporta, con il corrispettivo di raccolta. Faccio due conti: viene versato un corrispettivo di raccolta medio di 260 euro a tonnellata, al quale va aggiunto un costo di selezione di circa 150 euro a tonnellata. Il totale fa 410 euro/t. Considerando che la frazione che Corepla valorizza meglio sul mercato è il PET (polietilentereftalato), vendendolo in media a 350 euro alla tonnellata, ecco che siamo già in perdita persino con il nostro prodotto migliore.
Quali sono le principali frazioni della plastica che recuperate e come le mettete sul mercato?
Il PET appunto, quello delle bottiglie per bevande e vaschette di imballaggio, è il materiale che valorizziamo di più perchè si ricicla meglio. Poi l'HDPE (polietilene ad alta densità, High-Density Polyethylene) dei flaconi per liquidi, come i detersivi. Infine il FILM, ossia polietilene a bassa densità. Le frazioni che recuperiamo vengono vendute sul mercato tramite ASTE TELEMATICHE, con operatori controllati e accreditati, alle quali possono partecipare gli operatori di tutti i paesi UE, anche quelli che non ci danno la reciprocità.
Il Consorzio promuove inoltre appositi progetti di Ricerca e Sviluppo volti a recuperare sempre più frazioni di materiale. Ci proviamo anche con il PP (polipropilene), che selezioniamo per circa 7.000 t/anno, ma per il quale non riusciamo ancora a fare l'asta. Infine il filone del Plasmix (rifiuti di imballaggi in plastica residui dal processo di selezione della raccolta differenziata urbana, NdR) che viene utilizzato per produrre Combustibile alternativo e SRA. Grazie a partnership industriali con impianti esteri (come l'acciaieria austriaca VoestAlpine di Linz), lo SRA (Secondary Reducing Agent) viene valorizzato come “agente riducente” nella combustione per la produzione di acciaio, sostituendo il 20% del coke tradizionalmente utilizzato, con risparmi ambientali ed economici. Sono circa 12.000 tonnellate che si ottengono da 35.000 t di Plasmix. Il problema è che per quanto ci si sforzi nel riciclo, arriviamo ad un recupero di materia di circa il 50% di tutta la plastica raccolta; il resto lo dobbiamo termovalorizzare.
Il 50 % finisce bruciato? Ma non è tanto e non comporta un costo ambientale troppo alto?
Penso che in Italia sia in atto una battaglia demagogica contro la termovalorizzazione della plastica. Si dice "COREPLA vuole solo bruciare", ma non è vero, non si conosce il problema. Noi vorremmo riciclare di più, ma per com'è il sistema - che ci impone la raccolta anche di frazioni non riciclabili per motivi tecnici vari - non si riesce ancora a scendere sotto quel 50% che ha due sole strade: la termovalorizzazione o la discarica.
In Italia l’incivile ricorso a quest’ultima è ancora a livelli elevati (anche a causa della RD non avviata). COREPLA per il 50% non riciclabile contenuto nella raccolta differenziata svolge dunque un importate ruolo sottraendolo appunto alla discarica e avviandolo a recupero energetico, pur con gli oneri aggiuntivi che ne derivano. In Europa i Paesi che sono virtuosi, lo sono anche grazie alle alte % di termovalorizzazione. Se si considerasse solo il riciclo, l'Italia sarebbe in linea con i Paesi migliori.
Ma se c'è tutta questa parte d'imballaggi irriciclabili, perché li raccogliamo, non è un costo aggiuntivo che potremmo evitare? E chi paga questo costo?
Sfonda una porta aperta: sono dell'idea che si dovrebbe raccogliere solo quello che si può riciclare, il resto andrebbe inviato direttamente alla termovalorizzazione, perché anche come costo ambientale non conviene; pensi alle centinaia di camion e di viaggi avanti e indietro per questa plastica che non ha possibilità di recupero diversa da quella di essere termovalorizzata. E' un 50% i cui costi di raccolta e di selezione gravano sul Consorzio, senza originare ricavi e l'unica possibilità che abbiamo per far fronte a questo processo è aumentare il CAC, il Contributo Ambientale CONAI.
Allora anche includere nella raccolta piatti e bicchieri di plastica monouso è stato un errore?
Riguardo le stoviglie monouso in plastica - differenziabili dal maggio del 2012 - occorre dire che l'inclusione andava fatta, per sanare una situazione assurda. Prima, se il piatto o bicchiere di plastica arrivava da una mensa era considerato imballaggio, ma i pacchi di stoviglie plastiche comprati al supermercato e usati in una festa casalinga non lo erano. Si è quindi deciso che tutti i MONOUSO in plastica fossero imballaggi, rientrassero nel CONAI e fossero soggetti al CAC. Quindi è stata una decisione positiva; stiamo facendo ogni sforzo per riciclare le stoviglie in plastica che sono fatte in polistirolo cristallo e in polipropilene caricato cercando di risolvere alcune difficoltà di riciclo.
Comunque, se ci fosse una legge che dice: d'ora in avanti nella plastica si raccoglie solo quello che si può riciclare, lei sarebbe d'accordo?
Le dico che se si tornasse al sistema Replastic, il consorzio che recuperava solo i contenitori per liquidi (bottiglie e flaconi) sicuramente risparmieremmo tanti costi. Ma è un'ipotesi irrealizzabile perché oggi il Consorzio deve soddisfare fini istituzionali e di sostegno del sistema e dei Comuni, diventati irrinunciabili. Sarei d'accordo ad una differenziazione del CAC - Contributo Ambientale - per indice di riciclabilità del prodotto: chi produce o distribuisce imballaggi che sappiamo non avere mercato ai fini del riciclo, paghi un po' di più. Questa strada deve però essere intrapresa mettendo in atto tutte le cautele necessarie per evitare elusioni.
Cosa ne pensa dei primi ecocompattatori che danno un buono sconto ai cittadini e si stanno diffondendo presso alcuni supermercati? Ne abbiamo parlato su Roma e Grugliasco.
Penso che all'inizio possano attirare l’attenzione, ma non credo siano la soluzione sul lungo periodo. Economicamente non vedo come si possa dare dei buoni sconto e riuscire a sostenere tutti i costi del riciclo della plastica, raccogliendo quelle minime quantità delle macchinette compattatrici. Inoltre c'è un problema giuridico. Quando il cittadino porta al supermercato l'imballaggio usato, quell’imballaggio per legge diventa un rifiuto e per trattarlo ci vuole l'autorizzazione ambientale. Anche la COOP aveva pensato a fare una cosa simile, ma hanno fatto marcia indietro. Una ragione ci sarà.
Eppure la cosa sembra funzionare bene dove è stata attivata …
Potrebbe avere un senso solo se un sistema simile venisse adottato dagli stessi Comuni e si raccogliesse in questo modo dai cittadini la plastica cosiddetta di prima fascia, di prima qualità. Il Consorzio già riconosce agli imballaggi in plastica che per il 90% ed oltre sono costituiti da contenitori per liquidi, un "super" Contributo di raccolta. Se queste macchinette fossero utilizzate come cassonetti intelligenti per raccogliere solo queste categorie di imballaggi e la raccolta venisse fatta dai Comuni su larga scala, ci andrebbe benissimo e ci farebbe risparmiare molto sui costi di selezione.
di Paolo Hutter e Stefano D'Adda