Napoli, "rivolta dei residenti, allontanati i rom che vendono rifiuti”. Si tratta proprio di questo?
La Repubblica di Napoli scrive che alcuni abitanti di Porta Capuana hanno "cacciatao i nomadi che organizzano fin dall’alba il mercatino dei rifiuti tirati fuori dai cassonetti e rivenduti in strada. Uno scempio per chi vive o lavora lì e vede i marciapiedi trasformati in discariche”. Abbiamo chiesto ad Antonio Castagna un'opinione sulla faccenda
16 November, 2014
Colpisce un articolo de La Repubblica pubblicato la mattina di lunedì 17 novembre nell'edizione napoletana del giornale e intitolato: “Porta Capuana, rivolta dei residenti allontanati i rom che vendono rifiuti”. Nel pezzo, firmato da Antonio di Costanzo, si fa riferimento all'episodio avvenuto domenica nel capoluogo campano, che ha visto alcuni cittadini organizzare una “manifestazione di protesta” contro i rom. Come si legge nell'articolo “l’obiettivo degli abitanti di via Carriera Grande, via Alessandro Poerio e piazza Principe Umberto, nella zona di Porta Capuana, era preciso: cacciare via i nomadi che organizzano fin dall’alba il mercatino dei rifiuti. Capi di abbigliamento, scarpe e altro tirato fuori dai cassonetti della spazzatura e rivenduti in strada soprattutto a immigrati dell’est. Uno scempio per chi vive o lavora lì e vede i marciapiedi trasformati in discariche”.
Abbiamo chiesto un'opinione sulla faccenda ad Antonio Castagna, scrittore, documentarista, sostenitore della condivisione di beni e saperi ed esperto di rifiuti. Ecco cosa ci ha detto:
“L'articolo di Repubblica trascura di utilizzare lo spunto di cronaca per contribuire ad approfondire diversamente la questione. Il fatto è che i Rom non vendono munnezza, ma oggetti ritrovati nei o accanto ai cassonetti che hanno ancora valore di mercato. Formalmente questa pratica è un furto, perché tutto quanto viene abbandonato è rifiuto e appartiene al Comune nel quale sono ubicati i cassonetti.Se guardiamo il fenomeno da un'altra angolazione l'aspetto rilevante è un altro e cioè che nei nostri cassonetti ci finisce molta merce di valore.
Anni fa il centro studi Occhio del Riciclone rilevò come a Roma, ogni anno, i Rom trovassero circa dieci milioni di pezzi. E che altri ventidue milioni finissero in discarica perché nessuno li trovava in tempo. Sono milioni di euro, è lavoro per circa 500 imprese informali, è riduzione effettiva e misurabile nella produzione di rifiuti. Se osserviamo il fenomeno da questo punto di vista la lettura diventa più complessa. Avevano provato a regolamentare questo tipo di mercatini, azione che dà visibilità alle amministrazioni e riduce i pericoli di generare sporcizia e confusione. Poi la giunta Alemanno li aveva proibiti. In questo momento non so quale sia la situazione precisamente.
Anche a Torino si è cercato di regolamentare il fenomeno. Al mercato del Balon, ad esempio, un settore è dedicato a questo genere di commercianti, che poi se andiamo a guardare con attenzione, sono il primo gradino di filiere anche molto complesse. Insieme a Federico Botta, un fotografo torinese molto bravo, avevamo fatto un reportage sul lavoro dei Rom, che poi era stato pubblicato da Scritturapura nel volume "Il futuro del mondo passa da qui".
A me sorprende che di integrazione si parli così tanto soprattutto quando ci sono problemi e che puntualmente emergano tutte quelle voci che dicono che i Rom non si vogliono integrare. Poi i realtà si fa fatica a favorire quei fenomeni spontanei che alle amministrazioni non richiedono nemmeno grandi sforzi organizzativi e investimenti. E mi sorprende che lo stesso giornale possa parlare con preoccupazione dell'eccessiva produzione di rifiuti e poi trascurare di valorizzare tutti quei fenomeni, più o meno spontanei, capaci di dare un contributo effettivo a rimettere in circolazione i beni”.