Direttiva Sacchetti: l’arma più efficace contro l’usa&getta è non usarlo. Intervista a Silvia Ricci
Mentre il bando italiano fra passi avanti e passi indietro, polemiche e false partenze, cercava di arrivare in Gazzetta Ufficiale, qualcuno continuava a lavorare anno dopo anno, campagna dopo campagna, convinta che oltre a cambiare le leggi bisogna cambiare mentalità: e se oggi vince la sporta è anche (tanto) grazie a lei. Intervista a Silvia Ricci, oggi Responsabile campagne Associazione Comuni Virtuosi, fondatrice di Porta la Sporta
13 March, 2014
La proposta di direttiva europea per ridurre il consumo di sacchetti di plastica leggeri ha superato il primo scoglio della Commissione Ambiente dell’Europarlamento, e ora si attende il voto decisivo dell’aula ad aprile. Il testo della direttiva è un buon risultato?
Lo è perché finalmente si affronta questo enorme spreco di risorse, cercando di contenere l'inquinamento ambientale causato dalla plastica e le conseguenze che si ripercuotono sulla fauna, soprattutto marina. Purtroppo però, come spesso accade quando sono in gioco grandi interessi economici, si è perso molto tempo. Sono stati ignorati i primi studi e i rilevamenti che già negli anni settanta evidenziavano la presenza di plastica nei mari e i rischi che potevano conseguire da un suo accumulo. L'industria della plastica ha scelto di negare il problema per decenni. Invece di prendersene carico ha investito ingenti risorse economiche per evitare che governi locali o nazionali, allertati da associazioni ambientaliste, prendessero misure che potessero, di fatto, erodere i fatturati del settore.
Materiale che la stessa campagna Porta la Sporta aveva messo a disposizione già da tempo…
Nei mesi precedenti al lancio nel marzo del 2009 della campagna Porta la Sporta è stato fatto uno studio della situazione internazionale come consumo di sacchetti e azioni di contrasto intraprese da governi piuttosto che associazioni ambientaliste. Abbiamo approfondito lo stato dell'arte esaminando campagne, accordi volontari di riduzione del consumo, modalità dei primi divieti o tassazioni entrati in vigore in vari stati. Il modello vincente, con risultati mantenuti stabili nel tempo, si è rivelato quello dell'Irlanda. L'applicazione di una tassa di 22 cent, avvenuta oltre sei anni fa, ha permesso di ridurre drasticamente il consumo di shopper di oltre l'80%.
In tutti questi anni di battaglie tra compostabili, additivi e plastica tradizionale, Porta la Sporta è sempre rimasta un passo fuori dalle discussioni, concentrandosi piuttosto su un altro obiettivo: come evitare di usarli, indipendentemente dal materiale di cui fossero fatti gli usa e getta. Continua ad essere questo il cuore della questione?
L'approccio della campagna, già evidente dal suo claim è stato da sempre incentrato sulla prevenzione, in linea con la gerarchia europea di gestione dei rifiuti e sulla promozione di una cultura del riuso. In un pianeta dalle risorse finite con una popolazione della classe media in costante aumento, il riscaldamento climatico alle porte, è semplicemente impossibile mantenere gli attuali stili di vita e di consumo che il nostro modello economico lineare necessita. D'altronde è la stessa Europa, attraverso il suo Commissario all'Ambiente ad indicare da tempo in ogni occasione pubblica la necessità di una transizione verso una economia circolare come unico modello di crescita ancora possibile.
La direttiva in effetti più che sui materiali impiegati si concentra sulla lotta allo spreco di risorse, tanto che il biodegradabile ha ricevuto qualche concessione importante, ma non è stato escluso dalla direttiva. E’ giusto così?
Io credo che attraverso l'innovazione e la ricerca si debba sì arrivare a sviluppare nuovi materiali meno impattanti per l'ambiente (così come si sta facendo con le bioplastiche), ma se vogliamo dimezzare le emissioni di gas serra va fatto molto, ma molto di più. La vera sfida dell'innovazione è lo sviluppo di nuovi processi e sistemi che permettano di avere gli stessi risultati come prodotti o servizi dematerializzando, eliminando cioè alla radice il consumo di risorse dove non necessario. Positivo quindi il fatto che la proposta preveda anche un target di riduzione per i sacchetti biodegradabili e compostabili e che venga incoraggiata l'opzione di mettere i sacchetti monouso a pagamento nel settore alimentare e non solo. D'altronde si tratta di fare in modo di introdurre una semplice abitudine nelle persone (avere una borsa riutilizzabile a portata di mano) e non di contrastare una difficile dipendenza!
In Italia il consumo di sacchetti sembrerebbe dimezzato rispetto al 2006, ma con differenze ancora molto importanti da un settore all’altro e da una zona all’altra. Quali sono i nodi da affrontare ora?
La riduzione del 50% che si è realizzata in Italia è stata merito non solamente dei supermercati alimentari, ma anche di diverse catene distributive no food; dal settore del bricolage a quello delle attrezzature sportive, che da tempo offrono sacchetti biodegradabili/compostabili a pagamento e borse riutilizzabili a prezzi contenuti. Va ancora affrontato l'alto consumo di shopper usa e getta che avviene nel piccolo commercio e nei mercati rionali. Se si continuerà a “nascondere” il costo dei sacchetti nei prezzi dei prodotti non si ridurrà il consumo e gli acquirenti continueranno a comportarsi in modo diverso a seconda dell'esercizio. L'esito di un monitoraggio sul consumo di sacchetti usa e getta che è stato registrato durante i sei mesi di durata della competizione “Sfida all'ultima sporta” in 13 comuni italiani ha infatti dimostrato che è l'esercente o il responsabile di un punto vendita a determinare il livello di consumo.
Un altro “pallino” di Porta la Sporta – e anche nostro – è sempre stato quello dei sacchettini dell’ortofrutta, che ora viene affrontato, per la prima volta, dalla direttiva. Per questa tipologia di sacchetti con spessore inferiore ai 10um, viene indicato il 2019 come data entro la quale dovranno essere sostituiti da sacchetti in carta riciclata o plastica biodegradabile e compostabile.
E’ sicuramente positivo che si affronti finalmente anche lo spreco di sacchettini di plastica che avviene nel settore ortofrutta dei supermercati sì, ma anche nei negozi e nei mercati rionali. Anche in questo segmento però, se si considera che un ipermercato può consumarne in un anno anche un milione di pezzi, ritengo sia necessario ridurne prima il consumo cambiando le procedure. Nei supermercati dove è presente personale addetto alla pesatura dell'ortofrutta si può ridurre l'uso di sacchetti mettendo più varietà di prodotto nello stesso sacchetto a seconda delle quantità acquistate. Parallelamente andrebbero introdotti sacchetti o contenitori riutilizzabili anche in questo reparto. Ogni operatore della grande distribuzione può sviluppare un proprio modello così come è stato fatto con le sporte personalizzate e fare di questa opzione uno strumento di fidelizzazione. Per preparare il terreno a quest'opzione abbiamo promosso una specifica iniziativa Mettila in rete già dal 2010. Per i primi tempi sarà necessario spiegare e incentivare economicamente l'acquisto con il sacchetto riutilizzabile (con l'accredito di eco punti e altre modalità di cui abbiamo parlato tante volte) ma se davvero lo si vuole, le nuove abitudini si adottano.
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