Differenziata organico: il problema dei falsi sacchetti compostabili
A Milano Recycle City abbiamo intervistato Christian Garaffa di Novamont, sul problema dei falsi sacchetti compostabili che compromettono la raccolta differenziata dell'organico. I falsi marchi "compostabile" e più ancora gli shopper in polietilene additivato: soprattutto al centro-sud, anche molti Comuni li comprano in buona fede, ma sono truffati
08 June, 2014
Nel corso di Milano Recycle City, abbiamo intervistato Christian Garaffa, Responsabile Marketing RD e Riciclo di Novamont, che ci ha spiegato quali siano gli attuali problemi sul fronte del corretto utilizzo dei sacchetti compostabili, per la raccolta differenziata del rifiuto umido (organico).
Durante la sua relazione, avete raccontato dei primi progetti di raccolta differenziata dell'umido in Europa, seguiti da Novamont. Davvero siete stati precursori in Germania?
Sì, a Fürstenfeldbruck in Baviera, nel 1992. Lì hanno iniziato ad usare i sacchetti compostabili fatti con il nostro granulo e li usano ancora oggi, anche se il materiale naturalmente si è evoluto. E il primo esperimento italiano di RD dell'organico è avvenuto poco dopo, nel 1993, a Bellusco (MI).
In quel 4,27% milanese di organico non compostabile c'è spesso il problema dei sacchetti in plastica o comunque non idonei. Com'è la situazione in Italia oggi?
A livello nazionale c'è un problema grosso, soprattutto al centro-sud, quello dei falsi sacchetti compostabili, fatti con polietilene additivato (e a volte nemmeno additivato) con prodotti che magari consentono la frammentazione nel tempo, ma non sono assolutamente adatti al compostaggio e quindi non sono conformi allo standard europeo EN 13432, la norma di riferimento per le caratteristiche che un materiale deve avere per potersi definire biodegradabile e compostabile.
Sono quindi sacchetti "fuorilegge", ma spesso forniti anche ai Comuni e altre PA per fare la raccolta dell'organico. Gli additivati, poi, li prendono anche i piccoli commercianti, spesso inconsapevolmente, credendo siano conformi alla normativa. Quindi non è solo questione del singolo cittadino che sbaglia a prendere uno shopper. Chi compra questi sacchetti credendoli idonei, in sostanza viene truffato. Sono dei falsi.
Come fa il cittadino comune a scegliere i sacchetti giusti? Quelli della Grande Distribuzione vanno bene?
La biodegradabilità e compostabilità è certificata da un marchio, appunto quello dello standard europeo EN 13432, ma purtroppo ci sono dei falsi anche nei marchi. Tuttavia non si può chiedere al consumatore di verificare un marchio falso, bisogna applicare le sanzioni, che la normativa in materia prevederebbe ... Basterebbe fare qualche controllo in mirato in più.
Sì,ormai tutte le grandi catene della distribuzione usano shopper compostabili veri e il prezzo medio che applicano è quello dei 10-12 cent a sacchetto.