Sistri, ecco l’incubo di sarti e orafi
Allarme di Confartigianato: a rischio oltre seimila piccole imprese. Il calzolaio: una legge contro il buonsenso. Il parrucchiere: altro che semplificare le carte - da La Repubblica del 11.02.2014
11 February, 2014
Stefano Parola
Si chiama Sistri e può diventare l’incubo di 6.500 piccoli imprenditori. È il nuovo Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, che sarà obbligatorio da inizio marzo. Una novità che, secondo Confartigianato Torino, rappresenta «un’altra complicazione burocratica » e che «potrebbe mettere in ginocchio 6.506 piccole imprese in tutta la provincia». Perché tra poco meno di un mese categorie come quelle dei barbieri, delle estetiste, dei calzolai, dei tatuatori, degli orafi, saranno considerati dallo Stato come dei produttori di rifiuti pericolosi, proprio come se gestissero un impianto siderurgico o un grande ospedale.
Le nuove norme prevedono infatti che alcune categorie di arse
tigiani traccino e registrino gli strumenti del mestiere che intendono buttare via. Accadrà ad esempio con le batterie per gli orologiai, con il toner per i tipografi, con la ceretta per l’estetista e così via. Gli imprenditori dovranno acquistare una chiavetta Usb con un software protetto (costo: 120 euro), seguire le istruzioni sul portale del Sistri per rendere tracciabili i propri rifiuti pericolosi e poi pagare un’imposta che parte da 130 euro e sale in base al numero di dipendenti.
È una trafila che ha sollevato le ire degli artigiani: «In questo modo – accusa Dino De Santis, presidente di Confartigianato Torino – pende una spada di Damocle sulle teste degli imprenditori. Si tratta di un ulteriore carico burocratico che peserà soprattutto sulle piccole e metterà a repentaglio la loro sopravvivenza». Sì, perché, dice il leader dell’associazione, «la burocrazia pesa come e più di una tassa: ogni azienda spende circa 11 mila euro l’anno per sbrigare tutti gli adempimenti». De Santis se la prende contro «la cecità dei burocrati» e poi rincara la dose: «Le micro imprese sono completamente dimenticate da ogni programma politico».
Il parere/1
Il calzolaio: una legge contro il buonsenso
“Una follia tecnocratica per un barattolo di colla”
Giancarlo Berardinelli, lei che è il leader della categoria dei calzolai di Confartigianato Torino che ne pensa del Sistri?
«Che è pazzesco. Nel nostro caso i rifiuti sono i contenitori delle colle vuoti, le lattine di solvente, gli scarti di pellame o gomma. Finora dovevamo tenere un registro di carico e scarico su cui ne annotavamo le caratteristiche e poi bastava contattare un trasportatore e compilare un questionario. Adesso invece bisogna comprare una chiavetta Usb, che poi è una sorta di tassa occulta, poi andare sulla piattaforma, completare delle schede, contattare il trasportatore, ricompilare le schede e aspettare che lui prenda in carico i rifiuti, usando a sua volta la chiavetta. In sintesi: è una follia tecnocratica».
Tutti i suoi colleghi sanno usare il pc?
«No, infatti molti dovranno farsi affiancare da qualcuno che gli risolva il problema, tirando fuori altri soldi».
Esiste una via d’uscita?
«Bisognerebbe trovarla con il buon senso. Chi formula queste leggi dovrebbe tenere conto di come si svolge la giornata di un artigiano. Lavoriamo in bottega dalle 10 alle 15 ore, dovremmo metterci di notte a fare tutte le procedure del Sistri? Sembra che mentre noi facciamo i salti mortali per mandare avanti l’azienda ci sia qualcun altro che faccia di tutto per farci dire basta».
Il parere/2
Il parrucchiere: altro che semplificare le carte
“L’assurdità: i cosmetici come rifiuti pericolosi”
Giuseppe Falcocchio, lei è il presidente della categoria “parrucchieri, barbieri ed estetisti” di Confartigianato Torino. Quali rifiuti pericolosi producono i suoi colleghi?
«In realtà non è ancora chiaro. Per i barbieri, per esempio, si parla di lame o rasoi che possono essere venuti a contatto con del sangue. Ma è un’ipocrisia: un condominio di medie dimensioni produce molti più rifiuti di questo tipo di un qualsiasi artigiano, anche perché ormai le persone che si fanno fare la barba sono poche. Lo stesso discorso vale per le confezioni dei cosmetici: il 60 per cento di questa merce viene venduto direttamente ai clienti attraverso i supermercati, quindi perché se li usiamo noi diventano rifiuti pericolosi?».
Quindi questo sistema di tracciamento, il Sistri, non va bene?
«Si parla sempre di semplificare le procedure per le piccole e medie imprese, tutti i politici lo annunciano quando vanno in tivù. Solo che appena si voltano dall’altra fanno l’esatto opposto. Ormai è complicato pure avere una radio in negozio».
Addirittura?
«Per ascoltarla bisogna versare tre tasse: una alla Rai, una alla Siae e un’altra alla Scf, un consorzio di produttori discografici. Tre incombenze per pagare la stessa cosa. Come si fa ad andare avanti così?».