Rifiuti e Servizi Pubblici Locali. Giovanni Campobasso: “Puglia ha precorso i tempi”
Molti comuni in Italia hanno intrapreso dei percorsi associativi per gestire il servizio di raccolta differenziata porta a porta a livello di ambito. In Puglia una legge dal 2012 ha vincolato i comuni a unirsi tra loro in 38 Ambiti di Raccolta Ottimali. A che punto sono i lavori degli Aro? Il punto di Giovanni Campobasso, dirigente del settore Ciclo dei rifiuti della Regione Puglia
17 September, 2014
Da quanto emerso dal dibattito della mattina, ‘L’approvazione del Piano Economico Finanziario del Ciclo dei rifiuti”, la Puglia con la legge 24 nel 2012 che organizza e disciplina i 38 ambiti di raccolta ottimali, si trova oggi molto più avanti rispetto alle altre regione italiane. Secondo le ultime disposizioni normative nazionale in tema di gestione e ciclo dei rifiuti, i comuni devono obbligatoriamente associarsi per ridurre i costi. E’ così?
«Siamo stati antesignani in questa direzione. Questo ci aiuta per quanto riguarda le gare di appalto (per affidare il servizio di gestione della raccolta e dell’igiene urbana) relative per il servizio di raccolta e spazzamento, ma per quanto riguarda le forniture di beni e attrezzature per la raccolta differenziata i comuni hanno una doppia opzione: possono contare sugli uffici dei comuni associati, ma possono anche avvalersi del sistema Empulia, cioè del sistema che la Regione sta organizzando in favore di tutti i 258 comuni. C’è stato quel periodo (D.L. 66 del 2014) in cui c’era il vincolo obbligatorio (di bandire le gare di appalto in forma associata da parte di soggetti aggregatori e non dai singoli comuni) e pertanto per alcune situazioni, i comuni sono rimasti bloccati nell’espletamento di procedure d’appalto. Adesso questo vincolo in realtà è stato posticipato al 2015 e quindi i comuni possono anche bandire delle gare come comuni singoli, in attesa che venga meglio disciplinato da parte del Governo nazionale il percorso dei soggetti aggregatori, fermo restando le disposizioni normative regionali in tema di servizi pubblici locali. Ma questa è una strada ineluttabile oramai per l’Italia. Da questo punto di vista la regione Puglia può stare tranquilla, alla luce del percorso intrapreso con la legge regionale 24 del 2012, che organizza i modelli gestionali in tema di servizi di raccolta in ambiti di raccolta ottimale (ARO), già dotate dei rispettivi uffici tecnico amministrativi».
Questo orientamento arriva dallo Stato Italiano. Ma perché c'è una proroga? Per quale motivo?
«Non so cosa sia successo, evidentemente in sede parlamentare hanno voluto dare più tempo ai comuni per organizzarsi, e i termini sono stati modificati. Questo decreto all'inizio prevedeva l’obbligo di fare le gare attraverso i "soggetti aggregatori", poi questa norma è stato modificata. La regione Puglia comunque questo aspetto l’aveva superato. Per questo dico che la legge regionale 24 del 2012 è stata antesignana».
Al di là di questo aspetto giuridico, perché in Italia si formano forme associative di comuni? Perché le società "in house" si stanno unendo tra loro?
«La Puglia sta lavorando perché il sistema imprenditoriale locale evolva verso forme organizzative più di stampo europeo. Questo fatto di avere la gestione di servizio su base comunale, non ha più ragion d’essere. Oramai il tema penso anche a quello della riduzione, del recupero o del riuso sono temi che hanno un respiro anche di stampo regionale, perché le diversità devono comunque trovare delle risposte omogenee in materia di rifiuti. Gli incontri di questa settimana hanno un filo conduttore che porteranno alle conclusioni di venerdì, focus tematico dei sistemi imprenditoriali di gestione. Metteremo a confronto il sistema privatistico (Confindustria) con il sistema pubblicistico (società in house) che spero produca delle nuove riflessioni».
Mi pare comunque in Puglia dal punto di vista delle fusioni di parte pubblica c’è un certo fermento.
«C’è un certo movimento. Pensiamo a Bari e Foggia che hanno formato (Amiu Puglia) e questa società adesso sta dialogando con altre realtà. I grandi comuni del nord barese (Bitonto, Molfetta, Corato, Ruvo e Terlizzi) stanno tentando di costruire una situazione associativa. La regione si è data un obiettivo: che un terzo o un quarto della popolazione sia gestito dal servizio pubblico, proprio perché la competizione pubblico-privato sia sana. Speriamo di riuscirci».
Come si stanno comportando gli Aro in Puglia? Sono un po’ fermi?
Tra un commissariamento e l’altro qualcosa lo stanno facendo. Certo il tema è complesso e difficile. Penso che nel giro di un anno avremo un modello gestionale al 90% in esercizio.
Servono però gli impianti di compostaggio. A che punto siamo?
«Credo che sia una battaglia di civiltà utile per l’ambiente, ma non in termini astratti. Noi abbiamo bisogno di fertilizzanti per dare energia a un terreno esausto destinato alla desertificazione, quindi di un concime organico quale sistema migliore per rinaturalizzare la terra. Parliamo di rifiuto organico, quindi sicuramente non inquinante, e che ha bisogno di ottimi filtri per evitare odori sgradevoli. L’unico cruccio, secondo me, è questo. Nonostante il favore della popolazione verso gli impianti di compostaggio, nonostante qualche comunità purtroppo sia sobillata anche da chi va vuole che rimanga lo status quo (ossia che rimanga l’uso della discarica), bisognerebbe snellire le procedure burocratiche. Purtroppo il Codice dell’ambiente, mette sullo stesso piano l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto di recupero con quello di un impianto di smaltimento. E’ questa è una grande contraddizione che va risolta. Lo Stato non può volere il perseguimento degli obiettivi di raccolta differenziata, però agganciare le Regioni ad un articolo di legge che da la stessa procedura autorizzativa. Ho chiesto a Legambiente e alle associazioni di sciogliere questo equivoco».