Orto diffuso, l'esperienza di Mariella Bussolati
Intervista a Mariella Bussolati, pioniera in Italia della pratica dei giardini e orti condivisi, nel 2009 ha dato vita a Orto diffuso, un progetto di mappatura degli orti sui balconi e dei community garden, un nuovo modo di coltivare gli ortaggi, e di gestire gli spazi comuni.
13 July, 2014
di Aglaia Zannetti
L’Orto diffuso è un sistema di produzione di piante da orto (e non solo) che dai balconi in città, e dalle coltivazioni dei singoli individui e famiglie, si spinge “più in là”, sino alla campagna, divenendo vera e propria “rete sociale” e di condivisione di saperi, un network virtuale e fisico che ripensa la città come spazio collettivo che può ritrovare una seconda vita, sottratta al degrado e alla speculazione per ridivenire patrimonio e progetto di condivisione comune.
Abbiamo intervistato Mariella Bussolati, che di orti diffusi e giardini condivisi è un’esperta: Agraria, ha lavorato come giornalista scientifica e documentarista per 20 anni, nel 2009 ha aperto il blog Ortodiffuso. Ha girato in Europa e Stati uniti, entrando in contatto con un centinaio di Community Garden. È autrice di due libri, L' orto diffuso. Dai balconi ai giardini comunitari, come cambiare la città coltivandola (2012) e Come fare …l’orto in città (2014), un manuale pratico.
Scrive, progetta e … si “sporca le mani”, mettendole nella terra.
Aglaia Zannetti: Che tipo di approccio ha Milano nella creazione dei Community Garden? Qual è, secondo te, lo “spirito milanese” ?
Mariella Bussolati: I Community Garden sono paragonabili a un centro sociale, si fanno mille attività diverse…la coltivazione, in fondo, è solo una scusa…i cittadini utilizzano uno spazio comunale in quanto bene comune, la collettività, quindi, se ne prende cura per riattivarli allo scopo che l’intero quartiere si ritrovi non solo a coltivare ma anche a vedere quel concerto particolare, quell’iniziativa teatrale, quel laboratorio …con il vantaggio, poi, che si tratta di proposte e attività gratuite o a pagamento ma finalizzato a finanziare le attività del Giardino.
A.Z. Quali sono i vantaggi immediati, più visibili dell’avere “sotto casa” un Giardino condiviso?
M.B. Ti faccio un esempio: a Parigi tre giardini sono sorti in quartieri drammatici, dove spaccio e prostituzione erano di casa: dopo la nascita dei Giardini c’è stato un cambiamento incredibile, il prezzo delle case è risalito e il quartiere ha cambiato fisionomia. A New York i community sono così importanti che è il Comune che si impegna a trovare nuovi cittadini che aderiscano al progetto, persone che vengono pagate per fare da consulente. Discorso analogo per Londra. Anche da noi i Giardini sorgono tendenzialmente in aree disagiate e contribuiscono in larghissima parte alla riqualificazione dell’intero quartiere che li ospita, ma la realtà degli orti urbani si sta allargando, e non da oggi : recentemente due Social Street hanno occupato due aiuole in zona Porta Venezia (Piazza 8 novembre) e in Piazza Rimembranze di Lambrate, uno dei tanti segnali di “esasperazione” di quartieri che disagiati non sono ma che chiedono semplicemente di potersi riappropriare di spazi verdi comuni da coltivare.
A Milano il problema è la burocrazia: il Comune deve cogliere , più di quanto non abbia fatto sinora, l’immenso potenziale dei Community Garden e investire di conseguenza, sburocratizzando …. Noi abbiamo bisogno, più che di esperti pagati, di personale tecnico comunale preparato e informato.
A.Z. Quali sono le differenze, se ci sono, tra le realtà milanesi e quelle che hai visitato e conosciuto all’estero?
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M.B. Senza dubbio, il clima ! Quello che si coltiva da noi non si coltiva a Berlino… ma il bello è che ovunque ci sono orti occupati con accordi comunali come a Milano, sono i cittadini che chiedono l’autorizzazione al Comune per coltivare i terreni di proprietà comunale. I community Garden sorgono spontaneamente, rispondono ad un’esigenza di aggregazione e sono in continua evoluzione, perciò non si fanno progetti, ma si condivide il lavoro in una situazione “mobile”: la presenza di un “esperto”, ad esempio, non è mai determinante poiché il concetto di Community Garden è che tutti sono allo stesso livello …. E in ogni caso gli esperti, se ci sono, non si pongono come tali.
A.Z. Quali le criticità nostrane da affrontare?
M.B. Quasi due anni fa il Comune di Milano ha varato una convenzione che permette ai cittadini di gestire il verde “dal basso” (qui la guida del Comune che spiega tutti i passaggi necessari per ottenere uno spazio, ndr ) ma se il Comune fa la delibera, bisogna tener conto che sono poi i Consigli di Zona a metterla in pratica e non sempre sono tutti “solerti”; spesso è il cittadino che deve fare pressione affinché i CDZ si attivino, un esempio su tutti è quello del Giardino Isola Pepe Verde che da tre anni chiedeva (invano) la delibera: l’ok dal Consiglio di Zona è arrivato (per un anno) ma solo dopo che lo spazio è stato occupato!
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A.Z. Che ruolo gioca internet nella comunicazione tra i vari Giardini?
M.B. La rete è importante, fondamentale, affinché i Giardini tutti possano restare in contatto tra di loro, Ortodiffuso ha dato vita a una rete, Libere rape metropolitane- Orto Circuito che ci mette tutti in contatto non solo per creare una collaborazione tra chi si dedica agli orti urbani, ma anche per conferire un marchio di riconoscibilità ai Giardini, soprattutto di fronte all’amministrazione comunale.