Legambiente presenta Ecomafia 2014. Puglia tra i primi posti per illegalità e ciclo dei rifiuti
Nomi e numeri dell’illegalità ambientale in Italia “Fermare l’Ecomafia, rilanciare l’Italia”. La Puglia con 2.931 infrazioni accertate sale al terzo posto nella classifica generale dell’illegalità ambientale e resta sul podio per il ciclo illegale del cemento e per reati contro la fauna rispettivamente al secondo e terzo posto
11 June, 2014
In Italia, 29.274 infrazioni accertate per 321 clan censiti e un business illegale di 15 miliardi di euro, 28.360 le persone denunciate e 160 gli arresti solo nel 2013. Aumentano i reati nel ciclo dei rifiuti e contro la fauna, raddoppiano nel settore agroalimentare mentre calano gli incendi dolosi
21 le amministrazioni comunali sciolte per condizionamento mafioso negli ultimi 16 mesi.
In Puglia aumentano i reati nel ciclo dei rifiuti (la Puglia è seconda dopo la Campania). Diverse le operazioni delle Forze dell’Ordine che hanno portato alla luce rifiuti tombati ultima quella a Grottelline in agro di Spinazzola, dove si vuole realizzare una discarica. Bari e Foggia fra le prime dieci province per illegalità ambientale in Italia nel 2013. Legambiente lancia un appello ai senatori pugliesi per accelerare al Senato l’approvazione del disegno di legge sui reati ambientali
Sono 29.274 le infrazioni accertate nel 2013, più di 80 al giorno, più di 3 l’ora. In massima parte hanno riguardato il settore agroalimentare: 9.540 reati, più del doppio del 2012 quando erano 4.173. Aumentano i reati nel ciclo dei rifiuti, passando da 5.025 a 5.744, +14,3%. Salgono anche i reati contro la fauna: 8.504 totali, +6,6%. Mentre calano i reati nel ciclo del cemento: 5.511 nel 2013 (-12,7% , erano 6.310 lo scorso anno). Sul fronte dei traffici internazionali di rifiuti l’Agenzia delle Dogane, insieme alle Forze dell’Ordine, ha sequestrato oltre 4.400 tonnellate di rifiuti (principalmente cascami di gomma, materie plastiche e metalli). Il fatturato dell’ecomafia, sempre altissimo nonostante la crisi, ha sfiorato i 15 miliardi di euro grazie al coinvolgimento di numerosi clan (ben 321) che per i loro traffici hanno potuto contare spesso sull’aiuto di funzionari e dipendenti pubblici consenzienti o decisamente disonesti che hanno semplificato iter e processi autorizzativi in cambio di sostanziose mazzette. Il 47% dei reati ambientali si è consumato in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. A questo vivace dinamismo degli ecocriminali fa da contraltare l’immobilismo della politica nazionale: nel nostro Paese vige ancora una legislazione a tutela dell’ambiente del tutto inadeguata, a carattere sostanzialmente contravvenzionale e basata su una vecchia impostazione che riconosce massimamente le ragioni dell’economia tralasciando i costi ambientali, sanitari e sociali.
Ecomafia 2014, il rapporto di Legambiente che monitora e denuncia puntualmente la situazione della criminalità ambientale - dedicato quest’anno alla memoria di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e del sostituto commissario di polizia Roberto Mancini, recentemente scomparso per la malattia contratta proprio a causa delle indagini sui traffici dei rifiuti condotte tra Campania e Lazio - è stato presentato oggi a Roma nel corso di un convegno e contemporaneamente a Bari nel corso di una conferenza stampa da Francesco Tarantini, Presidente di Legambiente Puglia alla presenza di Ennio Cillo, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Lecce e Renato Nitti, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari.
«I dati del Rapporto Ecomafia 2014 ci restituiscono un quadro piuttosto desolante della nostra regione - dichiara Francesco Tarantini, Presidente Legambiente Puglia - La Puglia sale nella classifica generale delle illegalità ambientale piazzandosi al terzo posto con ben 2.931 infrazioni accertate. L’abusivismo edilizio e i reati contro la fauna non accennano a diminuire mentre aumentano quelli nel ciclo dei rifiuti con la nostra regione che si posiziona al secondo posto subito dopo la Campania con 469 infrazioni accertate».
