Ilva, Ronchi lascia: "Perché non toccano i soldi dei Riva?"
Il subcommissario all'impianto: "Investimento insufficiente. Il governo ha deciso di non cambiare passo" - da La Repubblica dell' 11.07.2014
12 July, 2014
Il sub commissario del governo per il risanamento ambientale dello stabilimento Ilva di Taranto Edo Ronchi abbandona la trincea Ilva, poche ore dopo l'approvazione del decreto da parte del Consiglio dei ministri.
Perché ha preso questa decisione, Ronchi?
"Per dirla col premier Renzi, sul caso Ilva bisognerebbe cambiare passo. Mi sembra invece che si sia deciso di non farlo, quindi considero la mia esperienza conclusa. Lascio con stato d'animo sereno, per una evidente divergenza. Col decreto di ieri il governo non ha intrapreso i passi giusti per continuare sulla strada avviata".
Qual è il punto fondamentale della divergenza?
"Il punto è questo: c'è un grande problema ambientale ed i principi dell'ordinamento dicono: 'Chi inquina paga'. Eppure il governo decide di non usare i soldi della famiglia Riva, neanche quelli sequestrati dalla magistratura milanese, e evita così di applicare questo principio fondamentale".
Secondo lei, quindi, è mancato un impegno dello Stato per l'ambiente?
"Quando c'è inquinamento ed il privato non interviene, l'ordinamento impone allo Stato di risanare il danno ambientale e poi avviare un'azione di rivalsa contro chi l'ha provocato. Dal momento che il governo nel 2012 ha dichiarato l'Ilva un sito di interesse strategico nazionale, è giusto che ci sia un intervento pubblico, perché per salvare i posti di lavoro è necessario assicurare il risanamento ambientale. Se il privato non mette le risorse, 1,8 miliardi non si finanziano con gli utili d'impresa. Lo Stato, se veramente vuol fare il risanamento, deve almeno garantire un mutuo trentennale; ma mi sembra che su questo punto non ci sia stata convergenza con l'indirizzo che ha prevalso nel Consiglio dei ministri".
A giugno, tracciando il bilancio di un anno di lavoro come sub commissario, lei aveva indicato al governo la sua soluzione: un incarico con maggiori poteri d'intervento e sbloccare risorse pari a 800 milioni di euro. Cosa è successo dopo?
"Il sub commissario è un consulente tecnico col compito di istruire più di 400 misure, verificando le norme e indicando tempi di attuazione. Con la pubblicazione del piano ambientale siamo passati ad una fase diversa, in cui i tempi di attuazione diventano scanditi e bisogna seguire centinaia di interventi. L'Ilva non è una fabbrica, è una città. Neanche Superman riuscirebbe a gestire quel complesso industriale e la fase attuativa del piano ambientale insieme. Secondo me serve un commissario ambientale. Quando il ministro dell'Ambiente Galletti mi ha proposto di continuare come sub commissario gli ho detto subito di no, un no inevitabile senza le garanzie di un quadro finanziario consistente e di maggiori poteri. Le condizioni non sono cambiate, quindi non posso che restare coerente con la mia decisione".
Secondo lei quale futuro si prospetta per l'Ilva?
"Se non si copre il buco ambientale sarà difficile anche trovare nuovi azionisti. Qui si parla di un pezzo di economia nazionale. Dovrebbe intervenire lo Stato, magari con la cassa Depositi e prestiti, e non andrebbe lasciata la siderurgia nazionale in mano al mercato internazionale. Credo che difficilmente qualunque attore si affacci vorrà accollarsi il debito del risanamento. Nel decreto, poi, c'è un rinvio al luglio 2015, una proroga decisamente estesa, immagino causata dalla crisi finanziaria. A me dispiace non poter continuare sulla strada tracciata, perché
nell'anno in cui ho lavorato come sub commissario ci siamo impegnati, anche insieme ad un gruppo di interni all'azienda. Avevamo avviato un lavoro a largo raggio. Non abbiamo certo risolto i problemi ambientali, ma avevamo aperto tanti cantieri ed ottenuto qualche buon risultato".