Nella classifica generale dell’illegalità ambientale in Italia nel 2013, la Puglia sale al terzo posto con 2.931 infrazioni accertate, 2.579 persone denunciate, 28 arrestate e 1.028 sequestri effettuati. Per quanto riguarda il numero dei sequestri effettuati, la nostra regione è seconda nel 2013. Mentre nella classifica provinciale dell’illegalità ambientale in Italia nel 2013 troviamo ben due province pugliesi: Bari al 5° posto e Foggia al 6° posto rispettivamente con 846 e 795 infrazioni accertate.
Nel ciclo illegale dei rifiuti, la Puglia sale al secondo posto con 469 infrazioni accertate, 487 persone denunciate, 9 arrestate e 242 sequestri effettuati. La maggior parte delle infrazioni accertate si concentrano nelle province di Bari (177), Taranto (98) e Foggia (72).
In Puglia, dal 2002 ad oggi (6 giugno 2014) ci sono state ben 44 inchieste contro attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti, cioè il 18,6% circa delle inchieste su tutto il territorio nazionale.
Venendo alle inchieste più importanti, lo scorso 11 aprile è stata la Dda di Bari a chiudere una maxi operazione contro il traffico organizzato di rifiuti, nome in codice Black Land. L’inchiesta si è concentrata soprattutto nell’area foggiana e ha permesso di sgominare un’organizzazione criminale dedita al traffico illecito di rifiuti su scala nazionale, portando all’arresto di 14 persone, fra cui imprenditori del foggiano e del napoletano. Gli inquirenti hanno pure sequestrato aziende, stabilimenti, automezzi pesanti, per un valore di 25 milioni di euro. Migliaia di tonnellate di rifiuti speciali non trattati provenienti da impianti di compostaggio e di stoccaggio, ubicati in Campania, nelle province di Salerno, Caserta e Avellino, venivano smaltiti illecitamente in Puglia, direttamente in un enorme voragine ricavata in un terreno agricolo a Ordona, nel foggiano, proprio a due passi dal sito archeologico dell’antica Herdonia. Si stima che nella mega discarica illegale di Ordona siano state interrate 500 mila tonnellate di rifiuti speciali. Negli ultimi mesi, in Capitanata, sono state individuate e sequestrate decine di discariche abusive di ampie dimensioni.
Sono invece 13.000 le tonnellate di fanghi tossici versate su terreni coltivati a frutteto e oliveto scoperte nell’hinterland brindisino. È quanto emerso dall’operazione Ulivo infangato condotta dai Carabinieri del Noe di Lecce, coordinati dalla Procura di Brindisi, nel cui mirino sono finiti imprenditori, autotrasportatori e proprietari dei terreni su cui sono stati sversati i fanghi dragati del porto di Taranto non trattati per eliminare le sostanze nocive. Anche nel Salento non mancano le inchieste da parte della Procura di Lecce sui rifiuti tossici interrati.
C’è poi la dimensione transnazionale della Puglia, cerniera tra l’Europa, i Balcani e il Medio Oriente, che l’ha trasformata in una base logistica per traffici transfrontalieri di rifiuti. Soprattutto quelli diretti verso il sud est Europa e l’Estremo Oriente. Si tratta di rifiuti costituiti principalmente da cascami di gomma e pneumatici fuori uso, materiale tessile, materiale plastico di scarto, carta da macero, rottami ferrosi e rifiuti elettrici ed elettronici. Solo nel porto di Bari, nel 2013, l’Agenzia delle dogane, insieme alle Forze dell’Ordine, ha sequestrato 180 tonnellate di scarti diretti illegalmente oltre confine.
«Oltre ai traffici organizzati, la Puglia si conferma anche una delle regioni più martoriate dalle discariche illegali - continua Tarantini - Dalle piccole discariche di eternit, laterizi e pneumatici fuori usi alle grandi superfici in cui è stata seppellita e accatastata l’immondizia per decenni. In questi ultimi mesi sono diversi i tombamenti di rifiuti scoperti dalle Forze dell’Ordine, ultimo quello in località Grottelline a Spinazzola. Per fortuna, unico caso in Italia, a mettere i sigilli a queste bombe ecologiche e a monitorare costantemente la situazione è un gruppo interforze costituito dai carabinieri del Noe, dal Corpo Forestale dello Stato e dalla Guardia di Finanza, che sta facendo rete nella lotta all’illegalità ambientale e che si avvale anche delle competenze scientifiche di Cnr e Arpa Puglia. Questo grazie al protocollo d’intesa che la Regione Puglia ha prorogato per l’ottavo anno consecutivo. Dal 2007 ad oggi sono state ben 2.620 le aree sequestrate dall’interforza per smaltimenti illegali di ogni genere. Una risposta corale, dunque, per fronteggiare una aggressione ambientale particolarmente incisiva in questa regione».
Nella classifica dell’illegalità nel ciclo del cemento, la Puglia rimane stabilmente al secondo posto della classifica con 603 infrazioni accertate (quasi l’11% del totale nazionale), 880 persone denunciate e 318 sequestri effettuati. È l’unica regione, insieme alla Calabria, in cui sono stati effettuati degli arresti: sono state infatti 14 le persone raggiunte da ordine di custodia cautelare. Quattro province su sei, Bari, Foggia, Lecce e Taranto, si sono piazzate tra i primi 14 posti della graduatoria provinciale del mattone fuorilegge. La piaga del cemento fuorilegge devasta le località più rinomate dal Salento al Gargano. Proprio qui resiste la vergogna del villaggio abusivo di Torre Mileto, che Legambiente annovera nella classifica nazionale degli ecomostri da abbattere in corsia preferenziale. L’abusivismo edilizio “on the beach” dilaga in Salento dove, con l’apertura della stagione estiva, ogni anno arrivano puntuali i sigilli a nuove e vecchie strutture abusive a pochi chilometri dalla battigia. Il lavoro delle forze dell’ordine e delle capitanerie di porto si è particolarmente concentrato sul fenomeno delle strutture turistiche a carattere stagionale realizzate su aree demaniali, senza permessi o con autorizzazioni scadute. Con l’operazione Coast to Coast il Noe di Lecce ha sequestrato ben cinque vaste aree demaniali in concessione, interi complessi edilizi, stabilimenti balneari e locali da ballo. Nel leccese, tuttavia, grazie al lavoro della Procura della Repubblica, si concentra la maggiore attività repressiva contro l’abusivismo che si traduce in alcune decine di demolizioni edilizie ogni anno. Le ruspe quest’anno sono arrivate anche nel brindisino, a Ostuni. Lo scorso 12 aprile, infatti, è stata restituita alla sua originaria bellezza la scogliera di Villanova di Ostuni, dove da oltre trent’anni sorgeva un ecomostro mai completato a picco sul mare che secondo le intenzioni dei proprietari sarebbe dovuto diventare un hotel, ma dopo 15 anni di contenzioso è stato ritenuto del tutto abusivo ed abbattuto. In provincia di Taranto, a Palagiano, in un’area a vincolo paesaggistico, continua a sopravvive un complesso turistico noto come Pino di Lenne, dal nome della località alla foce del fiume Lenne, dichiarato abusivo con sentenza definitiva già nel lontano 1989. Un’altra vicenda degna di nota è quella porto di Molfetta. Oltre sessanta le persone indagate a vario titolo, nell’ambito dell’Operazione D’Artagnan, coordinata dalla procura di Trani, che lo scorso ottobre 2013 ha portato la Guardia di Finanza di Bari e il Corpo Forestale dello Stato a due arresti e al sequestro dell’area destinata al nuovo porto commerciale di Molfetta.
«I dati delle forze dell’ordine - continua Tarantini - confermano come sono ancora troppi i manufatti abusivi che deturpano la Puglia, seconda nella classifica dell’illegalità nel ciclo del cemento. Purtroppo le ordinanze di demolizione che vengono eseguite sono solo il 5%. Il miglior deterrente al nuovo abusivismo rimane l’abbattimento degli immobili fuorilegge, quindi il ripristino della legalità».
In questi anni, Legambiente, nelle pagine del rapporto Ecomafia, ha sempre raccontato e continuerà a raccontare le storie di corruzione, le truffe, le infiltrazioni dei clan che hanno pesantemente contaminato il mondo delle energie rinnovabili. Un settore strategico della green economy, fondamentale al nostro paese per affrancarsi dalle fonti fossili e per fronteggiare la crisi investendo su innovazione e tecnologie pulite. Si chiama Black out l’operazione coordinata dalla procura di Brindisi che, nel settembre del 2013, ha portato all’arresto di dodici persone e al sequestro di 27 impianti fotovoltaici per un valore di oltre 150 milioni di euro. Trentasette megawatt spalmati su 120 ettari di terreni tra i comuni di Brindisi, Francavilla Fontana, Torre Santa Susanna e Cellino San Marco. L’attività investigativa, nata da una serie di accertamenti e sequestri dei carabinieri del Noe di Lecce e della Guardia di Finanza ha permesso di portare alla luce un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati di indebita percezione di erogazioni in danno dello Stato, abuso edilizio, anche in zone sottoposte a particolari vincoli paesaggistici, lottizzazione abusiva, falso e abuso di ufficio. Nel contesto di altre attività di polizia giudiziaria poste in essere nel medesimo settore, il Noe di Lecce ha sequestrato, nell’anno 2013 nelle province di Brindisi e Lecce ulteriori 18 impianti fotovoltaici irregolari.
Per quanto riguarda il racket degli animali (corse clandestine di cavalli, combattimenti tra cani, traffico di animali da compagnia, commercio di specie protette, macellazione clandestina, bracconaggio e pesca di frodo) la Puglia scende al terzo posto (l’anno scorso era al secondo) con 953 infrazioni accertate, 899 persone denunciate, 50 arrestate e 321 sequestri effettuati. Tra le prime dieci province italiane per infrazioni contro la fauna troviamo Foggia con 288 infrazioni accertate (al 7° posto) e Bari con 249 infrazioni accertate (al 9° posto). In Puglia continuano a tenere banco fenomeni criminali come le corse clandestine di cavalli, più radicate nel Sud Italia. Nel mese di luglio 2013 tre persone sono state denunciate e dieci cavalli sequestrati. È l’esito dell’operazione della Polizia e della Guardia di Finanza di Lucera finalizzata al contrasto delle corse clandestine di cavalli e dei maltrattamenti di animali. Nelle campagne di Lucera gli investigatori hanno trovato tre aree dove erano stati realizzati dei manufatti adibiti a ricovero di equini e hanno sequestrato medicinali usati per incrementare le prestazioni fisiche e muscolari dei cavalli nel corso delle competizioni.
Sul fronte dell’archeomafia, l’aggressione criminale al patrimonio artistico e archeologico, la Puglia, una delle regioni più ricche di reperti archeologici ma anche di tombaroli attivi, sale al settimo posto con 36 furti di opere d’arte. A luglio scorso i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Bari hanno eseguito 21 decreti di perquisizione emessi dalla procura della Repubblica di Foggia nei confronti di persone ritenute responsabili dei reati di ricettazione, ricerche archeologiche non autorizzate e impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo stato. L’attività di indagine riguardava il trafugamento di importanti reperti archeologici, testimonianze degli antichi insediamenti del IV-V secolo a.C. in Puglia e soprattutto della area foggiana, culla della cultura dauna.
«Occorre un salto di civiltà - conclude Tarantini - Non si può lasciare il nostro paese con una legislazione penale a tutela dell’ambiente del tutto inadeguata, a carattere sostanzialmente contravvenzionale. E per questo lanciamo un appello ai senatori pugliesi di tutte le forze politiche ad impegnarsi affinchè il Senato approvi in tempi rapidi il disegno di legge sui reati ambientali già discusso e approvato alla Camera. Senza l’approvazione della legge che inserisce i reati ambientali nel codice penale, che seppure troppo limitata e imperfetta rappresenterebbe un chiaro indirizzo e magari anche un punto di non ritorno nella lotta alle ecomafie, sarà difficile istituire inchieste e colpire gli ecocriminali che nonostante i danni pesantissimi inferti alla comunità e all’ambiente continueranno a farla franca».